Game Over - Viaggio nelle domeniche vuote della città della pallacanestro
Il silenzio della Reggia
Caserta senza basket: da Romano Piccolo a Nando Gentile, da Carlo Barbagallo a Francesco Gervasio e Michele De Simone, testimonianze di un "lutto" sportivo che addolora l'intera comunità
di Giovanni Bocciero*
CASERTA.
L’esclusione della Juve Caserta dal campionato di serie A ha preso le sembianze
di un fulmine a ciel sereno. I tifosi stavano sognando per la costruzione del
roster, dopo l’ingaggio di Ryan
Arcidiacono. E invece dalla sera alla mattina si sono ritrovati senza più
una squadra per cui soffrire. La testimonianza di cosa è la Juve Caserta per un
casertano, l’ha data implicitamente coach Franco
Marcelletti. Interpellato sulla vicenda non ha rilasciato dichiarazioni
perché «il momento è triste e non c'è
nulla da dire. È una cosa che mi colpisce». La città di Caserta vive per la
seconda volta questo dramma, dopo quello del 1998. Le dinamiche sono diverse,
naturalmente, ma il sentimento non può che essere identico per chi è cresciuto
a pane e basket come Romano Piccolo.
PIl
fratello Santino fondò nel 1951 la Juve Caserta perché innamoratosi dei
canestri dei soldati americani. «Provo un
dolore terrificante perché non è possibile ciò che è successo - ha esordito
Piccolo -. Talmente che mi manca la
squadra ho sognato di fare un sei al Superenalotto, così da comprare un titolo
sportivo. E ti dico di più. Poco tempo fa - ha raccontato lo scrittore - di questa cosa ne ho parlato con Giancarlo Sarti, al quale ho detto che
la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata quella di prenderlo come gm.
Nonostante l’età». La formazione bianconera è stata esclusa per un errore,
certamente evitabile se «ci si fosse
circondati di persone competenti. La grandezza di Giovanni Maggiò fu quella di avere al fianco persone come Sarti e Boscia Tanjevic. Per questo devo fare
una critica a Raffaele Iavazzi,
perché è stato pressappochista e presuntuoso. Io mi ero offerto - ha
rivelato Piccolo - per fare da
collaboratore in maniera totalmente gratuita. Se avesse avuto un problema lo
avrei potuto consigliare. Ma questa mia richiesta non ha mai ricevuto risposta.
L’ho difeso sui media per la volontà che ha dimostrato, ma ha peccato di
presunzione. Ancora non mi capacito, ad esempio, di come Gino Guastaferro non fosse a conoscenza della parte amministrativa
rispetto a quella cestistica. Un general manager per lavorare bene deve essere
a conoscenza di tutto, dalla a alla z». Lo scrittore ne avrebbe di consigli
da dispensare. «Se solo mi avessero
interpellato sui guai giudiziari, avrei subito alzato il telefono e chiamato l’avvocato
Roberto Afeltra. È colui che ha
inventato la legalità nel basket. Ai tempi in cui ero presidente della Zinzi
Caserta avrò avuto almeno una decina di lodi, ma grazie al suo lavoro non ne ho
perso nemmeno uno. Probabilmente avrebbe potuto risolvere parecchi problemi
alla Juve Caserta. Ma ripeto, sono stati così presuntuosi da non affidarsi a
persone che avessero esperienza». Piccolo vorrebbe tornare a sedere sulle
tribune del PalaMaggiò. «Bisogna
ringraziare tutti quelli che si sono alternati alla guida della società dopo la
sua rinascita, perché hanno permesso a tutti noi casertani di esistere. E dico
che era meglio continuare ad avere delle squadre dai risultati balbettanti
piuttosto che non avere più nulla. Dico questo perché se le cose vanno male
possono sempre migliorare». Non può mancare un monito per il futuro: «La città di Caserta deve imparare ad essere
meno critica. Ripartendo dal basso dovrà sostenere il possibile la squadra.
Perché - ha concluso Piccolo - la
Juve Caserta ritornerà».
I campioni del passato
Da
chi l’ha fondata a chi ha scritto le pagine degli anni d’oro. Nando Gentile e Sergio Donadoni sono stati tra i protagonisti della Juve Caserta
che vinceva in Italia e stupiva in Europa a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90. «Che sia diverso rispetto al 1998 - ha
dichiarato Gentile - importa poco. La
verità è che non c’è più la pallacanestro. Questa è la peggior cosa». «La mia Juve Caserta è morta nel ‘98 -
ha esordito invece Donadoni -. Tutto ciò
che è venuto dopo, con i vari personaggi che si sono susseguiti non
rappresentavano la storia che io, come tutti gli altri di quel periodo, abbiamo
scritto». Il pensiero su cosa rappresenti la Juve Caserta per il casertano
è però unanime per i due campioni. «So
per certo che per un casertano non avere una squadra in serie A è tutto -
ha detto Gentile -. La pallacanestro per
la città non è solo la partita della domenica, ma rappresentava la discussione
dell’intera settimana. Le possibilità per ricominciare ci sono, ma bisogna
farlo con le mosse giuste senza commettere gli stessi errori. Quest’anno
purtroppo sarà una stagione d’astinenza, speriamo in quelli futuri». «La Juve Caserta ha sempre contato per il
casertano perché è un patrimonio di questa città. Patrimonio che con il passare
degli anni ha perso il suo valore. La Juve Caserta era giudicata esclusivamente
per il risultato sportivo, mentre - ha sottolineato Donadoni - quello che trasmetteva Maggiò era un
patrimonio di valori, come l’educazione e la cultura sportiva. Tanti obietteranno
che sono cambiati i tempi, ma credo che sulla competenza della dirigenza non vi
siano paragoni. E non tutto può essere riportato ai soldi». Bisogna tornare
con idee chiare. «Il futuro deve essere
il settore giovanile, parte importante - ha evidenziato Gentile - di una società. È la componente su cui
bisogna investire a prescindere da che ci sia o meno una squadra in massima
serie. È necessario lavorare bene affinché cresca il vivaio e pure i ragazzi».
«Mi auguro che la pallacanestro torni
presto a Caserta - ha aggiunto Donadoni -, perché in città questo sport ha rappresentato sempre un qualcosa di
positivo e di sociale».
I vecchi dirigenti
La
situazione della Juve Caserta è figlia di tante cause, principalmente
economiche. Chi l’ha guidata negli ultimi anni conosce perfettamente i
sacrifici che occorre fare. «Ho ricoperto
la carica di presidente, ma soprattutto - ha esordito Francesco Gervasio - sono un
tifoso della Juve Caserta. La seguivo sin da quando ero bambino, e per la mia
generazione ha rappresentato l’aspetto più importante della città. Certamente
ancora oggi la squadra è un segno distintivo per i casertani, anche se bisogna
dare ragione a chi evidenziava che Caserta non è più la città del basket. Basta
pensare che ogni anno superava di poco i mille abbonati quando in altre realtà
mettono insieme numeri ben più importanti. Per questo è impensabile che una
sola persona, con i costi che ci sono, possa reggere la società». «La Juve Caserta ha significato sempre
rappresentanza del territorio - ha aggiunto Carlo Barbagallo -. Il
problema riguarda l’aspetto economico. Quando tre anni fa feci la proposta di
acquistarla e disputare il campionato di A2 fui preso per pazzo. Purtroppo
credo di aver avuto ragione. Il mio pensiero all’epoca era quello di scendere
di categoria per poter organizzare soprattutto il settore giovanile. Come Juve
Caserta e non con altri nomi. È vero che ritornare in massima serie sarebbe
stato complesso, ma almeno strutturavi la società nel tempo. E magari grazie a
quella scelta oggi staresti disputando comunque un campionato. Il nostro territorio
offre ben poco per le realtà sportive, ed è un problema che non riguarda solo
il basket. È giusto ambire alle massime serie, ma è altrettanto importante
capire con che tipo di imprenditoria ti devi relazionare per sostenere i
progetti». «Nello sport in generale mancano
i magnati degli anni ’80 - ha commentato Gervasio -, e a Caserta il tessuto imprenditoriale non dà una mano consistente».
Barbagallo traccia addirittura la strada da seguire. «Alla base di un progetto futuro non potrà non esserci il settore
giovanile. Il vivaio, al di là della possibilità di crearti atleti che possano
giocare per la tua squadra, ti dà una spinta economica dal basso che non è
indifferente. Si pensa alla retta mensile del ragazzo, ma dietro c’è tutto un
indotto che passa per la vendita dei tagliandi ai familiari o l’acquisto di
gadget. E se non dovesse rimanere in società, un prodotto delle proprie
giovanili può sempre rivelarsi una fonte di guadagno qualora venisse tesserato
per un’altra squadra. Il discorso è ampio ma indispensabile». Ha fatto
scalpore la presenza di 800 persone a vedere la partita di serie C dei Cedri
San Nicola. Segno inconfondibile che il pubblico ha fame di basket. «San Nicola è riuscita ad avere quel seguito
per la presenza di Linton Johnson -
ha chiarito Gervasio -. Per carattere
sono sempre ottimista, purtroppo in questa situazione sono pessimista. Credo
che Caserta possa permettersi massimo la serie B, o magari l’A2, oltre diventa
difficile immaginarla». «Registrare
tale affluenza per una partita delle serie minori sta a significare che Caserta
risponde sempre presente quando c’è la pallacanestro. La passione per la Juve
Caserta credo non svanirà mai, ma per consolidarla c’è bisogno di un progetto
con persone serie, corrette, valide e soprattutto che non lo facciano per
visibilità, o peggio ancora per secondi fini. Ma - ha concluso Barbagallo - solo per passione».
Il dolore dei tifosi
I
tifosi più di tutti stanno soffrendo questo momento. Così abbiamo raccolto le
testimonianze di due sostenitori di vecchia, Pino Greco e Giancarlo Zaza
d’Aulisio. Quest’ultimo è stato particolarmente attivo perché fu tra i
fondatori dell’associazione pro Juve Caserta due estati fa, mentre quest’anno ha
fatto da intermediario con l’imprenditore Oreste
Vigorito. «Per noi che abbiamo
mangiato pane e basket non andare la domenica al PalaMaggiò - ha commentato
Greco - è peggio di un lutto. Avremmo
preferito andare a vedere una squadra giovanile purché in massima serie. La
partita domenicale era un punto fermo, e proprio in questo inizio di campionato
ne stiamo avvertendo la mancanza. Con amici e tifosi abbiamo discusso sul fatto
che Caserta senza la pallacanestro è una città morta. Speriamo che la Juve Caserta
torni al più presto, anche se capiamo che oggi fare basket è difficile. Gli imprenditori
che si avvicinano - ha concluso Greco - lo
fanno perché spinti dalla passione». «Non
andare a vedere la partita è una mazzata - ha dichiarato Zaza d’Aulisio -. È triste perché manca l’incontro con gli
amici per parlare di pallacanestro prima, durante e dopo la partita, oltre a
chiacchierarne durante la settimana. Nelle ultime stagioni ognuno ha sbagliato
in qualcosa, ma nonostante ciò avrei preferito lottare per altri cento anni per
non retrocedere, piuttosto che non vedere più la Juve Caserta. Lo dico con un
pizzico di recriminazione nei confronti di quella frangia di tifosi e stampa
che preferiva farla scomparire. Caserta è una piccola città, quindi mi stava
bene lottare per non retrocedere così come mi accontento della serie B. La rifondazione
però passa da chi gestirà la società - ha interrogato Zaza d’Aulisio -. Ma le cordate sbandierate al vento, una
dallo stesso sindaco Carlo Marino,
dove stanno?».
Il pensiero del giornalista
Il giornalista: "La JuveCaserta per un casertano è un punto di riferimento insostituibile ma senza risorse adeguate difficile pensare al futuro" |
Il cronista Michele De Simone ha seguito la Juve
Caserta raccontandone i fasti storici, e sulle somiglianze tra il 1998 ed oggi
ha dichiarato che «purtroppo sono storie
che si ripetono. Come si è rinati allora si può rinascere anche oggi. Speriamo
che il tempo lenisca le ferite attuali. Non so cosa potrà succedere l’anno
prossimo, ma mi auguro che si verifichi qualcosa di buono così come se lo
augurano tutti gli appassionati di pallacanestro. La Juve Caserta per il
casertano è una bandiera, un punto di rifermo - ha aggiunto l’attuale
delegato provinciale Coni -. Ovunque si
vada in Italia, quando si parla della nostra città si fa subito riferimento
alla Reggia, alla mozzarella ed alla Juve Caserta. Perché la squadra si
identifica con il territorio». Ma quali sono le sue prospettive future? «Un nuovo progetto deve rilanciarsi con
persone appassionate in grado di metterci anche risorse. Questo è indiscutibile
perché altrimenti il basket di alto livello non è fattibile. Purtroppo non ci
troviamo in un territorio ricco, e non capisco i paragoni che si fanno con
altre città. Parliamo di realtà opposte che presentano situazioni economiche
molto diverse. Quindi ci si augura che intorno ad un progetto si possano
raccordare persone che abbiano risorse da investire, altrimenti - ha
concluso De Simone - di cosa stiamo parlando?».
Il futuro
Caserta riparte con i giovani della JC Academy affidati a Di Meglio, ma i tifosi contestano Iavazzi |
I tifosi della Juve Caserta non si capacitano di non essere presenti sulla
cartina geografica della serie A. Non avere più la squadra del cuore è un
boccone amaro da digerire. In città si uniscono diversi sentimenti.
Dall’amarezza di coloro che non si aspettavano una cosa del genere, a quelli
che provano solo rabbia verso chi ha causato questo epilogo.
È inutile
sottolineare come Raffaele Iavazzi
sia finito alla gogna. Non poteva essere diversamente per colore che hanno
sperato sino in fondo nel miracolo del ricorso avverso la decisione della Fip,
figurarsi quelli che durante la sua presidenza hanno sempre colto l’occasione
per contestare. Il desiderio di chiunque è quello di poter tornare quanto prima
a sedere sulle tribune del PalaMaggiò. Fosse solo per vedere una partita di
pallacanestro, anche se non della massima serie. Ma almeno per quest’anno il
sogno non può avverarsi. E così si spera per l’anno venturo, quando le vicende
della piazza casertana possono assumere dei nuovi risvolti.
Per il momento la Juve
Caserta, seppur con la società satellite della JC Academy (diverso codice Fip,
è bene spiegarlo) di proprietà di Iavazzi, farà solo attività giovanile. Iscritta
ai principali campionati d’eccellenza, ha ingaggiato Vincenzo Di Meglio in qualità di responsabile dello scouting. Il
settore giovanile bianconero ripartirà dal tecnico che lo scorso anno ha vinto
il campionato under 20 con l’Auxilium Torino, e che vanta numerose esperienze
con le nazionali giovanili.
* per la rivista BASKET MAGAZINE