sabato 31 luglio 2021

Michigan, tra la cultura di Howard e il top recruiting

Michigan, tra la cultura di Howard e il top recruiting


di Giovanni Bocciero*


Quando nel 2019 coach John Beilein aveva lasciato Michigan dopo dodici anni e due finali Ncaa (2013 e 2018), rilanciando un programma che aveva forse toccato il fondo, i tifosi erano caduti quasi in depressione. La scelta del nuovo allenatore era ricaduta su Juwan Howard, un esordiente che però conosce molto bene l’ambiente essendo stato protagonista degli iconici Fab Five che, con la doppia finale del 1992 e 1993, avevano rappresentato l’apice della storia dell’università di Ann Arbor.


La cultura del lavoro

Le incognite riguardanti questo matrimonio erano davvero tante. Due anni dopo, quella scelta si è rivelata più che azzeccata. Con il suo lavoro certosino, il coach è stato capace non solo di mantenere la squadra sugli stessi livelli, ma addirittura di alzare l’asticella. E lo ha fatto portando la sua cultura del lavoro.

Quella cultura forse appresa da assistente ai Miami Heat e della quale ha parlato anche il commentatore Bill Raftery. Lavoro, impegno, sacrificio, gruppo: sono queste le parole chiave che contraddistinguono il percorso di Howard in panchina, allenatore capace di motivare come pochi i propri ragazzi. Ancor di più se si tratta del suo miglior giocatore, che sta disputando una brutta partita, come accaduto ad Isaiah Livers contro Oakland.


La cosa incredibile è che sia riuscito a trasferire il suo modus operandi in questi due anni particolarmente complicati a causa del Covid. Con meno occasioni di allenamento, e spesso sedute individuali, è riuscito a creare un gruppo coeso ed affiatato. Questo suo repentino successo è in parte dovuto anche alla felice scelta di farsi affiancare da un tecnico esperto come Phil Martelli. Questa decisione, forse, fa percepire ancor di più l’intelligenza di Howard, che ha guidato i Wolverines ad un meritato seed no. 1 all’ultimo Torneo Ncaa, primo in assoluto ad affrontare un Torneo Ncaa da testa di serie prima da giocatore e poi da allenatore.




Il miglior reclutamento del paese

Il salto di qualità con Howard si è visto sin da subito nel recruiting. La grande abilità di Beilein era quella di scovare i giovani talenti e farli sviluppare. Il miglior esempio è forse Trey Burke. Considerato no. 84 della classe 2011 di Espn, nel 2013 ha trascinato i Wolverines alla finale Ncaa e ricevuto il premio di AP Player of the Year. Al successivo draft è stato chiamato con la scelta no. 9.

Howard invece, anche grazie alla sua carriera da atleta in Nba, ha attirato sin da subito l’attenzione dei migliori talenti liceali. Lo scorso anno ha reclutato Hunter Dickinson (no. 41) e soprattutto Isaiah Todd (no. 15). Quest’ultimo ha però preferito andare a giocare nell’Ignite Team della G League, per altro dimostrando di essere ancora un talento molto acerbo. Quest’anno il coach si è superato, portando i Wolverines in cima alla classifica del reclutamento grazie agli arrivi di Caleb Houstan (no. 6), Moussa Diabaté (no. 11), Frankie Collins (no. 36) e Kobe Bufkin (no. 38). Tra l’altro stabilendo un altro record.

Tre delle migliori 4 reclute di questa classe dei Wolverines
sono state selezionate per il McDonald’s All American

Ma Howard non è il tipo di allenatore pronto a costruire una squadra di giovani fenomeni, alla Kentucky o come nelle ultime versioni di Duke. Lui ha appreso da assistente in Nba quanto sia necessario avere l’esperienza dalla propria parte, e dunque quanto siano importanti per i successi di un gruppo gli atleti veterani. È per questo che non tralascia il transfer portal, dal quale sia l’anno scorso - con Mike Smith e Chaundee Brown - che quest’anno ha pescato i giocatori adatti e necessari per completare il roster.

La Michigan che verrà

L’ultimo transfer per i Wolverines è DeVante’ Jones, play della Louisiana proveniente da Coastal Carolina dove ha vinto il premio di POY della Sun Belt. Ragazzo dall’indubbio talento che ha partecipato al camp della G League e che solo poche settimana fa ha deciso di non dichiararsi più per il draft. Sarà di certo un perno della squadra del prossimo anno, e gli sarà chiesto un contributo a tutto tondo.


Al fianco di Jones, nel backcourt ci sarà il veterano Eli Brooks, il quale disputerà il suo quinto ed ultimo anno al college, mentre in area ritornerà il prospetto Dickinson. Anche il centro nominato freshman dell’anno della Big Ten ha infatti deciso di non rendersi eleggibile per il draft, ma di ritornare ad Ann Arbor e continuare a lavorare con l’aspirazione di essere selezionato in lottery l’anno prossimo.

Non solo ritorni ma anche e soprattutto addii per i Wolverines, ovvero quelli di Livers, Smith, Brown e Franz Wagner in odore di lottery (scelto da Orlando con la pick 8). Si tratta di tre quinti dello starting five e del sesto uomo, ma questo non vuol dire che Michigan non sia attrezzata. C’è grande attesa intorno a Houstan, considerato uno dei migliori attaccanti e tiratori del liceo, nonché trascinatore del Canada ai Mondiali Under 19, così come per il francese Diabaté, lungo atletico e dinamico.


Infine si spera nell’esplosione di Zeb Jackson, combo guard sophomore, che ha avuto un basso minutaggio lo scorso anno ma che sta lavorando tanto in questa offseason per guadagnare stima agli occhi del coach, seguendo i consigli di un ex beniamino dei tifosi come Zavier Simpson.

Nei primi due anni la squadra di Howard, senza troppi estimatori, ha finito per stupire tutti. Stiamo a vedere se davvero non c’è due senza tre.


* per il sito web BasketballNcaa.com

Transfer Portal, cos’è e come cambia la Ncaa

Transfer Portal, cos’è e come cambia la Ncaa


di Giovanni Bocciero*


Il transfer portal sta rivoluzionando il mondo della Ncaa come lo conosciamo. Quando un giocatore decide di voler cambiare università, non deve fare altro che inserire il proprio nome in questo elenco ed aspettare l’offerta che ritiene più giusta. In pratica, come fosse un nuovo reclutamento.

Già l’anno scorso era stato introdotto un anno extra (rispetto ai canonici quattro) a causa del Covid per chi aveva giocato nel 2020. Una ottima opportunità per provare a mettersi in mostra altrove. Un’ulteriore accelerata all’aumento degli iscritti al portal è stata data dalla decisione della Ncaa di abolire l’anno di sospensione derivante dal trasferimento. Insomma, se oggi un giocatore decide di cambiare squadra, non deve più osservare uno anno di stop forzato ma è da subito arruolabile.

Sia chiaro, ciò avviene solo al primo trasferimento. Ma diamo due numeri per capire l’entità di questa decisione ormai nell’aria da tempo. Il transfer portal è stato introdotto nel 2018, e all’inizio ha contato circa 700 atleti iscritti a questo database. Quest’anno sono invece oltre 1400 gli iscritti, e non è sbagliato pensare che possano soltanto aumentare.

Quentin Grimes, leader dei Houston Cougars

Ma perché un giocatore dovrebbe scegliere di trasferirsi? Le motivazioni possono essere tante e diverse. Prendiamo gli esempi di Quentin Grimes che a Kansas non ha vissuto l’esperienza che si aspettava, o di MaCio Teague che ha scelto Baylor perché voleva qualcosa di più. Spesso invece un giocatore segue semplicemente il coach con il quale si è trovato bene, proprio come accaduto a Keve Aluma.

Questo portale, secondo la Ncaa, ha l’obiettivo di rendere trasparente ciò che accade durante la offseason con i trasferimenti. Un coach può infatti contattare un giocatore solo quando è iscritto all’elenco, e mai prima. Inoltre, grazie ad aggiornamenti in tempo reale, gli atleti e gli allenatori possono seguire passo passo il reclutamento. E se un ragazzo non è contento dell’interesse nei propri confronti, può decidere di togliere il proprio nome dal portal e rimanere lì dov’è. Come ha appena fatto Mac McClung che resterà a Texas Tech.

Offseason in stile Nba con tante incertezze

Con la decisione della Ncaa di abolire l’anno di sospensione per il primo trasferimento, non sono mancate le critiche. Per gli addetti ai lavori si assisterà ad una vera e propria offseason in stile Nba.

Per il telecronista Dick Vitale l’anno di stop dovrebbe essere abolito solo nei casi di atleti che cambiano squadra per via dell’esonero del coach. Ovvero, il trasferimento in questo caso sarebbe giustificato. Matt Painter, tecnico di Purdue e membro del Comitato allenatori, ha addirittura scritto una lettera alla Ncaa spiegando che tale decisione rappresenterà un problema non da poco: “Il turnover annuale del roster avrà meno certezze per gli atleti stessi. E come allenatore, sarà più difficile guidare un programma in modo efficace”.

Altra argomentazione critica è quella riguardante il futuro degli stessi giocatori. Siamo certi che un ragazzo che lascia la squadra ‘x’ troverà un migliore ambiente nella squadra ‘y’? Ma soprattutto, si è certi che un giocatore non di primo livello riesca comunque a trovare un’altra borsa di studio? Questi sono gli interrogativi che alcuni addetti ai lavori si pongono. E non hanno neppure tutti i torti.

I giocatori acquistano più potere

Questo strumento rappresenta però anche un’opportunità: è innegabile infatti che gli atleti ora abbiano maggior potere. Infatti, prima del 2018 ci si poteva comunque trasferire ma la prassi era molto più complessa. Un giocatore doveva chiedere l’autorizzazione al coach per parlare con altre squadre. Se l’allenatore non acconsentiva poteva rivolgersi al direttore atletico, e come ultima spiaggia ad un comitato d’ateneo. Con il transfer portal un atleta non è costretto a ricevere nessuna autorizzazione, ma può recarsi direttamente in segreteria e richiedere d’inserire il proprio nome nel portale.

Dal punto di vista dei direttori atletici, ma anche dei coach, si va molto a semplificare il lavoro di reclutamento. Attraverso il transfer portal, gli allenatori possono reclutare giocatori per il proprio programma semplicemente consultando questo enorme database. Un’occasione in più per avvicinare anche qualche atleta di livello, scontento dell’esperienza collegiale sin lì vissuta, ma allo stesso tempo voglioso di dimostrare il proprio potenziale in un ambiente più piccolo e con meno riflettori addosso.

L’alba di un “nuovo” reclutamento

A cascata, come una logica conseguenza, cambierà il modo di reclutare dalle high schools. Esclusi i liceali 5-stelle, che faranno sempre e comunque gola, cosa succederà per tutti gli altri? Adam Berkowitz che gestisce un’organizzazione di New York che mette in contatto le università con i liceali all’ultimo anno, ha detto che tante scuole gli hanno riferito che preferiranno completare le squadre tramite il portale piuttosto che reclutare freshmen.

Insomma questo transfer portal è destinato a cambiare - o forse già lo ha fatto - lo sport universitario. Come? Forse ancora non è chiaro, e a tante domande ancora non vi sono risposte.


* per il sito web BasketballNcaa.com

sabato 24 luglio 2021

Basket. Olimpiade Tokyo 2020. Analisi delle avversarie dell'Italia

 Girone difficile ma non impossibile, l'appuntamento è all'alba del 25 luglio per la prima palla a due

Esordio con la Germania

L'osso duro è l'Australia

Tedeschi già affrontati un mese fa, ma senza Gallinari, Mannion e Tonut. Wagner e Voigtmann gli elementi più pericolosi in una partita subito decisiva. Mills, Dellavedova e Ingles danno qualità alla squadra oceanica. La Nigeria con tanti Nba a roster è dotata di grande agonismo e atleticità


di Giovanni Bocciero*



L’IMPRESA DI BELGRADO resterà negli annali. Dopo 17 lunghissimi anni la Nazionale italiana di pallacanestro è ritornata alle Olimpiadi, ma c’è poco tempo per festeggiare. Tokyo è già dietro l’angolo, e il Ct Meo Sacchetti con il suo staff deve già studiare le avversarie che li attendono in Giappone. Precisiamo che il sorteggio dei tre raggruppamenti è avvenuto lo scorso 2 febbraio, e dunque con la vittoria del torneo Preolimpico gli azzurri sono stati inseriti automaticamente nel girone B con Australia, Nigeria e Germania.

L’esordio dell’Italia è fissato per la mattina del 25 luglio, alle ore 6:40 (13:40 a Tokyo, 7 ore di fuso orario) contro i tedeschi, anch’essi passati per le forche caudine del Preolimpico. In quel di Spalato la nazionale teutonica ha superato in semifinale i padroni di casa della Croazia e poi il Brasile in finale. Durante la preparazione le due squadre, con diverse assenze, già si sono affrontate nel torneo di Amburgo. A spuntarla in quell’occasione è stata la Germania con il punteggio di 91-79, a causa di un terzo quarto tremendo degli azzurri. Sarà di sicuro un’altra storia in Giappone, perché sarà un’Italia decisamente diversa. Innanzitutto con un Danilo Gallinari in più, ultimo innesto azzurro dopo la lunga cavalcata playoff con Atlanta, e soprattutto con Nico Mannion e Stefano Tonut che in quella partita sono rimasti fuori per scelta tecnica. Chissà che Sacchetti non ci abbia visto lungo provando a non scoprire troppo le carte contro quelli che potevano, allora, e che sono, adesso, avversari diretti alle Olimpiadi. La Germania invece è quasi identica a quella sfida. Squadra solida, che alterna il gioco dentro e fuori grazie ai buoni tiratori e ai lunghi di sostanza. Moritz Wagner, ala degli Orlando Magic, è stato il grande protagonista della vittoria contro il Brasile colpendo sia dall’arco che con le incursioni al ferro. Il quintetto collaudato prevede da play Maodo Lo, fresco campione di Germania con l’Alba Berlino insieme a Simone Fontecchio, con al fianco Andreas Obst e da ala piccola Niels Giffey dello Zalgiris. I due lunghi invece sono Johannes Thiemann, altro vincitore con l’Alba, e Johannes Voigtmann del Cska Mosca. Le migliori soluzioni dalla panchina, oltre al già citato Wagner, sono il play dei Washington Wizards di oltre 2 metri Isaac Bonga, con il quale potrebbero nascere dei mismatch complicati. Il pacchetto lunghi annovera l’ostico Danilo Barthel e Robin Benzing, che oltre ad essere 2.10 è pericoloso da 3 punti. Bisogna state attenti anche a Joshiko Saibou che se prende confidenza col canestro può diventare un indemoniato. Mentre scriviamo c’è l’incognita di Dennis Schroder (alla fine non convocato, ndr), con il quale la federazione tedesca deve trovare un accordo per l’assicurazione sugli infortuni. Indubbiamente una sua convocazione in extremis cambierebbe volto alla Germania, con il Ct Henrik Rodl che potrebbe sacrificare uno tra le ali Jan Niklas Wimberg e Lukas Wank per completare il roster a sua disposizione.


Australia quattro volte ai piedi del podio alle Olimpiadi
Il secondo match del raggruppamento si disputerà il 28 luglio con palla a due alle ore 10:20 contro l’Australia. La nazionale aborigena sarà il solito osso duro da affrontare. Il nucleo è quello che è riuscito a classificarsi quarto ai Mondiali del 2019 in Cina. Per questo tosto nonostante l’assenza della stella Ben Simmons, che ora come ora ha il morale piuttosto basso per le sue vicissitudini a Philadelphia. Ma può come sempre contare sull’esperienza maturata in tanti anni di Nba da diversi suoi rappresentanti. La cabina di regia è un affare dei veterani Patty Mills e Matt Dellavedova, entrambi vincitori di un anello. Sugli esterni agiranno Dante Exum, che è in cerca del palcoscenico che lo rivitalizzi dopo tanta panchina - causa anche infortuni - negli States, e Joe Ingles, che con i Jazz si sta affermando anno dopo anno come un giocatore completo e sempre utile. Occhi puntati anche su Josh Green, guardia tiratrice che ha giocato con Nico Mannion all’università di Arizona e che al suo primo anno tra i ‘pro’ in quel di Dallas ha condiviso lo spogliatoio per metà stagione con Nicolò Melli. A completare il pacchetto esterni Matisse Thybulle, compagno di squadra di Simmons a Philadelphia ed interessante 3&D, e quel Chris Goulding unico degli australiani con una esperienza italiana. Visto a Torino nel 2016, non ha lasciato un grandissimo ricordo nella sua breve parentesi fatta di 10 partite per 42 punti totali. Per quanto riguarda la frontline, l’Australia può contare su ben tre lunghi da 2.10 metri. Aron Baynes e Jock Landale sono quelli più rocciosi, con una dimensione interna di spicco, mentre Doup Reath, di origini sudsudanesi ed in forza alla Stella Rossa di Belgrado, è leggermente più mobile ed atletico rispetto ai compagni di reparto. Contro gli australiani sarà importante costringere i lunghi ad uscire dall’area, non solo per poterli attaccare in palleggio ma anche e soprattutto per negargli i tanti centimetri a rimbalzo dato che non è escluso che possano giocare con due dei tre citati contemporaneamente in campo. Completano il roster dei Boomers ufficializzato dal Ct Brian Goorjian, la guardia Nathan Sobey e l’ala Nickolas Kay.

Nigeria terza volta ai Giochi, mai oltre il decimo posto
L’ultima partita del girone vedrà l’Italia affrontare la Nigeria il 31 luglio alle ore 6:40. Alla terza partecipazione consecutiva ai Giochi, la nazionale africana dallo scorso anno ha affidato la guida tecnica a coach Mike Brown, l’ex capo allenatore di Cleveland e oggi vice ai Warriors, che si è cimentato con grande voglia in questa nuova avventura. Per il camp di preparazione che ha avuto luogo in California è stata diramata una lista di ben 49 atleti, tanti dei quali impegnati in Nba o con esperienza nel campionato americano. Nel complesso la Nigeria farà sicuramente molto affidamento sull’aspetto agonistico. Atletismo ed aggressività saranno i punti chiave della squadra che aspira, nelle parole del suo Ct, ad andare oltre le più rosee aspettative riscrivendo, perché no, la storia della pallacanestro africana alle Olimpiadi. Contro di loro sarà magari importante controllare il ritmo della gara, mantenendolo quanto più basso possibile. Mentre scriviamo, Brown ha ristretto a quindici il numero dei giocatori ancora impegnati per il training camp e dunque in lizza per una maglia. Tra questi ci sono il trio dei Miami Heat Precious Achiuwa, Gabe Vincent e KZ Okpala, i veterani della nazionale Ekpe Udoh, dominante in Eurolega ai tempi del Fenerbahce (adesso ingaggiato dalla Virtus Bologna, ndr), Obi Emegano, Caleb Agada, Stanley Okoye, visto per quattro anni in Italia, e Michael Gbinije. Poi c’è Jahlil Okafor che ha deciso di giocare per la Nigeria dopo essere uscito dai radar degli Stati Uniti, gli altri giocatori che militano in Nba come Josh Okogie, Chimezie Metu e Jordan Nwora che hanno fatto molto bene ai Mondiali cinesi di due anni fa, seppur l’ultimo atleta è impegnato con Milwaukee alle Finals. Completano la lista Miye Oni, Chima Moneke e Ike Iroegbu. Ha fatto molto scalpore in patria l’esclusione del 37enne veterano Ike Diogu, al quale sono legati gli ultimi grandi successi dei D’Tigers. Ma come si dice, gli anni passano per tutti.

La formula dei Giochi è decisamente cambiata rispetto all’ultima partecipazione della nazionale azzurra. Con tre gruppi da quattro squadre, per accedere ai quarti di finale bisogna classificarsi nelle prime due posizioni del proprio raggruppamento oppure essere ripescati come una delle due migliori terze. Per comporre il tabellone dei quarti si procederà ad un sorteggio e da lì in poi le gare saranno ad eliminazione diretta, con la finalissima in programma alla Saitama Super Arena sabato 7 agosto.


* per la rivista Basket Magazine, chiusa il 9 luglio 2021