Il playmaker di Trento viene dal Messico, come il grande Manuel
Clandestino negli Usa con la famiglia, a 15 anni è rimasto solo
trovando nel basket la forza di imporsi forgiando un carattere di ferro
di Giovanni Bocciero*
Il Messico è al primo posto tra i paesi latinoamericani e sesto a livello mondiale per emigrazione qualificata. Vale a dire che migliaia di professionisti, scienziati, artisti, imprenditori, ricercatori, giuristi lasciano la propria nazione nel tentativo di realizzarsi altrove. Una vera e propria “fuga di cervelli”. Tra coloro che hanno accolto un’eccellenza messicana vi è anche l’Aquila Trento, che questa estate ha ingaggiato il playmaker Jorge Ivan Gutiérrez. Giocatore geniale in attacco e arcigno in difesa, non si risparmia mai. Non a caso viene da un’estate in cui praticamente non si è fermato un attimo. Terminata la stagione, ha disputato la Summer League di Las Vegas trascinando i Portland Trail Blazers sino alla finale contro i Lakers, prima di unirsi alla Nazionale - di cui è un pilastro - per l’AmeriCup disputata in Argentina e chiusa al terzo posto. Uno stakanovista del parquet che ha impiegato giusto una decina di giorni per aggregarsi alla formazione trentina mentre questa era impegnata in Francia per un torneo. Un ulteriore segno distintivo del ragazzo, che ha voluto conoscere al più presto i suoi compagni di squadra per calarsi al meglio nella nuova realtà e avventura.
Buscaglia: "Era lui la nostra prima scelta. Aveva mercato in America,
è stato giusto aspettarlo. Alzerà il tasso tecnico della squadra"
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"Tutti sognano la NBA ma, chiusa quella strada Trento mi è sembrata
l'opzione migliore a questo punto della mia carriera"
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COMBINAZIONE PERFETTA. «Gutiérrez è un giocatore di grande
generosità - ha dichiarato il suo neo coach Buscaglia
-, lo si capisce subito quando ti
relazioni con lui. Si tratta di una generosità che mette anche in campo, perché
cerca di capire sempre come rendersi utile alla squadra. Il che è importante
dato che lui ricopre il ruolo di play. E lo abbiamo voluto proprio perché ha
delle affinità con il nostro contesto di squadra, basato su giocatori come Beto Gomes o Shavon Shields che sanno sacrificarsi». Il messicano è talmente
intelligente cestisticamente da saper giocare anche nello spot di guardia,
fornendo così un’alternativa tattica all’Aquila Trento. «Abbiamo intenzione di giocare anche con due play così da avere più
giocatori che sappiano trattare il pallone, e dal punto di vista tecnico -
ha analizzato il trainer trentino - superare
le difficoltà che possono manifestarsi quando magari affronteremo una pressione
difensiva a tutto campo. Quindi sarà il nostro playmaker, ma le sue
caratteristiche ci permetteranno anche di giocare con più esterni».
TACITURNO E TESTARDO. Facciamo
però un passo indietro, soprattutto sul fatto che è silente. Gutiérrez non ha
proprio vissuto un’infanzia felice e spensierata come tanti dei suoi coetanei,
e questo ha minato le sue capacità relazionali migliorate però con il passare
del tempo e la naturale crescita. Resta il fatto che i canali di comunicazione
preferiti dal messicano sono due: il basket ed il disegno. Naturalmente del
primo ne ha fatto il suo lavoro, ed è anche il messaggio più diretto che arriva
a compagni, tifosi ed avversari. Il disegno è ben altra cosa. Un hobby ma
soprattutto un canale più riservato ed intimo, privato ed aperto a pochi. «Mi piace disegnare - ha confermato il
playmaker messicano - anche se lo faccio
poco. È un modo per rilassarmi e distendere i nervi quando ne ho bisogno». Questo
suo aspetto taciturno ha però elevato la voglia di sfondare nel professionismo.
“Attenti a dirgli che sta sbagliando,
perché è testardo e farà di tutto per dimostrarvi il contrario”, le parole
scandite dal suo ex allenatore universitario Mike Montgomery che lo ha reclutato all’University of California.
Non a caso uscito dal college nel 2012, con una brevissima parentesi ai
messicani del Pioneros de Quintana Roo, sino a due stagioni fa ha sempre
militato negli Stati Uniti provando ad affermarsi ai massimi livelli. Il primo
contratto lo ha firmato in D-League con i Canton Charge, venendo inserito nel
quintetto dei rookie ed in quello difensivo. Neanche a dirlo. In quattro anni ha
racimolato 47 presenze in NBA grazie a diversi contratti non garantiti con
Brooklyn Nets, Milwaukee Bucks e Charlotte Hornets. Tra un’opportunità e
l’altra di confrontarsi con i migliori, ciò che lo ha spinto sin da quando era
giovanissimo, è tornato ben tre volte ai Charge tenendo aperta la porta per il
piano di sopra. L’estate scorsa dopo aver partecipato con il suo Messico al
Preolimpico di Torino - in cui ha affrontato anche l’Italia - ha deciso di
aprirsi ad un’esperienza europea arrivando in Turchia. Con il Trabzonspor ha
giocato 20 partite senza riuscire a lasciare un segno indelebile.
Punto di forza della Nazionale messicana terza all'AmeriCup
ha accumulato diverse esperienze nella NBA
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RAMPA DI LANCIO. L’arrivo
in Trentino coincide con la ricerca della consacrazione a livello europeo. E
forse non poteva scegliere luogo migliore visto che l’Aquila sembra un’isola
felice dove si lavora bene, senza alcuno stress. E dove negli ultimi anni sono
stati lanciati giocatori. Uno tra tutti Tony
Mitchell. «Gutiérrez appartiene ad
una categoria di giocatori già conosciuti - ha commentato coach Buscaglia - che possono essere inseriti nel mercato
europeo, cioè con una certa consistenza e riconoscibilità da parte degli
addetti ai lavori. Se dovessimo fare un paragone direi James Nunnally. Ovviamente stiamo parlando di ruoli e contesti
diversi, ma pur sempre di giocatori noti e che non vanno certamente scoperti. Speriamo
quindi che attraverso di noi possa affacciarsi ed inserirsi nel mercato europeo
d'élite». «Ho sempre voluto giocare
contro i migliori - ha dichiarato Gutiérrez - e sia la Serie A che l’EuroCup sono competizioni di alto livello che
non vedo l’ora di affrontare. Sono pronto a dare leadership ed esperienza alla
squadra. E soprattutto la difesa, mio principale punto di forza. Sono dell’idea
che se fai la differenza nella tua metà campo giochi meglio in attacco».
MESSICANI IN ITALIA. Ricordate
la statistica iniziale, con cui si è detto che il Messico è tra i principali
paesi per emigrazione qualificata? Ecco, per quanto riguarda l’Italia come
destinazione di queste eccellenze la percentuale è bassissima. Gli sportivi
messicani passati da noi si contano sulle dita di una mano. Quello che ha
inciso più di tutti è stato Manuel Raga,
che ha militato dal 1968 al 1975 in maglia Ignis Varese vincendo tre titoli
italiani e quattro Coppe Campioni. Negli stessi anni c'era Arturo Guerrero alla Sebastiani Rieti. Più fugace la permanenza di Romel Beck, ingaggiato nel 2007 sempre
da Varese per poi vestire anche le canotte di Capo d’Orlando e Reggio Emilia.
Passando al calcio, nel 2014 l’Hellas Verona acquistò il difensore Rafael Marquez, calciatore che ha fatto
la storia del Barcellona con cui ha vinto dodici titoli diversi tra campionato
e coppe. Nella nostra Serie A è arrivato che aveva già 35 anni e ormai sul
viale del tramonto, ed infatti non ha lasciato un buon ricordo tornandosene in
Messico dopo una stagione e mezza.
* per la rivista BASKET MAGAZINE
* per la rivista BASKET MAGAZINE