Warriors vs James, la storia infinita
di Giovanni Bocciero*
Quattro anni dopo
LeBron James è di nuovo ad un bivio: restare o partire? La prima volta che
dovette prendere questa decisione fu il 2010. Dopo essere stato eliminato in
semifinale della Eastern Conference da Boston lasciò Cleveland per trasferirsi
a Miami con l'ossessione di vincere il suo primo titolo. Dopo quattro NBA
Finals e solo due anelli conquistati, nel 2014 decise di compiere il percorso
inverso tornando ad indossare la casacca dei Cavs con l'ossessione, stavolta,
di vincere il titolo a casa sua. Esattamente quattro anni dopo, altre quattro
NBA Finals e solo un campionato regalato alla sua gente, si ritrova a dover
rispondere nuovamente alla domanda: restare o partire?
COME DA COPIONE. Alzi
la mano chi si fosse aspettato un finale diverso delle finali tra Golden State
e Cleveland. Il secco 4-0 con il quale i Warriors si sono laureati campioni NBA
per il secondo anno consecutivo, e terzo negli ultimi quattro, ha palesato un
incredibile dominio di Steph Curry e compagni. Non è bastato il James più in
palla delle ultime stagioni, che qualche pausa soprattutto in gara 3 e 4 se l'è
comunque presa. Non sono stati sufficienti neppure i momenti narcisistici dei
ragazzi di coach Steve Kerr a rovinare lo spartito del team della Baia, che in
alcuni frangenti hanno letteralmente giocato con gli avversari prima di
chiudere la pratica con il killer che porta il nome di Kevin Durant, non a caso
di nuovo Mvp delle finali.
I Cavaliers sono stati
poca cosa per impensierire gli sfidanti. E proprio come le due facce di una
stessa medaglia, dove finiscono i meriti cestistici di LeBron iniziano i suoi
demeriti relazionali. Giocare con lui non è facile, nonostante le statistiche.
Queste finali sono state giocate con il fantasma di Michael Jordan che
aleggiava sia su James che sui Warriors. I paragoni su chi è il miglior
giocatore e la miglior squadra di sempre li lasciamo volentieri a voi, anche
perché non è questa la sede adatta per discuterne. Sono stati comunque
ingenerosi i fischi dei tifosi dell’Ohio che hanno accompagnato gli ultimi
minuti di gara 4 della propria squadra, che in maniera miracolosa è riuscita ad
arrivare sin lì. E addirittura sono stati irrispettosi quando hanno infastidito
la premiazione di Golden State, che ha meritato per gioco espresso e freddezza
dimostrata di portare a casa il trofeo intitolato a Larry O’Brien.
I Warriors hanno
dimostrato di essere una macchina perfetta, e che costruiti per vincere
raramente falliscono. Soprattutto Curry e Durant hanno deliziato il palato dei
milioni di appassionati sparsi in tutto il mondo. Il primo ha disputato, forse,
le sue migliori NBA Finals rispettando il suo valore e segnando dei canestri
dalla lunga distanza che ormai non fanno neanche più notizia. Del secondo
rimarrà impressa la sua straordinaria performance in gara 3, con la quale ha
sancito la vittoria per la sua squadra, e si è fatto apprezzare perché non ha
mai voluto prendersi la scena. Ma davvero, per parlare di questi Golden State non
si può fare a meno di nominare tutti i giocatori del roster, che portano sempre
il loro prezioso quanto vitale contributo. Ormai ad Oakland è stata appresa una
mentalità così vincente che pure il nuovo arrivato Jordan Bell sa come
affrontare un appuntamento così importante. E le immagini che lo hanno visto
ascoltare i consigli di un veterano come Andre Iguodala - monumentali le poche
giocate di cui è stato protagonista al rientro - non possono che essere prese
come monito per chiunque.
SCURO IN VOLTO.
Terminata la decisiva gara 4 LeBron James ha imboccato immediatamente la via
degli spogliatoi, abbracciando prima la madre e poi baciando la moglie, per
scomparire dietro le porte. Il viso diceva tutto o quasi. Rammaricato per
l'ennesima sconfitta in finale; frustrato perché nella storia di questo sport dovrà
condividere la sua era con i Warriors; pensieroso per il prossimo futuro che lo
attende: restare o partire? Inutile dire che ha la fila fuori la porta di casa,
e che si è guadagnato il potere di decidere dove andare a giocare. In molti
farebbero carte false per firmarlo, ma solo pochi possono permettergli di
vincere domani, che è la cosa alla quale mira.
Decidere di restare a
Cleveland non è affatto semplice, sotto vari punti di vista. In primis per l'ambiente,
visto che il rapporto tra James e il proprietario Dan Gilbert non è mai stato
idilliaco, e lo è ancor meno oggi. In secondo luogo il roster, che è ingolfato
in termini di salary cap ma non è all'altezza delle altre contender. Sono
complessivamente oltre 95 i milioni che percepiranno per i prossimi due anni i
vari Kevin Love, George Hill, Tristan Thompson, J.R. Smith, Kyle Korver e
Jordan Clarkson. E fa ridere che il solo Love, a tratti, è stato da sostegno a
LeBron.
INTRECCI DI MERCATO. Di
certo James non scioglierà il nodo del suo futuro molto presto, ma si limiterà
a stare alla finestra e capire come si muoveranno da una parte i free-agent, o meglio
dire Paul George (ufficiale il suo rinnovo ad Oklahoma City, ndr); e dall’altra i Cavaliers. Per convincerlo a restare la
dirigenza di Cleveland pare abbia messo gli occhi su Kemba Walker e soprattutto
Kawhi Leonard, ormai in rottura con coach Gregg Popovich. Arrivassero loro due
nell’Ohio la questione si farebbe parecchio interessante, ma in termini di
contropartite sono davvero poche le opzioni. Il problema, inoltre, è che se per
arrivare al primo non dovrebbero esserci grandi complicazioni visto che
Charlotte sembra in fase di rebuilding, per il secondo la questione si fa molto
più complessa. Due i principali motivi. Gli Spurs sarebbero disposti a perderlo
da free-agent l’estate prossima; il diretto interessato ha chiesto di essere
ceduto o ai Lakers o ai Clippers, essendo lui di Riverside.
E qui nascono gli intrecci di mercato che vorrebbero
James in procinto di trasferirsi nella Città degli Angeli (ufficiale dallo scorso primo luglio, ndr). La famiglia, ed in
particolare la moglie, ha già da tempo benedetto tale trasloco. Firmando con i gialloviola
Lebron non solo andrebbe in un roster giovane con giocatori talentuosi, ma
potrebbe ritrovarsi come compagni di squadra il già citato Leonard e George.
Quest’ultimo è dall’estate scorsa che ha fatto capire di voler andare a giocare
ai Lakers, essendo di Palmdale, e adesso ha il potere di farlo. I Lakers hanno
inoltre i mezzi per strappare Leonard a San Antonio, così da calare il tris
d’assi.
* per il mensile BASKET MAGAZINE. Scritto il 22/06/2018
Nessun commento:
Posta un commento