sabato 23 gennaio 2021

Serie A2. La scalata di Monaldi riprende da Napoli

Nella GeVi è guidato da Sacripanti, il Ct con cui ha vinto l’oro europeo con l’U20 sette anni fa

La scalata di Monaldi riprende da Napoli

“Questa è una città che merita tanto, e per me è un’emozione essere il capitano di una squadra che ha molte potenzialità”, ma non parla di promozione per scaramanzia


di Giovanni Bocciero*


Una carriera giovanile vissuta da stella nascente, con tanti premi individuali messi sulle mensole e da mostrare con orgoglio. Da grande, ovunque ha giocato ha lasciato il segno, non solo con giocate come quella Chieti che regalò la salvezza in A2 ma anche e soprattutto con i gesti da bravo ragazzo. Oggi Diego Monaldi è un giocatore cardine della GeVi Napoli pronta ad assalire il campionato di A2. E lui come sempre non si sta facendo trovare impreparato.

Ma avvolgiamo il nastro, a quando Diego aveva circa dieci anni e come un po’ tutti i ragazzini sognava di diventare famoso dando i calci ad un pallone. «Prima ero effettivamente un calciatore - ha esordito -. Ho giocato due anni a calcio ma poi ho smesso. Allora mio padre, che ha giocato a pallacanestro nelle minors e poi è rimasto nell’ambiente come dirigente della Virtus Aprilia, mi ha suggerito di provare a fare basket anche perché si trattava di uno sport sempre con la palla. Lì è sbocciato l’amore. Ho mosso i primi passi cestistici nella squadra della mia città ed oggi posso dire di praticare questo sport grazie a mio padre».

Diego Monaldi vuole riconquistare la serie A
riportando Napoli tra le grandi
Da Aprilia al gotha del basket giovanile il passo è davvero breve. E c'è sempre di mezzo lo zampino del papà che lo ha accompagnato ad un provino per la Virtus Roma fingendo che fosse una partita di beneficenza. «Sono arrivato a Roma che avevo dodici anni, ed ho giocato lì per due stagioni. Poi è arrivata la chiamata della Montepaschi Siena che ha dato il via a tutto il mio percorso da giocatore vero». Ha partecipato da protagonista, e il più delle volte con annate superiori, a tante finali nazionali vincendo lo scudetto U15 e U17. Ha fatto anche incetta di premi individuali perché quando era più giovane giocava soprattutto da guardia, ed in attacco era a dir poco stellare. Sono infatti diverse le prestazioni importanti che ne hanno accompagnato la crescita, come i 37 punti al prestigioso Trofeo Zanatta. «Quando ero più piccolo ero un realizzatore, e per questo giocavo molto di più guardia rispetto che playmaker. Tale scelta era dettata anche dal fatto che quando ero ancora un under - ha spiegato il ragazzo - fisicamente ero più predisposto a fare la guardia. Poi crescendo ho dovuto un attimo riassestare il ruolo e pian piano ho iniziato il percorso principale nel playmaking. Senza togliere che posso ancora giocare da guardia all’occorrenza».

Il presente di Diego Monaldi si chiama Napoli. Una città nella quale è arrivato due estati fa rinunciando addirittura alla serie A, convinto di sposare un progetto ambizioso. Una città nella quale si è subito ambientato, capendola sino nel profondo perché «questo è un popolo che va vissuto, e finché non si vivono determinate situazioni o luoghi non ci si rende conto. Napoli merita tanto - ha raccontato il play - e le persone che la abitano meritano altrettanto. Sarò forse ripetitivo, ma a Napoli sin dall’anno scorso mi sono trovato molto bene. E intendo sia con i napoletani che con il club. C’è una sorta di sintonia particolare e tra l’altro sono davvero emozionato ed entusiasta di poter rappresentare da capitano questa squadra e la città. Con Napoli è nata anche una certa responsabilità, che se vogliamo possiamo definirla una vera missione. Mi auguro, ed è il mio sogno nel cassetto, di riuscire a riportarla nella categoria che merita».

Il campo sta confermando tutto ciò che si diceva di buono sulla squadra sin dall’estate, ma la strada è ancora molto lunga. «Siamo una squadra che può ancora crescere, e lo può fare davvero tanto. In primis perché il roster è nuovo e dobbiamo ancora amalgamarci. E poi perché proprio il valore e le caratteristiche dei singoli fanno pensare che possiamo migliorare tanto. Comunque più giochiamo e più ci conosciamo, e questa cosa potrà aiutarci tanto nell’arco della stagione».

Il play ha già rubato il cuore ai tifosi
napoletani: tutta questione di nome.
Diego sotto il Vesuvio è garanzia d’amore
Nonostante qualche difficoltà avuta in Supercoppa, da quando ha avuto inizio il campionato il ruolino di marcia della formazione azzurra è positivo. Non solo in termini di risultati ma anche di prestazioni. «Abbiamo giocato delle ottime prestazioni, rispettando i pronostici e giocando in maniera solida contro avversarie comunque non facili. Ma il campionato è ancora molto lungo - ha rammentato Monaldi - e dobbiamo continuare su questa strada, pensando gara dopo gara. Se dovessimo riuscire a fare questo, magari più avanti possiamo toglierci delle belle soddisfazioni». Il riferimento è chiaro alla promozione, ma evidentemente il play si è così calato nell’ambiente partenopeo che ha fatto propria anche la scaramanzia.

In precampionato coach Pino Sacripanti lo ha spesso utilizzato in coppia con Josh Mayo, fermo ai box nelle prime partite ufficiali. Non una novità per il ragazzo di Aprilia che nella sua carriera ha spesso condiviso il backcourt con l’americano di turno. Un’opzione tattica che può esaltare le caratteristiche di entrambi gli atleti e della quale Napoli può solo beneficiare. «Josh è una pedina molto importante per noi. Di sicuro poterci mettere in campo insieme è una fortuna ed anche una possibilità sia per noi che per il coach. Anche lui ha caratteristiche realizzative e il giocare insieme dipende molto da come si imposta il gioco. Quando siamo in campo non ci mettiamo d’accordo - ha rivelato Monaldi -, nel senso che chi è più vicino alla palla se la va a prendere mentre l’altro apre il campo giocando da guardia. Con il fatto che entrambi possiamo dividerci tra play e guardia penso che sia proprio un’ottima combinazione. Questo ci permette di giocare molto bene insieme e può essere un’arma in più che il coach può usare all’interno del suo sistema di gioco».

Il play è uno dei giocatori più apprezzati dalla tifoseria, e lui non nasconde di ricambiare tutto questo affetto. «Mi è spesso capitato di essere riconosciuto per strada così come mi è capitato di vedere i ragazzi che vanno a giocare nei campetti indossando la mia maglietta o comunque la canotta del club. Queste cose le ho vissute da bambino perché anch’io facevo le stesse cose, ma rivederle adesso che sono un giocatore mi riempie il cuore. Napoli è una città che a mio avviso può dare tanto. Già lo ha fatto in passato soprattutto a livello calcistico, ma anche per quanto riguarda la pallacanestro ha una tradizione molto importante. Quindi, con tutto il cuore - ha detto Monaldi - darò il massimo per cercare di portare Napoli in serie A».

Nelle scorse settimane la città ha vissuto il lutto di Diego Armando Maradona, che ha trascinato Napoli alle più belle vittorie sportive facendola riscattare anche dal punto di vista sociale. «Maradona è una leggenda mondiale, e senza mezzi termini è il calcio - ha commentato il capitano della GeVi -. A mio modesto avviso quando si parla di calcio il suo nome ci sarà sempre. Riguardo alla sua scomparsa, e come ha reagito la città, penso che descriva perfettamente il calore che Napoli può dare. Si è visto l’attaccamento che i napoletani hanno nei suoi confronti, non solo per il giocatore ma anche per la persona che è stata. Io ero piccolo e non ho vissuto realmente su pelle tutte le emozioni che è riuscito a regalare, ma purtroppo con la sua scomparsa Napoli ha tirato fuori tutto quello che lui ha dato quando era qui. E credo che tutto ciò sia stato veramente molto emozionante, e a me ha toccato davvero nel profondo».

A 27 anni cerca il salto di qualità
sotto la guida di coach Sacripanti
Da un azzurro all’altro, Diego Monaldi ha fatto tutta la trafila delle nazionali giovanili dall’U16 alla Sperimentale, e proprio con il suo attuale allenatore ha vinto la medaglia d’oro agli Europei U20 del 2013. «Con coach Sacripanti credo di aver vissuto un’esperienza fantastica ed unica, perché la vincita di quell’oro è stata un’emozione indimenticabile. Prima dello scorso anno l’ho avuto solo in quell’avventura azzurra. Ovviamente con lui mi trovo bene. Da lui ho imparato tante cose e mi auguro di poterne imparare sempre di più. C’è un rapporto di fiducia che penso all’interno di una squadra e di un club sia fondamentale». In nazionale maggiore si sta assistendo ad un cambio generazionale, e forse ciò è ancor più evidente in cabina di regia. Per questo Diego strizza l’occhio al Ct Meo Sacchetti e non si pone limiti. «Per quanto riguarda la nazionale mi auguro che magari un giorno possa avere l’opportunità di essere convocato. Sicuramente ci spero, e lavoro comunque ogni giorno per centrare anche questo obiettivo. Lo auguro a me stesso e farò di tutto per poter raggiungere anche questo traguardo».

Fuori dal campo Diego si definisce una persona abbastanza tranquilla, a cui piace «ascoltare musica, leggere libri e ogni tanto giocare alle solite console che si possono ben immaginare. Mi piace anche approfondire l’ambito economico, nel senso che cerco di apprendere nozioni su questa tematica». Ma una volta appese le scarpette al chiodo, cosa farà? «Questa è una bella domanda, ma al momento non ho una risposta. Sto facendo diverse cose in contemporanea con la carriera da giocatore ma un’idea ben precisa non ce l’ho. Più che altro diciamo che ancora non me la sono posta e non ho neppure la voglia di stare tanto a pensarci. Non so se mi vedo come un allenatore, ma sicuramente mi piacerebbe rimanere all’interno del mondo del basket. Alla fine è la tua stessa vita, e questo sport ti lascia così tante cose che magari un giorno puoi trasmetterle a tua volta ad altri. Quindi rimanere nell’ambiente sicuro mi piacerebbe. Ho fatto anche un corso per dirigente lo scorso anno, giusto per avere un’ulteriore freccia in faretra nel momento in cui la mia carriera finirà. Così a quel punto - ha concluso Monaldi - potrò decidere con più calma e tranquillità».



* per la rivista BASKET MAGAZINE