Chi è Donte, l'italiano che ha conquistato due titoli Ncaa con Villanova
DiVincenzo, l'azzurro nel cuore
Scelto da Milwaukee, ha potuto giocare nella Nba solo 27 partite, bloccato da un infortunio. In arrivo la naturalizzazione
di Giovanni Bocciero*
COSA
HANNO in comune Gregor Fucka, Marcelo Damiao, Nikola Radulovic, Mike Sylvester,
German Scarone, Dante Calabria, Dan Gay, Mason Rocca, Mark Campanaro, Christian
Burns e Jeff Brooks? Che hanno indossato la casacca azzurra della nazionale di
pallacanestro da naturalizzati. Ed è quello che potrebbe accadere anche a Donte
DiVincenzo, guardia dei Milwaukee Bucks in procinto di ottenere il passaporto
italiano e magari difendere i colori dell’Italia già al prossimo mondiale in
Cina.
DA
MICHAEL JORDAN A BIG RAGÙ. DiVincenzo è nato e cresciuto nel Delaware, di certo
non uno stato conosciuto per la pallacanestro. Tre infatti sono i soli
giocatori da lì provenienti che sono riusciti ad arrivare in Nba, tutti con
meno di 200 presenze: Terence Stansbury, A.J. English visto anche in Italia a
Trieste, Roma, Forlì e Pistoia, e Laron Profit passato per Montegranaro.
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CRESCIUTO TRA CALCIO E BASKET, HA SCELTO LO SPORT DEI CANESTRI MERITANDOSI IL NICKNAME DI 'JORDAN DEL DELAWARE' |
Sin
da piccolo Donte è un ragazzino che stenta a stare fermo, e così si divide tra
il calcio e il basket. Qualche suo professore se lo ricorda, a sei anni, che
seguiva il fratello maggiore in palestra mettendosi in disparte a palleggiare e
tirare fino a quando il custode non arrivava per chiudere la struttura. In
piena adolescenza lascia per sempre i campi in erba per dedicarsi corpo e mente
alla pallacanestro. Ben presto si fa notare per le sue qualità tanto da
conquistarsi il soprannome di ‘Michael Jordan del Delaware’. È il piccolo stato
del Delaware, appunto, per questo pur se si distingue non arriva ad avere una
grande fama a livello nazionale. Essendo un prospetto quattro-stelle viene
avvicinato comunque da qualche università prestigiosa come Syracuse, Notre Dame
e Villanova. Alla fine dopo un vero e proprio percorso spirituale con padre
Christian Beretta, cappellano alla Salesianum High, ha scelto di frequentare
Villanova perché più vicina a casa. L’ambientamento al college non è semplice,
perché passa da una situazione in cui faceva praticamente quel che voleva, fuori
e dentro il campo, ad una in cui è costretto ad entrare in punta di piedi.
Oltretutto
nel suo primo anno, dopo otto gare, si fa male ad un piede e non contribuisce
per nulla alla vittoria del titolo Ncaa del 2016. È un leone in gabbia, si lega
particolarmente a padre Robert Hagen - cappellano della squadra - che lo aiuta
a superare il difficile momento. Nel secondo anno è una furia e nella gara
contro Virginia il giornalista Gus Johnson lo chiama Big Ragù. Il nickname è
piuttosto semplice da capire date le sue origini italiane e la capigliatura
color rosso malpelo. Nonostante ciò ha ancora tanto da imparare, coach Jay
Wright lo reputa un gran talento offensivo ma molto meno difensivo, e per l’equilibrio
della squadra è relegato a sesto uomo. Ruolo che gli sta stretto ma che accetta
con grande dedizione. L’apice l’ha raggiunto nella finale Ncaa del 2018, quando
è stato illuminato da una onnipotenza cestistica che gli ha permesso di guidare
i Wildcats al successo e di essere nominato quale Most Outstanding Player della
partita.
DA
EROE ALLA NBA. Quella partita lo hanno reso un vero e proprio eroe, oltre ad
avergli spalancato le porte della Nba. Ma DiVincenzo ha comunque vissuto altri
momenti importanti lungo la sua giovane carriera che lo hanno forgiato. Ad
esempio al liceo è stato protagonista di un palpitante finale thriller che lo
ha visto andare in lunetta, a tempo scaduto, nella partita decisiva per la
regular season. Purtroppo per lui sbagliò entrambi i tiri liberi e la sua
squadra perse contro la Smyrna High. Smaltita l’amarezza però, ha poi
trascinato la squadra al suo secondo titolo consecutivo.
La
fama spesso accende le luci sul passato, ed è così che la vittoria del titolo
Ncaa 2018 ha fatto scoprire un’altra personalità del ragazzo. Ma andiamo con
ordine. DiVincenzo sembra essere stato sempre un po’ ribelle, un ragazzo
scapestrato che da adolescente ne ha fatte di cotte e di crude. E così dopo
essere salito alla ribalta nazionale, in tanti hanno cercato più notizie su di
lui spulciando anche tra i social. E sul suo profilo Twitter sono spuntati dei
post risalenti al 2011 e al 2012 nei quali faceva commenti razzisti ed omofobi.
Questo ha macchiato la sua persona ma non ne ha precluso l’ascesa.
Tecnicamente
è molto migliorato sotto la guida di coach Wright, diventando un buon tiratore
da tre ed un ottimo passatore. Soprattutto ha imparato a difendere e a rimanere
sempre concentrato nell’arco di un’intera partita. Le capacità atletiche non si
discutono, con un’esplosività che gli permette di arrivare al ferro come e
quando vuole. Tutte queste qualità gli hanno permesso di strappare una chiamata
al draft, nel quale a sceglierlo sono stati i Milwaukee Bucks. E qui c’è da
aprire una parentesi. Il papà di Donte, infatti, è tifoso proprio dei Bucks sin
dai tempi di Lew Alcindor, meglio conosciuto come Kareem Abdul-Jabbar. Conserva
con grande gelosia la maglia da gioco di Ricky Pierce, ex cestista passato
anche nel Wisconsin tra le tante squadre Nba per cui ha giocato, e quando il
figlio è andato a svolgere il work-out a Milwaukee gli ha chiesto di portargli
un gadget della franchigia. Per inciso, anche il padre fu oggetto di un tweet
poco carino quando Donte decise di abbandonare il calcio - lo sport
evidentemente della famiglia, forse anche per le origini italiane - per la
pallacanestro. Alla fine c’è finito a giocare nel Wisconsin, e questo ha reso
molto felice ed orgogliosa l’intera famiglia. Nonostante tutto.
La
carriera di DiVincenzo sembra comunque dover essere un distillato di pazienza,
perseveranza e umiltà, perché in questa stagione da rookie ha prima sofferto
per un infortunio al tallone d’Achille e a fine marzo è stato fermato da una
borsite bilaterale del calcagno che gli ha fatto terminare anzitempo la
stagione. Non dovrà essere operato ma seguire soltanto una terapia conservativa
che gli dovrebbe permettere di tornare in campo già dall’estate. Chissà se in
preparazione per il mondiale.
UN
SIMIL-ARCIDIACONO. Tra la carriera di Donte DiVincenzo e quella dal suo compagno
Ryan Arcidiacono ci sono molte similitudini. Ed oltre al fatto di aver vinto
insieme con Villanova, potrebbero fare uno stesso cammino in Nba. Arcidiacono
dopo l’exploit del 2016 in cui fu nominato anch’esso Most Outstanding Player
nella finale Ncaa, ha un po’ faticato da professionista ripiegando addirittura
nel venire a Caserta - prima che la società fallisse - due stagioni fa. Adesso
invece si sta ritagliando un ruolo quasi da protagonista ai Chicago Bulls.
Anche per DiVincenzo potrebbero servire un paio di anni prima di affermarsi
anche tra i ‘grandi’.
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IN ESTATE VERRA' IN ITALIA E SPERA CHE IL PASSAPORTO GLI VENGA CONSEGNATO IN TEMPO PER PRENDERE PARTE AL MONDIALE |
Ma
non solo il college e l’Nba, un’altra similitudine che accomuna i due ragazzi è
la possibilità di usufruire del passaporto italiano e diventare arruolabile per
la nazionale del Ct Meo Sacchetti. Per la verità questa opzione ormai è da
scartare per Arcidiacono, i cui nonni rinunciarono alla nostra cittadinanza.
Non è però questo il caso dei nonni di DiVincenzo, originari della Sicilia.
DiVincenzo aveva già in programma di venire in Italia la prossima estate, ma
chissà che causa l’infortunio non possa anticipare il suo primo viaggio nel
nostro paese per visitare la Sicilia appunto, della quale il nonno gli ha tanto
raccontato. Verrà anche per firmare gli ultimi documenti e ottenere la
cittadinanza, ma non è chiaro se il giocatore riuscirà ad ottenere il
passaporto in tempo per la competizione mondiale. Con tutta la documentazione a
posto, DiVincenzo risulterebbe naturalizzato e questo creerebbe un bel
grattacapo a coach Sacchetti. Infatti da regolamento vi è un solo posto per i
passaportati, e come DiVincenzo fanno parte di questa categoria anche Burns e
Brooks. Entrambi si sono prodigati durante le qualificazioni al mondiale di
Cina, e soprattutto il secondo è risultato preziosissimo per raggiungere la
qualificazione. Pur non spiccicando una parola in italiano, Donte ha seguito
tutte le partite della nazionale sullo smartphone e spera di poter giocare per
difendere i colori azzurri. Per la sua famiglia, questo, sarebbe un grande
orgoglio. Per il momento si pensa solo a fantasticare, con il desiderio che il
tutto si concretizzi e diventi realtà. E Sacchetti permettendo, ovviamente.
LA SCHEDA
Donte
DiVincenzo è nato a Newark, stato del Delaware, il 31 gennaio del 1997. Figlio
di John F. e Kathie DiVincenzo, si è diplomato alla Salesianum School che ha
guidato alla vittoria del campionato statale per due anni consecutivi. Ha
frequentato la Villanova University con cui ha vinto due titoli Ncaa facendo
registrare il career-high di 31 punti nella finale del 2018 venendo nominato
Mvp. È stato scelto dai Milwaukee Bucks con la chiamata numero 17 al draft.
Quest’anno in Nba ha giocato 27 partite con un career-high di 15 contro
Orlando. In 15’ di media ha 4.9 punti, 2.4 rimbalzi e 1.1 assist.
ITALIANS - Moretti leader di Texas Tech, in evidenza Lever e Stefanini
Sono tanti i giovani italiani
che hanno preferito solcare l’oceano per cercare fortuna in America. Infatti se
ne contano oltre venti che giocano in giro per gli Stati Uniti, dall’Ncaa alla
High School. Un numero cospicuo ed interessante in ottica azzurra tanto da
spingere la federazione ad assegnare a Rick Fois - assistant coach alla Gonzaga
University e nello staff della nazionale con Ettore Messina - il compito di
monitorarli tutti.
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DAVIDE MORETTI PROTAGONISTA NELLA FINALE NCAA 2019 |
Andati negli States per fare la vita dello studente-atleta,
quello che maggiormente sta incidendo è sicuramente Davide Moretti. Con Texas
Tech ha vinto la Big 12 spodestando dopo 14 anni Kansas, ed il suo contributo è
stato consistente: in 21 delle ultime 23 gare è andato in doppia cifra. Ottime
anche le stagioni di Alessandro Lever a Grand Canyon e Gabe Stefanini a
Columbia, spesso e volentieri leader delle proprie squadre. Mentre Francesco
Badocchi ha pagato un infortunio a Virginia, i due napoletani Guglielmo Caruso
ed Ethan Esposito hanno ben figurato rispettivamente a Santa Clara e Sacramento
State. Scendendo al liceo, la stellina Nico Mannion - promesso sposo di Arizona
- è stato in lizza per il premio di Giocatore dell’anno grazie alla sua annata
da 30 punti di media, ed ha partecipato al prestigioso McDonald’s All-American.
Un altro figlio d’arte si è ben distinto, ovvero Mattia Acunzo che ha vinto da
protagonista il campionato statale della Pennsylvania con Kennedy Catholic ed
ha accettato la borsa di studio dell’University of Toledo.
* per la rivista BASKET MAGAZINE