lunedì 20 aprile 2020

I dollari della G-League risolvono il problema "pagamenti" al college


Di Nico Landolfo e Giovanni Bocciero

Non è un caso, non lo è di certo e le tracce sembrano far pensare ad un piano ben architettato. Altrettanto inverosimile è che la rivoluzione americana del mondo sportivo arrivi nel momento in cui si devono massimizzare i guadagni perché tutto il mondo – e parecchi stipendi con esso – sono belli che messi in freezer. La scelta di coach Sam Mitchell per la franchigiadella California del Sud della G-League, una delle "special ones" che avranno calendario speciale e soprattutto che vedranno tra le proprie fila i top prospect delle HS che non sceglieranno il college. Quindi sarà l’ex coach dei Raptors – anche coach dell’anno NBA nel 2007 - a supervisionare la maturazione cestistica di Jalen Green, colui che ha scavalcato il muro, l’asteroide che distrugge le fondamenta giurassiche delle certezze del basket “fatto in casa” made in USA. Non è buttata lì la scelta di Mitchell, uno che era stato sputato dalla NBA (3° giro, 54ma scelta di Houston al draft 1985), che ha dovuto guadagnarsi da vivere tra campionati militari, la Francia (a Montpellier sotto coach Pierre Galle) e soprattutto la vecchia CBA (Wisconsin Flyers e Rapid City Thrillers), ossia la vecchia lega di sviluppo. Sarà questo, sarà altro, prima ad Indiana che poi soprattutto a Minnesota, il suo ruolo è importante, ma anche e soprattutto quello di mentoring di giovani prospetti. E se il nome di Kevin Garnett, che divenne il suo protetto nell’anno da rookie, può essere indicativo, si capisce perché il Commissioner Shareef Abdul-Rahim abbia pensato proprio all’ex coach di Andrea Bargnani a Toronto – tra i tanti allenatori senza pino su cui sedere – per la sua prima nuova franchigia della “nuova era” targata G-League.


Non è un caso la scelta di Mitchell, a maggior ragione per i suoi precedenti. Un incarico, quello cucitogli su misura come un abito, che assomiglia ad un ponte tra il liceo ed il professionismo così da bypassare appositamente il college. Solo un anno fa, infatti, Mitchell era assistant coach di Penny Hardaway a Memphis. Università che quest’anno si è accaparrata le prestazioni del miglior prospetto degli States James Wiseman, e altri cinque prospetti della Espn top 100. Il reclutamento di Wiseman è poi finito sotto inchiesta, con squalifica del giocatore che ha deciso di lasciare anzitempo l'università e prepararsi individualmente per il prossimo draft che lo vedrà essere chiamato con una delle prime tre scelte. La domanda che bisogna porsi, adesso, è però un altra. La Ncaa sopravvivrà senza i top prospect? La risposta: sì. Le storiche rivalità, la March Madness, sono troppo coinvolgenti ed appassionanti, e poi alla fine vince sempre l'università con il miglior sistema di gioco e non quella con i talenti. E allora c'è da pensare. Se è vero che il tutto sembra così ben architettato, non può esserci che ci sia il placet della stessa Ncaa. E allora altro che "dito medio della NBA". Insomma, così facendo la commissione del college si toglierebbe una volta per tutte l'incombenza di dover stare appresso a questi giovani talenti e indagare se vi siano stati dei "pagamenti" o meno nella scelta del college. A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina.



Nessun commento:

Posta un commento