Il nuovo brillante comportamento degli azzurrini al torneo di Mannheim rilancia un annoso problema
Capobianco: «Ma più che all'età pensiamo alla formazione»
Dopo il terzo posto nello "Schweitzer", battuti solo dall'Australia, il ct entra nel dibattito sul maggiore spazio da dare ai giovani, sottolineando le vere difficoltà
di Giovanni Bocciero*
ROMA. Un detto recita «le parole più belle sono i fatti».
Possiamo senz’altro dire che questa espressione è il mantra che accompagna
Andrea Capobianco nel suo lavoro. Al tecnico azzurro sono legati i più
importanti successi delle selezioni nazionali giovanili degli ultimi anni. La
vittoria nel 2014 al torneo di Mannheim e il secondo posto nel 2017 al Mondiale
under 19 sono certamente solo quelli più brillanti. Forse nessuno meglio di lui
conosce bene i tanti ragazzi che stanno venendo alla ribalta nazionale, pur
destreggiandosi per il momento soltanto in categorie minori. Questo fa
riflettere se guardiamo altrove, ci interroghiamo sul perché non vengano
lasciati giocare in serie A. Una domanda, o problema, che si pongono addetti ai
lavori e appassionati, non certo coach Capobianco.
«Le cose vanno analizzate molto in profondità, e questo vuol
dire conoscere la storia della pallacanestro italiana. Dai Nando Gentile o gli
Enzo Esposito che sedicenni già giocavano in serie A sono passati oltre 3o anni.
Adesso in massima serie non si gioca a vent’anni, e lo hanno dimostrato tanti
campioni. Questo riguarda il percorso formativo dei ragazzi, che non si deve
mai fermare e certamente non deve rallentare a 20 anni, ma deve continuare ad
avere una proiezione. Oggi personalmente non vedo questa grande problematica
nel non far giocare i giovani diciottenni in serie A, altresì vedo la
problematica di continuare a lavorare con loro. I fenomeni come Luka Doncic
capitano raramente, e per questo credo che bisogna rispettare il percorso
formativo dei nostri ragazzi. La cosa sulla quale davvero dobbiamo concentrarci
è quella di far continuare a crescere i giovani».
“E’ importante formare i giocatori, non mandarli in campo prima possibile.
I Gentile e gli Esposito appartengono ad altri tempi”
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Il concetto espresso dal responsabile
tecnico del Comitato Nazionale Allenatori è di certo condivisibile. Ma questo
lo diventa meno se prendiamo ad esempio Leonardo Totè che proprio alcune
settimane fa si è dichiarato per il draft Nba. La giovane ala nel 2015 vinse il
premio di Mvp all’European All Star Game della Fiba dedicato ai migliori
prospetti under 18. In quella stessa partita partecipò anche il transalpino
Frank Ntilikina senza destare alcun interesse. Due anni dopo però, mentre il
francese viene selezionato da New York, l’azzurro è in A2 a Verona senza
particolarmente brillare. Sorge spontanea la domanda perché Totè sembra aver
smesso di crescere cestisticamente?
«La motivazione non la posso sapere - ha risposto Capobianco -, ma sicuramente posso dire una cosa: tra il prospetto Nba e il
giocatore medio c’è una fascia di giocatori validi. Purtroppo noi siamo
abituati a ragionare proiettati al primo o al quindicesimo posto, e invece ci
sono anche il secondo, il terzo, il quarto. Con questo voglio dire che so per
certo che Totè sta facendo un grandissimo lavoro con Luca Dalmonte, e penso che
un giorno possa arrivare a giocare a certi livelli. Lui è un ’97, diamogli
tempo».
Il torneo di Mannheim ha sempre
significato parecchio per l’Italia, che nella bacheca è seconda con quattro
vittorie alle spalle dei soli Stati Uniti che ne hanno vinti ben dieci. La manifestazione,
giunta quest’anno alla sua 29esima edizione e intitolata al teologo e medico
nonché premio Nobel Albert Schweitzer, è a tutti gli effetti un mundialito
dedicato all’under 18 che l’Italbasket ha vinto nel ’66, ‘69 e ’83. A quelle
vittorie hanno contribuito giocatori come Dino Meneghin e Antonello Riva che
successivamente si sono affermati come grandi campioni azzurri. Quindi un bel
trampolino di lancio, così come nel 2014 si sono messi in mostra Federico
Mussini e Diego Flaccadori.
“Il processo formativo di un giocatore non si ferma a vent’anni:
il problema è continuare a lavorare anche dopo”
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«Quella fu la mia seconda esperienza a Mannheim. Flaccadori
si rivelò un fenomeno, mentre Mussini tutti ce lo invidiavano. Diamo a questi
ragazzi il tempo di crescere non solo per l’età, ma soprattutto lavorando duro
secondo un proprio percorso formativo così come facevano anche i ventenni di
venti anni fa». Eppure non può passare inosservata la
decisione del playmaker reggiano di lasciare la serie A per scendere in A2 a
Trieste. «Posso dire quello che penso -
ha continuato Capobianco -, e sicuramente
lui e la società avranno valutato tante cose prima di fare questa scelta. Per
me Mussini può diventare un grande giocatore, e lo dico sia per le sue doti
umane che per le capacità tecniche. È normale che non deve assuefarsi su alcune
cose, e conoscendolo so per certo che non lo farà».
L’impressione che si ha da fuori, però,
è quella che i Danilo Gallinari, Marco Belinelli, ultima Cecilia Zandalasini, siano
più delle rose nate nel deserto che i frutti di una scuola. «Purtroppo noi italiani abbiamo la mentalità
di guardare l’orto del vicino e non il nostro. I fatti però dicono che noi
esportiamo allenatori come Ettore Messina, Sergio Scariolo, Andrea Trinchieri,
Luca Banchi, Simone Pianigiani, e quindi credo che la scuola italiana sia di un
livello spaventoso. Non tutto è perfetto, ma i risultati che stanno ottenendo
nelle ultime stagioni le varie nazionali giovanili erano anni che non venivano
raggiunti. Questo significa che gli allenatori giovanili lavorano bene e permettono
a tanti nostri ragazzi di arrivare a giocare ad alto livello. Oggi al femminile
abbiamo Giorgia Sottana che gioca in un club prestigioso come il Fenerbahce, e
Cecilia Zandalasini che è andata in Wnba seppur giocando poco. Da quanto non
avevamo giocatrici in giro per il mondo? Almeno da un decennio con Raffaella
Masciadri e Chicca Macchi. Al maschile abbiamo Gigi Datome e Niccolò Melli che
giocano al Fenerbahce, squadra campione d’Europa, e questo non ci capitava da
Gianluca Basile e Gregor Fucka al Barcellona. Non voglio dire che tutto è oro,
però non dobbiamo neppure essere distruttivi. Piuttosto che rilevare solo le cose
negative dobbiamo vivere con più entusiasmo le cose belle. Quell’entusiasmo che
questi ragazzi ci regalano».
Di emozioni coach Capobianco ne ha
vissute tante sulla panchina dell’Italia, e tra le più importanti vi sono di
certo quelle provate in occasione del secondo posto raggiunto l’estate scorsa
al Mondiale under 19. Un risultato incredibile che ha visto tra i principali
artefici il giovane Tommaso Oxilia. Proprio come un cane che si morde la coda,
non possiamo porci la domanda del perché la Virtus Bologna abbia deciso di
mandarlo in A2 piuttosto che concedergli spazio in massima serie. «Io ho allenato in serie A, e so che di
continuo bisogna fare delle scelte. Conoscendo bene dirigenza e staff della
Virtus, persone degne di rispetto, so che le loro decisioni vengono fatte con
attenzione per cercare di avere un domani una soluzione migliore. Penso che chi
è dentro la situazione provi a fare la scelta migliore e più ponderata per il
futuro del ragazzo, in questo caso di Oxilia. Bisognerebbe studiare un po’ la
storia degli esordi dei giocatori».
“Abbiamo ottimi tecnici e dopo tanti anni anche ragazzi e ragazze che
giocano all’estero: la scuola italiana non è poi così male…”
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E allora per cercare di comprendere
queste scelte che ai più fanno storcere il naso, abbiamo studiato alcuni esordi
dell’ultima Italbasket vincente, quella d’argento alle Olimpiadi del 2004. Spulciando
nelle carriere di alcuni giocatori si viene a conoscenza che Gianluca Basile a
21 anni esordì in Nazionale e un anno dopo venne promosso in A con Reggio
Emilia; Gianmarco Pozzecco a 20 anni era in B ad Udine, la sua carriera svoltò
due anni dopo a Varese mentre l’esordio in Nazionale arrivò a 25 anni; Matteo
Soragna esordì in A con Pistoia a 21 anni dopo aver giocato in B a Cremona, e
vi ritornò soltanto a 26 anni in quel di Biella; Massimo Bulleri a 18 anni andò
a Treviso, giusto il tempo dell’esordio in A e venne mandato in prestito nelle
categorie minori a Ozzano, Mestre e Forlì.
Insomma, proprio come scritto
all’inizio «a me piace parlare con i
fatti, e le parole devono accompagnare i fatti. I fatti dicono che l’Italia
dopo 31 anni è tornata a vincere il torneo di Mannheim e raggiunto tre podi
consecutivi, mai successo prima - ha continuato Capobianco -. È tornata a medaglia ai Mondiali con il
gruppo classe ’98, e due dei ragazzi sono entrati nel miglior quintetto (Tommaso
Oxilia e Lorenzo Bucarelli, ndr). Della
stessa annata ’98 abbiamo Davide Moretti che è arrivato terzo all’Europeo ed è
stato inserito nel miglior quintetto della manifestazione. Noi dobbiamo mettere
i fatti davanti alle parole, e questi sono fatti. Sono gli esempi di come questi
ragazzi lavorano bene quotidianamente con allenatori preparati».
“Quote under anche in serie A? Non entro nel merito, ma io credo
agli schemi solo se servono a valorizzare le persone”
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Ci si sta dibattendo se inserire quote
under anche in massima serie, e volevamo sapere il pensiero del commissario
tecnico azzurro a tal proposito. «Io ho
massima fiducia nelle persone, per questo credo che chi debba prendere delle
decisioni, giuste o sbagliate che siano, le prenda semplicemente per il bene di
alcune situazioni. Non credo che ci si alzi la mattina e si voglia fare il bene
o il male. Possono anche essere sbagliate, ma dietro c’è sicuramente uno studio
che ha portato ad una tale decisione. Detto ciò non entro nel merito della cosa
semplicemente perché non è mia competenza. Io mi limito ad allenare. Posso dire
che per me gli schemi sono importanti, ma sono delle cornici al cui interno
agiscono i giocatori in piena autonomia. Credo molto di più al miglioramento
del giocatore che allo schema, credo più alla persona che allo strumento da
utilizzare. La cosa più importante è sempre quella di valorizzare le persone e
non gli strumenti, ma se questi servono a valorizzare le persone allora ben
vengano».
TERZO PODIO CONSECUTIVO PER I RAGAZZI DI CAPOBIANCO
Terzo podio consecutivo a Mannheim per
l’Italia di Andrea Capobianco, dopo l’oro del 2014 e il bronzo del 2016, è
arrivata una nuova medaglia di bronzo per gli azzurrini che hanno chiuso
bissando il successo sulla Russia (Miaschi e Palumbo: 32 punti per entrambi
nell’89-78 conclusivo e 15 rimbalzi per il romano) dopo aver ceduto solo
all’Australia in semifinale. Lo “Schweitzer”, vero mundialito under 18 che si
disputa con cadenza biennale, è andato per la seconda volta consecutiva alla
Germania. Miaschi è stato il migliore realizzatore del torneo con 160 punti,
Palumbo il miglior rimbalzista (70). Gli altri azzurri: Costi, Dieng, Conti,
Laganà, Czumbel, Graziani, Dellosto, Da Campo, Battistuzzi, Ladurner.
L’UNDER 18 AGLI EUROPEI IN AGOSTO IN LETTONIA
Dal 28 luglio al 5 agosto la Nazionale
under 18 di coach Capobianco sarà impegnata agli Europei che si svolgeranno in
Lettonia. Le città ospitanti saranno Ventspils, Liepaja e Riga. Gli azzurrini
sono inseriti nel gruppo A insieme a Croazia, Grecia e i padroni di casa. Il
terzo posto raccolto al torneo di Mannheim pone l’Italia tra le migliori
selezioni. A Bari il 3 e 4 agosto ci saranno invece le qualificazioni per la
Fiba Europe Cup 3x3 sia a livello maschile che femminile. Le squadre
qualificate si contenderanno a Debrecen (Ungheria) dal 31 agosto al 2 settembre
il titolo continentale. La Nazionale maschile under 18 prenderà poi parte ad ottobre
alle Olimpiadi giovanili di 3x3 a Buenos Aires.
*: per il mensile BASKET MAGAZINE