Sassari fuori dalla Final Eight priva la Coppa di un sicuro protagonista
La doppia vita di Mr. Bamforth
Sfrontato in campo e taciturno fuori, si divide tra basket e famiglia.
Con "Real Hoops" l'impegno per i bambini meno fortunati
di Giovanni Bocciero*
SASSARI.
Madre Teresa di Calcutta diceva che «è necessaria l’infelicità per capire la
gioia, la morte per comprendere la vita». Queste parole sembrano state
dette apposta per Scott Bamforth, il
giocatore della Dinamo Sassari che di disavventure nella vita ne ha affrontate
eccome. Nato e cresciuto ad Albuquerque, è lì che ha scoperto la pallacanestro.
«Ho iniziato a giocare quando avevo più o
meno 5 o 6 anni. Ho scelto il basket - rivela il ragazzo - perché quando ero giovane mi piaceva davvero
tanto, e poi ero bravo. La prima cosa a cui ho pensato quando ho avuto il
pallone tra le mani è stata quella di tirare, ovviamente».
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ORFANO A 15 ANNI E RIMASTO SOLO HA TROVATO IL CORAGGIO PER CREARSI UN FUTURO CON LA PALLACANESTRO |
La storia di
Bamforth è fatta di coraggio e tempra nel superare le difficoltà, e il basket ha
rappresentato la sua salvezza, un modo per fuggire dalla realtà. È stato
costretto a maturare più in fretta dei suoi coetanei perché all’età di 13 anni
perde improvvisamente il padre John
per un arresto cardiaco. Dopo due anni muore anche la madre Elisabetta per una insufficienza
epatica, causata dalla sua dipendenza all’alcool. Inizia a lavorare per pagare
le bollette, affitta le stanze di casa per far quadrare i conti e naturalmente
guida senza avere la patente. Quando si ritrova solo al mondo pensa addirittura
di farla finita, perché non aveva più nulla per cui vivere. «Credo che la morte è parte della vita.
Tutti un giorno dovremo morire, ma questo non rende facile vedere qualcuno
vicino a te andarsene. Credo che la mia relazione con Dio sia qualcosa che mi
ha fatto superare i momenti difficili della vita».
Dopo
il lavoro correva sempre in palestra per allenarsi, e non era raro che dormisse
persino sulle tribune. Diverse volte l’hanno dovuto spedire a casa, ma alle
prime luci dell’alba lui era lì, pronto ad allenarsi sodo per diventare un
giocatore professionista. Ragazzo dalla grande etica del lavoro, i suoi segreti
per il successo sono semplici: «lavorare
duro ogni giorno, aiutare i miei compagni di squadra e divertirsi mentre si
gioca». Non ha un personaggio sportivo a cui si ispira. «Guardo molta pallacanestro ed ho molti amici
che giocano ad alto livello, per questo non ho una persona particolare a cui
ispirarmi. Aspiro comunque a diventare il miglior giocatore che posso essere».
La prima grande chance gliela dà Brian
Joyce, coach della Western Nebraska Community College, il quale gli farà da
mentore anche al di fuori del campo. Su quei banchi di scuola troverà l’amore
di Kendra, giocatrice della squadra
di pallavolo, e dopo alcuni anni avranno il loro primo figlio non senza
soffrire. Infatti ancora una volta Bamforth deve guardare la morte in faccia.
La moglie durante la gravidanza rischia la morte sua e del bambino per una
preeclampsia, ma fortunatamente i medici riescono a salvarli. «Come ho detto prima sono molto cristiano.
La relazione con Dio è sempre cresciuta e diventata più forte ogni giorno. Ho
attraversato alcune situazioni difficili nella mia vita e credo che il Signore
sia l’unica cosa che mi ha fatto andare avanti». Dopo un solo anno in
Nebraska si trasferisce alla Weber State University, dove conosce Damian Lillard con cui stringe una
grande amicizia. «Abbiamo un grande
rapporto. Entrambi abbiamo l’obiettivo di diventare il miglior giocatore di
basket che possiamo essere. Durante l’estate lavoriamo sempre insieme ed ho
appreso tanto da lui». Alla
stella NBA toglie il record dell’ateneo di triple segnate in una stagione
(103). «Non abbiamo mai parlato di questa
cosa, ma entrambi sappiamo che io l’ho battuto. Probabilmente credo sia l’unica
cosa in cui lo abbia superato, quindi sono veramente molto felice di questo
record».
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LILLARD E PORZINGIS I SUOI AMICI. "LA NBA? POSSO CONTROLLARE SOLO QUELLO CHE DIPENDE DA ME, NON QUELLO PER CUI NON HO AVUTO CHANCE" |
Nonostante
la vita difficile è un ottimo giocatore ed un realizzatore pazzesco. Il tipico atleta
il cui nome va cerchiato in rosso, come dicono gli scout. Per questo terminata
l’università svolge un provino con gli Utah Jazz, che rimangono impressionati dalle
sue capacità ma non a tal punto da offrirgli un contratto. Allora prende la
decisione di venire oltreoceano, gioca per quattro anni in Spagna tra Siviglia,
Murcia e Bilbao e al contempo difende i colori del Kosovo. Nella penisola
iberica conosce un’altra stella NBA, il lettone Kristaps Porzingis. «Anche
con lui ho un gran bel rapporto, che è cresciuto nel tempo. Abbiamo iniziato a
giocare insieme in Spagna, condividiamo una solida fratellanza e ci piace
guardarci avere successo». L’americano è un giocatore élite per l’Europa, a
cui piace «passare la palla ai compagni e
vederli segnare. Mi rende felice quanto tirare e realizzare a mia volta».
Questo fa capire quanto sia un ragazzo intelligente, che fa tesoro delle
esperienze vissute diventando ogni giorno un giocatore migliore, più utile e
decisivo per la propria squadra. Proprio in Spagna ha appreso quanto è
importante coinvolgere i compagni. «Credo
che maturando come giocatore impari che coinvolgere i tuoi compagni è
importante quanto tirare. Ecco perché mi piace passare la palla». In campo
è un duro pronto a lottare mentre fuori è silenzioso e spesso rintanato nelle
cuffie che porta alle orecchie. «In
generale penso di essere una persona tranquilla, ma in campo voglio solo
vincere. Ecco perché quando gioco credo di diventare un’altra persona».
Si
potrebbe quasi dire che si limita a trascorrere la propria quotidianità tra
campo e casa. «Cerco di passare più tempo
possibile con i miei figli (ne ha due di 3 e 6 anni, ndr) perché mi fanno divertire e mi rendono
felice. Quindi cerco di giocare sempre con loro e fare qualsiasi cosa vogliano.
Oltre a passare il tempo libero con i miei figli, mi piace guardare film,
programmi televisivi e seguo altri eventi sportivi, soprattutto quelli da
combattimento come il pugilato e l’UFC. Non uso molto i social network, ma
direi che quello che preferisco di più è Instagram». Bamforth ha una sua idea
politica forte e chiara, anche se «in
verità non seguo la politica e l’attualità. Penso che negli Stati Uniti ci
siano molti problemi da risolvere, quindi non gli presto più di tanto attenzione.
Credo comunque che Donald Trump sia
la persona meno indicata per essere il presidente degli Stati Uniti. Ha
dimostrato di non trattare tutti allo stesso modo, e non penso che una persona
con il suo incarico possa fare delle discriminazioni in base al colore della
pelle».
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"LA MORTE E' PARTE DELLA VITA, MA NON E' FACILE VEDERE I TUOI CARI ANDARSENE. DIO MI HA DATO LA FORZA PER ANDARE AVANTI" |
Nonostante
le sue vicissitudini familiari, il ragazzo vuole restituire qualcosa alla
comunità di Albuquerque. Per questo ha fondato insieme a Lamar Morinia l’associazione Real Hoops. «Io e il mio migliore amico abbiamo sempre voluto dare un’opportunità
ai bambini per giocare a basket e viaggiare in diversi stati. Quindi abbiamo
deciso di creare questa organizzazione in cui i bambini fossero al centro del
progetto. Dal mio punto di vista, gli voglio offrire le opportunità che non ho
avuto io». Questo non significa però che il suo futuro sarà quello di
allenare o fare il dirigente. «Non sono
sicuro di quello che farò. Cerco di non pensarci perché tutto quello che ho
conosciuto nella mia vita è il basket. Sono ancora giovane quindi mi piace
concentrarmi su cosa sto facendo oggi e non preoccuparmi di cosa farò domani».
Si sta affermando come un top player in Europa acquistando credibilità agli
occhi degli addetti ai lavori, eppure non si toglie il pallino della NBA dalla
testa. «Nulla è impossibile, ma non mi
preoccupo di questo. So di essere bravo a giocare con chiunque e l’ho
dimostrato. Ma posso controllare solo ciò che faccio, non quello per cui non ho
mai avuto una chance».
La
sua esperienza a Sassari lo ha visto sin da subito protagonista. Alle sue migliori
prestazioni sono legate le vittorie contro la corazzata Olimpia Milano e
l’allora capolista ed imbattuta Leonessa Brescia. Per il suo carattere poi,
giorno dopo giorno è diventato sempre più il leader dello spogliatoio. «Mi piacciono i miei compagni di squadra e i
membri dello staff tecnico. Cerco di divertirmi e godermi ogni giorno insieme a
loro. Penso che la città sia davvero carina, ma non l’ho visitata molto tranne
che per alcuni ristoranti. Il campionato italiano è davvero una competizione
molto dura da affrontare, e giocare la Champions League è senz’altro una grande
opportunità che ci permette di confrontarci e di giocare più partite in
stagione». L’Italia come la Spagna? «Penso
che il campionato spagnolo sia un po’ più tattico rispetto a quello italiano,
ma entrambi i tornei sono competitivi e mettono in mostra grandi giocatori».
Bamforth ha rinnovato il contratto già a gennaio, senza aspettare eventuali offerte
dai grandi club europei. Crede fortemente nel progetto della formazione di Sassari,
nonostante il primo obiettivo della Final Eight di Coppa Italia è purtroppo
sfuggito. Le sei sconfitte in sette partite al termine del girone d’andata hanno
estromesso la Dinamo dalla competizione a cui partecipava da sei anni
consecutivi. Nonostante ciò la combo-guard non si pone limiti: «credo che questa squadra può vincere lo
scudetto».
Stipcevic: sembra nato con la palla in mano
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L'ASSISTANT COACH PAOLO CITRINI: "TRA I PIU' FORTI MAI VISTI A SASSARI" |
«Bamforth è uno dei
giocatori più forti che la Dinamo abbia visto negli ultimi anni -
ha esordito l’assistant coach Paolo Citrini
-, uno di quelli che hanno un talento
particolare e la voglia di vincere nel dna. Ha giocato in squadre importanti e
campionati di livello ed è un giocatore che non solo è bravo nel segnare in
qualsiasi maniera ma anche a creare per gli altri e dare la possibilità ai
compagni di entrare in partita. È il terminale principale della squadra e per
questa ragione il bersaglio numero uno della difesa avversaria. Scott è un
ragazzo sensibile, che ci tiene tantissimo, che ascolta e ha a cuore le sorti
della squadra. Non è un mero professionista ma un giocatore che dà tutto. È un
padre di famiglia speciale con due bambini piccoli già istruiti al gioco del
basket. Ha tutte le carte per essere un giocatore che può fare la differenza e
che è già entrato, nel cuore dei tifosi biancoblu. Quest’anno purtroppo ha
iniziato la stagione con un infortunio e, sebbene si fosse già intravisto il
suo potenziale, al rientro sul parquet si è mostrato in tutta la sua forza e la
sua capacità di trascinare i compagni, fare canestro e girare le partite. Possiede
dei valori umani importanti che ha ritrovato nella città e nella società. Questo
l’ha portato a rinnovare a gennaio senza attendere eventuali chiamate da grandi
club europei, e fa capire - ha concluso l’assistant coach - quanto tenga a questa piazza e a questa
maglia».
«Seguivo Bamforth
dapprima - ha commentato il compagno di squadra Rok Stipcevic - ma non lo conoscevo personalmente. Giocandoci insieme ho capito che ha
un talento incredibile e sembra nato con la palla in mano. Sa usare
perfettamente sia la mano sinistra che la destra, è bravissimo nel pick and
roll e ha delle ottime capacità da passatore, come pochi giocatori. Inoltre ha
grandi doti di lettura. Fuori dal campo è un bravissimo ragazzo, sempre pronto
a dare una mano e fare gruppo. Sono contento di averlo in squadra, è uno che
lavora duro per migliorarsi ogni giorno e posso dire di aver trovato - ha
concluso Stipcevic - un ottimo compagno
di squadra dentro e fuori dal campo».
*: per la rivista BASKET MAGAZINE