Dal chiacchierato Nassir Little che ancora deve dimostrare il suo infinito talento a North Carolina allo stakanovista di Syracuse Oshae Brissett, passando per quello più in crescita di tutti che è Nickeil Alexander-Walker leader di Virginia Tech. Questi i profili dei prospetti che ambiscono al draft Nba.
«La prima stesura la devi buttare giù col cuore. E poi scrivi con la testa. Il concetto chiave dello scrivere, è scrivere. Non è pensare» (cit. Scoprendo Forrester)
lunedì 31 dicembre 2018
sabato 15 dicembre 2018
Un poker d’assi sulle panchine di A2
Tocco di classe - Quattro coach dal prestigioso background impegnati nel campionato cadetto: ecco il perché della loro scelta
Pancotto, Lardo, Bucchi e Valli hanno alle spalle, tutti insieme, ben 57 stagioni in serie A, finali scudetto, Coppe Italia e quattro premi di migliori coach dell'anno
di Giovanni Bocciero*
L’A2 quest'anno è un campionato da seguire, non fosse altro per la presenza di allenatori che possiedono un grande bagaglio tecnico e d’esperienza. Coach come Piero Bucchi, Cesare Pancotto, Lino Lardo e Giorgio Valli messi insieme hanno collezionato 57 campionati di serie A, 3 finali scudetto, 2 Coppe Italia, 1 Supercoppa italiana e 4 premi di miglior coach dell’anno. Equamente suddivisi tra girone Est ed Ovest, la XL Extralight Montegranaro ha deciso di ripartire da Pancotto che conosce fin troppo bene il territorio essendo di Porto San Giorgio; l’Unieuro Forlì ha ormai da ben tre anni affidato il proprio progetto nelle mani di Valli; la Givova Scafati ha puntato su Lardo dopo le dimissioni di Marco Calvani per le indagini antidoping; la Virtus Roma ha riabbracciato Bucchi con l’obiettivo di ritornare in A.
LARDO: "IL LAVORO E' PIU' GRATIFICANTE. IN SERIE A SERVE TEMPO: SPESSO TROVI UN ROSTER ASSEMBLATO CON GIOCATORI CHE VENGONO DA ESPERIENZE DIVERSE" |
Ma c’è differenza tra l’allenare in massima serie piuttosto che in A2? «Il lavoro dell’allenatore in A2 è più gratificante - ha esordito Lino Lardo - perché c’è la possibilità di lavorare su un sistema di gioco in breve tempo. In massima serie si deve avere più tempo perché spesso ti ritrovi un roster assemblato con molti stranieri che vengono da diverse esperienze, e la lingua ufficiale è l’inglese che pur se parlato ormai da tutti può creare qualche difficoltà. Quindi in A2 con otto atleti italiani hai la possibilità di plasmare una mentalità, un gioco di squadra, e per me che sono un allenatore a cui piace dare un sistema alla propria squadra questa è una cosa importante per lavorare al meglio. E credo senza dubbio - ha continuato Lardo - che mentre in serie A ci si concentra di più sull’individualità ed il talento dei singoli, in A2 si vede una migliore pallacanestro basata sul gioco d’insieme».
«Credo che la cosa più importante sia innanzitutto cosa si vuole fare, e non dove si allena - ha invece commentato Cesare Pancotto -. Quando un allenatore vuole insegnare pallacanestro come me, non importa la serie. Cambiano gli individui che devi allenare e che devi motivare, ma l'importante è che si conosca il proprio ruolo, cioè quello di lavorare dando valore alla parola allenatore o istruttore in base alla categoria nella quale si milita».
PANCOTTO: "E' IMPORTANTE COSA SI VUOLE FARE, E NON DOVE SI ALLENA, SE L'IMPEGNO E' QUELLO DI INSEGNARE PALLACANESTRO DANDO VALORE ALLA PAROLA ALLENATORE" |
La motivazione è senz’altro l’incentivo che ha spinto tecnici di questo spessore ad accettare offerte provenienti dal secondo campionato. È anche vero che oggi la concorrenza si è fatta molto competitiva, e spesso i club guardano più al dato economico. «Parto dal presupposto che a me piace allenare - ha risposto Pancotto -. Considero che il basket non abbia dimensione, nel senso che tra l’Eurolega e l’A2 cambia l’importanza della serie ma non il fatto di dover insegnare a giocare. Poi si tratta di una sfida, perché sono ritornato ad allenare nel mio territorio con tutte le difficoltà che si devono affrontare. E infine perché mi sono sentito scelto dalla società di Montegranaro, cosa molto fondamentale».
«Ci sono diversi fattori, e spesso personali - ha invece dichiarato Lardo -. Adesso le dinamiche del mercato sono abbastanza diverse rispetto a quindici anni fa quando c’erano delle vere e proprie categorie di allenatori di serie A e di serie A2. Io guardo molto al progetto che mi viene proposto. Devo anche dire che negli anni sono cresciuti molto i giovani tecnici, e questo ha fatto sì che si alzasse la concorrenza. Per questo qualche società ha deciso di puntare su assistente validi, maturati anche per merito della navigata esperienza in A dei capi allenatori che hanno avuto, e che poi li hanno rimpiazzati. Nel mio caso attuale, con Scafati c’erano stati già degli abboccamenti in anni passati, ma questo era il momento giusto».
L’esperienza maturata in tanti anni di carriera ad alto livello da questi allenatori può essere senz’altro un volano per far crescere non solo i giovani giocatori, ma in una visione più globale le stesse società in cui lavorano e addirittura l’intera struttura del campionato di A2.
LARDO: "COMUNQUE E' BELLO RIMETTERSI IN GIOCO ANCHE IN AMBIENTI NON COSI' SEMPLICI E AMBIZIOSI COME LE PIAZZE CHE HANNO GRANDI PROGETTI" |
«Ho dimostrato di poter allenare ad alto livello, ma penso che sia bello - ha continuato Lardo - anche mettersi in gioco e lavorare in ambienti non così semplici e ambiziosi come possono essere le grandi piazze. Credo di aver vinto quasi tutte queste sfide riuscendo a rilanciare dei progetti portando valori come l’esperienza e la professionalità. Sinceramente sento di essere stato pronto ovunque ho allenato, da Reggio Calabria a Udine, dove è stato fatto un lavoro straordinario e mi sono messo in discussione scendendo addirittura in serie B. Perciò mi piace allenare con l’obiettivo di far crescere sia i giocatori che le società, ma questo non toglie che abbia ancora tanta ambizione di ritornare ad allenare ad alto livello».
«Credo che ogni allenatore debba portare il proprio contributo, che sia tecnico, tattico o solo di energia - ha invece commentato Pancotto - ovunque allena. Abbiamo il dovere di far crescere il nostro movimento, di migliorare i nostri atleti e di creare risultati per le società. Per cui non ho l’ambizione di pavoneggiarmi in merito alla mia maturata esperienza rispetto ad un collega più giovane, ma penso solo a far bene quello per cui sono capace cercando ogni giorno di trasferirlo ai miei giocatori e ad un sistema dal quale chiunque può apprendere degli insegnamenti tecnici».
L’A2 si è guadagnata la fama di essere il campionato degli italiani perché è dove gli atleti nostrani riescono ad esprimersi al meglio. Non è un caso se lo scorso anno Federico Mussini ha deciso di trasferirsi all’Alma Trieste invece di proseguire il massimo campionato con la Grissin Bon Reggio Emilia; oppure come Amedeo Tessitori che grazie all’esperienza alla De’Longhi Treviso si ritrova ad essere nel giro della nazionale maggiore. Insomma riapriamo il dibattito sull’utilizzo degli italiani, che più che imposto da regole dovrebbe diventare una cultura in massima serie.
PANCOTTO: "ABBIAMO UN DOVERE BEN PRECISO: FAR CRESCERE IL MOVIMENTO, MIGLIORARE I NOSTRI ATLETI E OTTENERE RISULTATI PER LE SOCIETA' CHE CI DANNO FIDUCIA" |
«Penso che l’obiettivo di ciascun giocatore sia quello di diventare un atleta globale - ha dichiarato Pancotto -, perché non si può pensare di giocare per tutta la carriera in un’unica serie altrimenti sarebbe restrittivo per il proprio percorso di crescita. Proprio per questo sin da quando alleno ho sempre dato un’opportunità a chiunque, soprattutto ai giovani ma in generale ai giocatori italiani avendo fiducia nella nostra scuola di formazione. Naturalmente in A2 per la conformazione dei roster si esalta questo concetto, ma ribadisco che è importante che i nostri atleti lavorino con l’ambizione di migliorare sempre e comunque. La qualità di questo campionato è alta proprio perché ci sono ottimi allenatori e giocatori disposti a lavorare duro».
«Da sempre sono stato dalla parte degli italiani, dicendo che meritano più spazio anche in serie A. Capisco le esigenze dei proprietari e delle squadre che ingaggiano gli stranieri per fini di risultato o per aumentare lo spettacolo - ha affermato Lardo -, però negli ultimi anni tutti questi grandi campioni non si sono visti in Italia. E allora penso che bisognerebbe lavorare di più sugli italiani. Sento dire da più parti che se sono bravi giocano, il problema è che lo devono dimostrare e tante volte guardando alcune partite di massima serie si vedono dieci stranieri in campo. Allora la domanda che dobbiamo porci è come fanno in questo modo i ragazzi a crescere? Poi ci sono anche atleti di talento che riescono a ritagliarsi il proprio spazio, ma gli altri che possono aspirare a giocare su quei palcoscenici non hanno l’opportunità di mettersi in mostra. Così scendono in A2 dove c’è la possibilità di giocare, di fare esperienza e anche di sbagliare. Detto ciò, non possiamo poi lamentarci se in nazionale, che ha comunque dei sui cicli generazionali, abbiamo giocatori con poca esperienza internazionale e che non hanno quella tempra di prendersi le responsabilità. Nella stagione in cui ho allenato in B a Udine, ho visto degli atleti sconosciuti davvero molto bravi. Perciò - ha concluso Lardo - dobbiamo avere il coraggio di andare a scovare i ragazzi e di farli giocare, limitando gli stranieri, e si vedrà che i talenti ce li abbiamo ancora».
Il curriculum di Pancotto, Bucchi, Lardo e Valli
IL COACH DELLE METROPOLI PIERO BUCCHI |
Cesare Pancotto è l’allenatore di A2 con il maggior numero di campionati di A alle spalle: 21. Classe ’55 ha allenato tra le altre Forlì, Pistoia, Siena, Trieste, Udine, Avellino, Cremona, vincendo tre campionati di A2 e due premi di coach dell’anno di A. Piero Bucchi, bolognese classe ’58, è il coach delle metropoli avendo guidato Roma, Napoli e Milano. Ha iniziato in A2 a Rimini per poi andare a vincere a Treviso Coppa Italia e Supercoppa. A Napoli ha prima vinto l’A2 e poi la Coppa Italia, mentre a Milano ha raggiunto due finali scudetto. Ripartito da Brindisi in A2 ha fatto affermare il club pugliese in massima serie. Lino Lardo, classe ’59 di Albenga, ha iniziato come assistente di Carlo Recalcati a Bergamo. Dopo l’escalation che lo ha visto a Reggio Calabria e Milano centrando il premio di coach dell’anno e una finale scudetto, ha riportato Rieti in serie A prima di andare a Bologna. Giorgio Valli, modenese classe ’62, cresciuto nella Virtus Bologna è diventato assistente di Ettore Messina e vinto nel 1997/98 il double scudetto-Eurolega. A Treviglio in B la prima esperienza da capo allenatore, poi Scafati e Ferrara con cui ha ottenuto due promozioni e una Coppa Italia di A2.
*: per il mensile BASKET MAGAZINE
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giovedì 6 dicembre 2018
Guglielmo Talento: «I tempi cambiano e ci si evolve. Il Coni ha bisogno di un restyling»
di Giovanni Bocciero*
Caserta - Il Comitato provinciale Coni di Caserta ha celebrato con le stelle al merito sportivo e le medaglie al valore atletico gli atleti e le società che si sono distinti nell’anno 2017. Alla cerimonia tenutasi presso la Scuola specialisti dell’Aeronautica Militare ha partecipato anche il consigliere della Giunta nazionale Coni, Guglielmo Talento, e ne abbiamo approfittato per porgli alcune domande riguardanti la Riforma dello Sport inserita nella Legge di Bilancio 2019.
D: Come giudica la riforma della Coni Servizi SpA tanto voluta dal sottosegretario di Stato (con delega allo Sport), Giancarlo Giorgetti?
R: «Certamente stiamo vivendo un momento in cui il Coni è sotto la lente d’ingrandimento della politica e dell’opinione pubblica in generale in quanto se ne sta parlando molto sui giornali. Io credo che un ente quale il Coni, che ha ben 104 anni di storia, deve guardare al futuro senza restare incatenato alle logiche del passato. I tempi cambiano, ci si evolve, ed anche la nostra istituzione sportiva ha bisogno di un restyling. Inoltre la nuova riforma deve ancora essere del tutto scoperta e capita, e per questo abbiamo davanti diversi mesi di lavoro» – ha dichiarato Talento a Sporteconomy.
IL CONSIGLIERE DELLA GIUNTA NAZIONALE CONI GUGLIELMO TALENTO |
D: Lo scopo principale della Riforma dello Sport che subito balza agli occhi sembra essere quella di avvicinare lo sport d’alto livello con quello di base, che è fondamentale per l’intero movimento?
R: «Non finirò mai di ringraziare le migliaia di volontari che ogni giorno ruotano intorno al nostro mondo permettendoci – ha continuato Talento – di svolgere appieno quella che è la nostra attività primaria. Lo sport è sociale, e quindi non dobbiamo solo pensare alle Olimpiadi o alle manifestazioni più importanti. È importante tornare a fare sport nella Scuola, che deve essere il nostro principale stakeholders».
D: A proposito di stakeholders, lei è stato forse tra i primi a parlare di sport business nella visione in cui i posti di lavoro non devono essere ricercati solo nelle fabbriche, ma che anche un centro sportivo, con la sua gestione, può portare a nuove assunzioni oltre che ad introiti. Ci sono però diverse federazioni sportive che sopravvivono praticamente solo grazie ai finanziamenti del Coni, senza aver colto l’importanza di aprirsi agli stakeholders.
R: «Purtroppo è vero, e quando si tocca questo tasto non si può non parlare di soldi. Io credo, che, per prima cosa, bisogna accorpare tante piccole federazioni che negli anni si sono approvvigionate solo ed esclusivamente grazie ai finanziamenti del sistema. Oggi chiunque ha l’ambizione di farsi chiamare presidente, e questo non va bene, soprattutto perché dobbiamo ricordarci che si tratta dei soldi dei contribuenti, e quindi dei cittadini italiani. Per questo bisogna essere lungimiranti, guardare all’esterno e ricercare fondi nei stakeholders, che possono avere interesse nelle nostre attività».
D: Il prossimo luglio Napoli ospiterà l’Universiade. Quale sarà il contributo del Coni e come parteciperà alla gestione dei costi?
R: «Il Coni ha lasciato la cabina di regia dell’organizzazione agli Enti che si sono aggiudicati il finanziamento dello Stato, come è giusto che sia. Questo significa che noi come istituzione sportiva daremo il nostro sostegno solo dal punto di vista logistico e pratico. Ovviamente – ha concluso Guglielmo Talento – io in qualità di consigliere nazionale e Sergio Roncelli, quale presidente regionale del Coni, siamo a completa disposizione del Comitato Organizzatore Locale».
* per SPORTECONOMY --- Link originale
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