Di Nico Landolfo e Giovanni Bocciero
Non è un caso, non lo è di certo e le tracce sembrano far pensare ad un
piano ben architettato. Altrettanto inverosimile è che la rivoluzione americana
del mondo sportivo arrivi nel momento in cui si devono massimizzare i guadagni
perché tutto il mondo – e parecchi stipendi con esso – sono belli che messi in
freezer. La scelta di coach Sam Mitchell per la franchigiadella California del Sud della G-League, una delle "special ones" che
avranno calendario speciale e soprattutto che vedranno tra le proprie fila i
top prospect delle HS che non sceglieranno il college. Quindi sarà l’ex coach
dei Raptors – anche coach dell’anno NBA nel 2007 - a supervisionare la maturazione cestistica di Jalen Green, colui che ha scavalcato il muro, l’asteroide che distrugge le fondamenta giurassiche delle certezze del
basket “fatto in casa” made in USA. Non è buttata lì la scelta di Mitchell, uno
che era stato sputato dalla NBA (3° giro, 54ma scelta di Houston al draft
1985), che ha dovuto guadagnarsi da vivere tra campionati militari, la Francia
(a Montpellier sotto coach Pierre Galle) e soprattutto la vecchia
CBA (Wisconsin Flyers e Rapid City Thrillers), ossia la vecchia lega di
sviluppo. Sarà questo, sarà altro, prima ad Indiana che poi soprattutto a
Minnesota, il suo ruolo è importante, ma anche e soprattutto quello di
mentoring di giovani prospetti. E se il nome di Kevin Garnett, che
divenne il suo protetto nell’anno da rookie, può essere indicativo, si capisce
perché il Commissioner Shareef Abdul-Rahim abbia pensato
proprio all’ex coach di Andrea Bargnani a Toronto – tra i
tanti allenatori senza pino su cui sedere – per la sua prima nuova franchigia
della “nuova era” targata G-League.
Non è un caso la scelta di Mitchell, a maggior ragione per i suoi
precedenti. Un incarico, quello cucitogli su misura come un abito, che
assomiglia ad un ponte tra il liceo ed il professionismo così da bypassare appositamente il
college. Solo un anno fa, infatti, Mitchell era assistant coach di Penny
Hardaway a Memphis. Università che quest’anno si è accaparrata le
prestazioni del miglior prospetto degli States James Wiseman, e
altri cinque prospetti della Espn top 100. Il reclutamento di Wiseman è poi
finito sotto inchiesta, con squalifica del giocatore che ha deciso di lasciare
anzitempo l'università e prepararsi individualmente per il prossimo draft che
lo vedrà essere chiamato con una delle prime tre scelte. La domanda che bisogna
porsi, adesso, è però un altra. La Ncaa sopravvivrà senza i top prospect? La
risposta: sì. Le storiche rivalità, la March Madness, sono troppo coinvolgenti
ed appassionanti, e poi alla fine vince sempre l'università con il miglior
sistema di gioco e non quella con i talenti. E allora c'è da pensare. Se è vero
che il tutto sembra così ben architettato, non può esserci che ci sia il placet
della stessa Ncaa. E allora altro che "dito medio della NBA". Insomma, così
facendo la commissione del college si toglierebbe una volta per tutte
l'incombenza di dover stare appresso a questi giovani talenti e indagare se vi
siano stati dei "pagamenti" o meno nella scelta del college. A pensar
male si fa peccato ma spesso si indovina.
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