lunedì 8 luglio 2024

Italbasket - "Parigi val bene una messa", non per il nostro sistema

L'Italbasket era aggrappata al Preolimpico di San Juan per dare un senso all'estate 2024, così da partecipare alle Olimpiadi che tra poche settimane scatteranno a Parigi. Bissare l'impresa di tre anni fa a Belgrado si presentava comunque già difficile, a maggior ragione con le assenze dei vari Fontecchio, Procida, Spagnolo. Non nascondiamoci dietro un dito, perché chi oggi urla "vergogna" per l'eliminazione, volendo fare paragoni con l'italico calcio, è anche chi mestamente ipotizzava "ma che andiamo a fare" a causa degli infortuni appena menzionati. Quindi, in un qualche modo gli azzurri non hanno fatto e neppure perso nulla.

Certo, la speranza è sempre l'ultima a morire. E certo, nonostante il successo di Madrid e quello all'esordio con il Bahrain, contro Portorico prima e Lituania poi non abbiamo avuto lo stesso atteggiamento subendo gli avversari. Ne avevano di più, senza alcun dubbio, sia tecnicamente che fisicamente che mentalmente. Ma siamo questi, oggi più di ieri. Quindi val la pena puntare il dito contro il ct Pozzecco, o contro il presidente federale Petrucci? Secondo me no, se non per una bieca rivalsa personale. Non confondiamo, gli errori sono stati commessi. Il Poz ha dimostrato nell'arco di questi anni di essere coerente con la sua filosofia, portando avanti il processo di svecchiamento già attuato dal predecessore Sacchetti, e di badare alla creazione di un gruppo vero. Rinunciando anche al passaportato, da Thompson a DiVincenzo, per i quali oltre a difficoltà burocratiche sembra non ci sia mai stato l'affondo concreto.

Ma pur di prendersi il trono della Francia, visto che siamo in tema, Enrico IV rinunciò alla religione protestante convertendosi al cattolicesimo con la storica espressione "Parigi val bene una messa". Divenuta un modo di dire popolare per i francesi, simboleggia il sacrificio per ottenere qualcosa di più importante. In poche parole, una versione d'oltralpe de "il fine giustifica i mezzi" di machiavellismo memoria.

E allora se lo scopo era la qualificazione alle Olimpiadi 2024, come abbiamo già scritto al momento della long list delle convocazioni, un appunto che si può fare al ct è ad esempio la rinuncia scientifica a Della Valle. Tra i migliori italiani della nostra serie A, ormai da anni, avrebbe fatto comodo in quei frangenti o periodi più lunghi di rottura prolungata in attacco. Di evidente siccità offensiva che con l'assenza di Fontecchio era più che prevedibile. Prevedibile perché siamo questi, appunto.

Ed ha ragione Messina quando dice che "è quello che fanno i club per 11 mesi che fa il bene della nazionale", in riferimento alla crescita di Tonut che di certo non dipende dal mese all'anno trascorso in maglia azzurra. Ma al coach di Milano bisognerebbe anche ricordare che nella sfida da dentro o fuori con la Lituania, ad un certo punto l'Italia pendeva dalle labbra di Ricci, autore di due triple che hanno cercato di tenerla a contatto. Eppure l'ala nella decisiva gara 4 per lo scudetto ha collezionato un n.e., così come Bortolani al pari di Caruso. E potremmo ricordare Alviti fino allo scorso anno.

Quindi la soluzione è puntare il dito contro Pozzecco, che con tutti i suoi difetti lavora comunque con il materiale umano a disposizione? Basta puntare il dito contro Petrucci, invocando che la federazione metta regole per far giocare gli italiani? Oppure bisognerebbe che tutti, compreso i citati, prendessimo davvero a cuore la causa della nazionale, a partire dai club? Ci troviamo a dover ancora celebrare Belinelli e Aradori quali Mvp dei campionati di serie A e A2, che oggettivamente appartengono al passato dell'Italbasket.

Il sistema che non permette ai giovani italiani di giocare, di sbagliare, di esprimersi se non con i paletti imposti dall'alto, è poi pronto a salire sul carro dell'Under 17 che ha appena vinto una straordinaria medaglia d'argento al Mondiale di categoria. Ci si riempie la bocca arrogandosi i meriti, che di sicuro ci sono, ma dimenticando un'altra generazione. Quell'Under 19 che nel 2017 conquistò un altro argento mondiale. Di quel roster facevano parte Pajola, Caruso e Visconti, Denegri del quale ci si è accorti soltanto quest'anno, Bucarelli relegato in A2 nonostante di lui si parlasse come prospetto internazionale, e poi Mezzanotte, Penna, Simioni, Oxilia, Antelli, Massone che vivacchiano nelle loro squadre senza avere la fiducia necessaria per essere protagonisti. Oltre allo sfortunato David Okeke.

Certamente non tutti possono essere campioni e arrivare in nazionale maggiore, anche perché l'imbuto si restringe sempre di più a quel livello. Però quello che evidentemente manca è la predisposizione a crederci. A puntarci. A volerci investire. E allora ci si focalizza sulla semplice partita invece di guardare il quadro nel suo insieme. Nella sua complessità. La nazionale rappresenta soltanto la punta dell'iceberg di tutto il movimento, ma comprendo che spesso è più semplice dire che ha sbagliato l'allenatore oppure quel giocatore.

Non fraintendiamoci però, perché magari leggendo di fretta si potrebbe dire che preferiamo fare di necessità virtù. Assolutamente no, perché la convocazione di Della Valle dovrebbe essere ponderata, voluta, e non solo il classico tappabuchi perché manca all'appello Fontecchio. Questo però potrà essere soltanto il riflesso di una larga base di giocatori dalla quale poter pescare. E invece siamo questi. Sempre e comunque. Oggi più di ieri. Sperando nel domani. Anche se ci troviamo a dire più o meno le stesse cose, che presto andranno nel dimenticatoio. Fino alla prossima sconfitta decisiva, contro la Lituania o chi per essa.

Giovanni Bocciero

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