L'ascesa della meteora Justin Patton
di Giovanni Bocciero*
La città di Omaha, la più grande dello stato del Nebraska con oltre 400 mila abitanti, è tra le più tranquille degli Stati Uniti, piena di musei e sede della Creighton University. Fondata a metà dell’800, si è guadagnata in fretta il soprannome di ‘Gateway to the West’ a causa della linea ferroviaria che portava verso la costa orientale. Si svolge tutta qui la storia del giovane Justin Patton, ragazzo afroamericano dai modi gentili che non ha mai messo piede fuori dalla città in cui è nato e cresciuto. Va spesso al palazzetto come spettatore perché ha un amore sconfinato per la pallacanestro. E a Omaha la sua vita a un certo punto cambia.
‘The biggest sleeper’
Il viaggio di questa autentica meteora del college basketball ha un inizio particolare. Al termine dell’anno da sophomore alla Omaha North High School questo ragazzo che ha appena toccato i 204 cm d’altezza viene notato da Bob Franzese, che gestisce una locale accademia giovanile. Franzese invita Patton a partecipare con la sua società ad un torneo che si sarebbe svolto a Las Vegas. Ricordate che non aveva mai messo piede fuori da Omaha? E così il giorno della partenza rischia di far perdere l’aereo all’intera squadra perché non si staccava dalla mamma. In campo fa poco o nulla, e finisce in uno straccio di report etichettato come “the biggest sleeper”. Il gigante dormiente diremmo noi. E come dargli torto? Sarà capace al liceo di segnare soltanto 2 punti contro il pivot di una squadra avversaria che era alto poco più di 185 cm.
Franzese, meravigliato che il ragazzo passasse inosservato nonostante la sua statura, chiama Darian DeVries – assistant coach di Creighton – dicendogli di tenerlo d’occhio. Al termine dell’anno da senior, viene invitato ad andare al campus universitario (distante 4 miglia da casa sua) dove conosce coach Greg McDermott. Dopo una lunga chiacchierata, i Bluejays gli offrono la borsa di studio anche perchè ormai è sette piedi, e non è il caso di lasciarselo sfuggire. Patton per due motivi non esita ad accettarla. In primis perché quando dicevamo che andava al palazzetto da spettatore, intendevamo proprio al CenturyLink Center per vedere Creighton. Per lui passare dagli spalti al parquet era un sogno che si realizzava. Ma, soprattutto, era l’unica borsa di studio che avesse ricevuto.
Patatine tre volte al giorno
Nell’estate del 2015 inizia la sua avventura collegiale, e lo fa con il tour che vede Creighton protagonista in Italia. Le prime prestazioni sono pressoché un disastro, così come le sue abitudini alimentari che vanno immediatamente corrette dato che mangia patatine fritte a colazione, pranzo e cena. Il fisico troppo scheletrico e le lacune cestistiche sono lampanti per competere ai livelli richiesti in Division I. E così, dopo un’attenta valutazione, McDermott e lo staff tecnico lo persuadono a prendersi un anno da redshirt, in modo da poter lavorare senza perdere l’anno accademico. Inizia una dieta a base di pasta e in particolare di spaghetti, dei quali è rimasto stregato dopo il viaggio nel Bel Paese.
Lavora tantissimo in palestra per aumentare sia la massa muscolare che vari aspetti del suo gioco. A sentir DeVries, il giovanotto assorbe tutto come fosse una spugna (si diceva questo anche di Joel Embiid quando giocava a Kansas), ma spesso si allena senza la necessaria intensità. Trascorre tutta la stagione senza giocare e si fa notare soprattutto perchè, quando cammina per i corridoi dello spogliatoio, si diverte a fingere di stare al telefono con gli scout Nba e i rappresentanti della Nike negoziando il contratto per le scarpe. Dodici mesi più tardi la storia cambia completamente. Difficile da credere, ma Justin Patton spunta dal nulla conquistandosi l’attenzione di tutti.
Un prospetto per altezza e tecnica
Cosa gli ha permesso di comparire nei mock draft? Rispetto a tanti ragazzi spinti verso il basket per la loro altezza, Patton ha iniziato a praticarlo perché davvero innamorato di questo gioco. E questa è una base non indifferente. Sono ancora tanti gli aspetti da migliorare nel gioco di questo classe ’97 che però possiede delle capacità che lo rendono un prospetto talmente intrigante da puntarci assolutamente. Per altezza può essere dominante anche al piano di sopra, la tecnica già ora è sopra la media dei pari ruolo. Molto mobile, corre benissimo il campo e ha un tocco morbido tanto da tirare con uno straordinario 70% dal campo. Certo, la cosa è presto spiegata dalle tante schiacciate che realizza: da rimbalzo offensivo, arrivando a rimorchio, in catch-lob che è una sua peculiarità.
Ma sarebbe riduttivo restringere il cerchio soltanto a questo. Patton può infatti diventare pericoloso in tanti modi differenti, anche come passatore (1.3 assist di media) dato che ha mani e visione di gioco. E naturalmente in post basso dove però il suo fisico è ancora troppo gracile. Non a caso tende a terminare le azioni vicino canestro con finta e piede perno per spiazzare l’avversario e trovare un tiro a più alta percentuale. La forza fisica è proprio un suo punto debole, dato che sia in attacco che in difesa fa molta fatica ad imporsi nel pitturato, nonostante la statura. Ed il fatto che abbia collezionato sin qui soltanto tre doppie-doppie e le medie poco appariscenti di 6.3 rimbalzi e 1.5 stoppate sono un dato eloquente. Riesce quasi ad essere più efficace nell’accoppiarsi con gli esterni sul perimetro che nel difendere i lunghi vicino canestro.
Il futuro parte dalla testa
Il salto di qualità sembra dipendere quasi esclusivamente dall’aspetto mentale. Deve acquisire consapevolezza nei suoi mezzi tanto fisici quanto tecnici, perché il potenziale non si discute minimamente. Oltretutto già a questa età è ambidestro, perché da adolescente si ruppe la mano sinistra e, per riacquistarne la massima sensibilità senza separarsi dal basket, iniziò ad usarla per palleggiare e tirare. E ora chi non lo conosce spesso sbaglia a indicare la sua mano forte. Il prossimo Nba draft sarà pieno zeppo di esterni, soprattutto play, e dunque un giocatore che combina dimensioni e abilità come lui fa gola a parecchi. E per questo viene dato in piena lottery.
Coach McDermott appena ha fiutato il forte interesse degli scout ha chiamato il ragazzo nel suo ufficio insieme alla famiglia. E gli ha fatto il discorsetto che getta acqua sul fuoco, ma qualsiasi sarà la sua decisione a fine stagione, gli ha raccomandato “work hard and stay humble”. Adesso la scelta tocca a lui. Un fatto è certo, la vita di Justin Patton si sta avviando verso un drastico cambiamento che è già in atto. Infatti quel ragazzino che vendeva per strada limonate, dopo una stagione da 13.1+6.3 è stato nominato Big East Freshman of the Year. E adesso non può più andare ad una semplice partita di bambini che viene riconosciuto e fermato, anche quando nasconde il viso sotto il cappuccio della felpa.
* per BASKETBALLNCAA.COM - Link originale
Nessun commento:
Posta un commento