Il tormento e l'estasi. L'incredibile storia del pivot della Scandone
che in Libia rischiò di venire giustiziato
Il lungo viaggio di Shane Lawal
Le esperienze della vita lo hanno forgiato: via dalla Nigeria, solo con la sorellina, ad appena otto anni. Poi in giro per il mondo fino all'approdo a Sassari nell'anno del "triplete"
di Giovanni Bocciero*
AVELLINO.
«Non sottovalutare te stesso nel
confronto con gli altri. Sono le differenze che ci rendono belli». Questo aforisma
in parte rispecchia quello che è Olaseni Abdul Jelili Lawal, meglio conosciuto
come Shane Lawal, un atleta non
sempre considerato di alto livello e che ha dovuto faticare per ogni cosa che è
riuscito a vincere nella sua carriera. Con il duro lavoro, certo, ma anche con
i trascorsi di vita quotidiana che lo hanno fortificato a tal punto da non
temere nessun confronto sul parquet. Appunto.
|
LASCIO' IL FOOTBALL PER LO SPORT DI OLAJUWON, IL SUO MITO: "MI HA ISPIRATO AL PUNTO CHE CERCO ANCORA DI IMITARLO" (FOTO SPORTAVELLINO.IT) |
Pivot
nigeriano di 208 centimetri, nato ad Abeokuta nel 1986 ma statunitense
d’adozione, nella sua vita ha affrontato diversi viaggi molto particolari. Il
primo quando aveva appena otto anni, con la madre che era emigrata negli Stati
Uniti per trovare lavoro. Un anno dopo, una volta che si era sistemata, Shane
l’ha raggiunta. «Era il 1995 - ha ricordato
Lawal - ed ho affrontato quel viaggio
insieme a mia sorella. Partimmo dalla Nigeria ed arrivammo ad Amsterdam, poi da
Amsterdam dritto ad Atlanta. Arrivati lì ci siamo stabiliti prima a Mobile, in
Alabama, poi ci siamo trasferiti a Southfield, nel Michigan». Di certo non
il miglior posto dove crescere. Stando negli Stati Uniti studia e inizia a
praticare sport, dà prima il football poi si converte alla pallacanestro. «Ho iniziato a giocare a basket nel 1996
perché mi innamorai di Hakeem Olajuwon,
che ho guardato vincere i titoli Nba negli anni precedenti. Prima ho giocato a football,
che è uno sport completamente diverso, ma il pivot degli Houston Rockets mi ha
ispirato così tanto che ancora oggi, quando gioco, cerco di imitarlo». Del
centro Hall of Famer ha sicuramente la statura fisica e la capacità di dominare
sotto canestro. Una volta terminato il liceo, ha frequentato prima l’Oakland
University per tre anni, poi ha completato gli studi alla Wayne State. Negli
anni del college ha messo in mostra le sue abilità di saltatore verticale, che
lo hanno reso un giocatore davvero intimidatore sopra al ferro per le numerose
schiacciate e le altrettante stoppate. «Certamente
la schiacciata è un aspetto del gioco che amo perché quando ti alzi per
infilare il pallone nel canestro ti senti invincibile. E poi è una bella
sensazione anche quando stoppi il tiro di un avversario». Ha così
frantumato un po’ di record alla Wayne State realizzando la prima tripla-doppia
nella storia dell’università grazie alla prestazione da 19 punti, 11 rimbalzi e
10 stoppate che realizzò contro Michigan Tech. C’è da sapere che nel passaggio
da Oakland a Wayne si trasferì da un college di Division I ad uno di Division
II, cosa insolita visto che si tende a fare l’opposto. «È vero che spesso accade il contrario - ha confermato il giocatore
- ma questa mia scelta è stata dettata
dal fatto che nella prima categoria non ho avuto le giuste opportunità per
mettermi in mostra». Qui si capisce che la carriera di Lawal è tutta in
salita visto che una volta terminata l’università (conseguendo la laurea in
scienze motorie, ndr) ha giocato solo in campionati di basso livello.
|
DOPO IL COLLEGE HA GIOCATO IN QATAR, IN SPAGNA E POI IN LIBIA NELL'ANNO DELLA RIVOLTA CONTRO GHEDDAFI: "LI' DECISI DI SMETTERE"
(FOTO SPORTAVELLINO.IT) |
La
sua prima esperienza da professionista lo vede impegnato in Qatar con
l’Al-Arabi Doha, poi va a giocare al Guadalajara nella terza serie spagnola e
successivamente all’Al-Hilal Bengasi in Libia. Quando è a giocare lì diventa
suo malgrado protagonista della Primavera Araba. A causa dello scoppio della
guerra civile per destituire Muhammar
Gheddafi infatti, lui ed il compagno di squadra Kingsley Oguchi si ritrovano reclusi in hotel per dieci giorni senza
alcun modo per comunicare e con la paura di essere giustiziati perché scambiati
per dei mercenari africani. «Quello fu un
momento molto particolare della mia vita. Non potendo telefonare ero
preoccupato per la mia famiglia e per mia madre che era in apprensione per me.
Ebbi tempo per riflettere anche sulla mia carriera sportiva, perché sentivo che
non stava andando nel verso giusto, dove io speravo andasse». Lawal ha
infatti pensato di appendere le scarpette al chiodo dopo quella brutta
esperienza che lo vide scappare dalla Libia grazie all’intercessione
dell’Ambasciata statunitense e all’esercito britannico che lo mise su di una
barca che lo portò a Malta. Da lì si spostò velocemente in Egitto ed in Turchia
dove prese il primo volo per New York. Senza voler fare alcuna dietrologia, quella
sua esperienza è molto simile a ciò che vivono i profughi che ogni giorno
scappano dall’Africa per trovare una vita migliore in Europa. Per questo gli
abbiamo chiesto cosa pensa dei continui sbarchi? «Penso che se gli europei non avessero voluto avere gli africani nel
proprio continente non sarebbero mai dovuti andare in Africa a rubare le
preziose risorse del nostro territorio. Questo ha reso povera l’Africa portando
alla situazione che i propri abitanti sono costretti ad emigrare per vivere.
L’Africa era uno dei continenti più ricchi al mondo, ma dopo lo sfruttamento
europeo i suoi abitanti sono stati lasciati a morire di fame e adesso vogliono
soltanto sopravvivere».
|
UN GIUDIZIO SEVERO SUL FENOMENO DEI MIGRANTI: "PER EVITARE GLI AFRICANI IN EUROPA, GLI EUROPEI NON AVREBBERO DOVUTO SACCHEGGIARE L'AFRICA" |
Pure
se pensò di ritirarsi, passato un breve periodo tornò a giocare. Questa
decisione fu dettata dalla fede. «Sono
molto cristiano, e credo che tutto è possibile grazie a Dio. La fede è una
parte importante della nostra vita, ma bisogna avere fiducia e perseverare in
ciò che si fa. Quella esperienza mi ha reso più forte - ha rivelato il
cestista -, e sono grato di essermi
fermato per un po’. Conosco ragazzi che per delle avversità minori hanno smesso
di giocare. So quanto si deve lavorare per ottenere qualcosa, ed io non volevo
fermarmi». Dopotutto non ci si poteva aspettare una cosa diversa da chi
considera gli allenamenti quasi un hobby. «Non
sono una persona che gioca ai videogames, mi piace navigare in internet e uso
parecchio i social, sia Instagram che Facebook. Cerco però di tenerli separati
tra di loro, ad esempio Instagram lo utilizzo più per il mondo del basket,
mentre su Facebook ho principalmente i membri della mia famiglia con i quali
comunico costantemente. E poi mi piace allenarmi duramente in estate con tutta
una serie di workout. Lo so, sono una persona folle». Se c’è una cosa folle
in questo periodo, è la March Madness (lo scorso 2 aprile si è giocata la
finale, ndr), tifa per qualcuno? «Ovviamente
Michigan, ho studiato un anno lì e sono un loro grande fan».
Nel
2011 torna a giocare prima in seconda serie spagnola con il Clavijo, poi in A2
con la Scaligera Verona. Disputò una stagione da 15 punti e 13 rimbalzi di
media, che comunque non lo fece attestare come uno dei migliori giocatori del
campionato dagli addetti ai lavori. Questo giusto per precisare, se ce ne fosse
ancora bisogno, quanto venisse sottovalutato Lawal. Quella stagione gli valse
comunque la chiamata di Matteo
Boniciolli che allenava il club kazako dell’Astana. Tempo dodici mesi nei
quali vinse il campionato e la coppa del Kazakistan, oltre a disputare la VTB
League, e fa ritorno in Italia: lo ingaggia la Dinamo Sassari. La stagione
2014/15 è quella della consacrazione. Lawal in Sardegna si erge come uno dei
centri più forti in circolazione, non solo in Italia ma in tutta Europa. È
grande protagonista dello storico triplete che contro ogni pronostico vede
Sassari vincere la Supercoppa sul parquet di casa contro l’Olimpia Milano;
ripetersi a febbraio conquistando la Coppa Italia nella finale del PalaDesio
superando ancora una volta le “scarpette rosse”; e poi farsi strada ai playoff
scudetto vincendo le decisive gara-7 al Forum di Assago in semifinale contro
Milano, e al PalaBigi contro Reggio Emilia che valse il tricolore. Cosa ricorda
di quella meravigliosa stagione? «Innanzitutto
coach Meo Sacchetti è un pazzo, nel senso
buono del termine. Ciò che ho apprezzato di più in lui è stato il fatto che non
cercava di cambiare il modo di giocare degli atleti, ma ci accettava per quello
che eravamo e ci incoraggiava a rimanere noi stessi. In quella stagione ci
motivava il fatto di non essere mai i favoriti. Ci dicevano che non avremmo
potuto vincere contro Milano, e invece lo abbiamo fatto. Quando abbiamo vinto
la Supercoppa ci dicevano che era soltanto la Supercoppa, poi però abbiamo
vinto anche il campionato. Tutti sono rimasti increduli per quello che siamo
stati capaci di realizzare».
|
BONICIOLLI LO VOLLE CON SE' IN KAZAKISTAN E POI CI FU LA CHIAMATA DI SACCHETTI: "A SASSARI HO DIMOSTRATO QUELLO CHE VALEVO. ED ORA LO SCUDETTO CON AVELLINO" |
Grazie
a quella incredibile annata i top club si sono accorti di Shane Lawal, e così è
arrivata l’offerta da parte del Barcellona, che rappresentava una grande
occasione. Purtroppo il ragazzo è stato sfortunato con la casacca blaugrana per
via di una serie di infortuni tra cui quello che lo ha visto operarsi per la
rottura completa del tendine rotuleo. Tra l’altro infortunio subito con la
Nigeria alle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016 dopo essere diventato
campione d’Africa con la sua nazionale. Dopo quasi un anno dall’intervento, e
visti i lunghi tempi di recupero, il Barcellona ha deciso di rescindere il
contratto con il giocatore rendendolo free-agent nella scorsa estate. Per
tornare a brillare aveva scelto ancora una volta l’Italia, e sembrava tutto
fatto con la Virtus Bologna che poi, invece, ha fatto saltare l’affare per le
sue dubbie condizioni fisiche. Ne ha allora approfittato la Scandone Avellino
che ha ufficializzato il suo ingaggio pur consapevole di dover aspettare il
2018 per vederlo in campo. Adesso Lawal è tornato a calcare il parquet, e spera
proprio di non fermarsi più. «Spero che
possa tornare a giocare al mio livello così da portare il mio contributo alla
causa di Avellino. Credo che abbiamo grandi chance di vincere il campionato, ed
è importante che tutti possano contare sulla miglior condizione fisica
possibile. Sarà altresì importante riuscire ad allenarsi bene tutti insieme
quando arriveranno i playoff e si giocherà ogni due giorni».
In
passato Lawal ha anche annusato la Nba: «Ci
ho pensato, ed ho anche avuto un’opportunità quando ero al college, ma
purtroppo non ha funzionato. Pazienza». Mentre per il futuro invece? «Dopo aver smesso di giocare il mio
obiettivo è quello di allenare, specialmente i più giovani».
Brian Sacchetti: «Tanta voglia di essere il migliore»
«Con Shane ogni allenamento era una storia,
partite comprese ovviamente - ha esordito l’ex compagno di squadra Brian
Sacchetti -. Ogni giorno che passavamo
insieme diventava una storia da raccontare. Sicuramente nella squadra della
Dinamo Sassari di quell’anno era il giocatore che più di chiunque altro
dimostrò di avere tanta fame e più voglia di vincere. Aveva un forte spirito di
competizione che non faceva mai mancare neppure in allenamento, e per tutto l’arco
della stagione ha dato il massimo. Metteva sempre grande aggressività in tutto
ciò che faceva, ed aveva l’obiettivo di dimostrare di essere il migliore e di
valere tutto ciò che vincemmo quell’anno. Nello spogliatoio non parlava molto
della sua infanzia, e se anche lo fece non ricordo nulla di particolare. Riguardo
allo Shane persona, fuori dal campo, mi colpiva soprattutto il fatto che aveva
sempre una parola per tutti, per motivarli ed incoraggiarli nella vita di tutti
i giorni. E poi ai compagni li spronava a dare sempre il meglio. Ricordo che
quando iniziammo i playoff aveva gli occhi infuocati, e voleva dimostrare a
chiunque di essere il miglior centro in circolazione. Per me è stato il
giocatore che, grazie al suo essere, ci ha portato a vincere più di tutti quello
storico triplete. Dopo quella stagione trascorsa insieme a Sassari ci siamo
sentiti più volte, anche quando era a Barcellona. Addirittura nella trasferta
di quest’anno ad Avellino - ha rivelato l’ala oggi in forza alla Leonessa
Brescia - è venuto in hotel ed abbiamo
scambiato due parole ricordando diverse cose del passato. È sempre un piacere
rivedere un ragazzo che ha fatto del lavoro duro in palestra il suo principale
obiettivo per dimostrare di essere un giocatore importante ovunque va. L’infortunio
lo ha condizionato negli ultimi anni, ma da ex compagno e soprattutto amico
spero che ritorni al cento per cento della forma fisica perché è un ragazzo che
innanzitutto lo merita, e poi sportivamente parlando - ha concluso
Sacchetti - può essere un’arma
incredibile per qualsiasi squadra che ha la fortuna di poterlo schierare».
* per il mensile BASKET MAGAZINE