Intervista al presidente della Lega, Umberto Gandini, a conclusione di una stagione che ha rilanciato il basket italiano di club
«Il campionato è importante, lo dimostrano i playoff»
«Una lega sovranazionale? Alla base del sistema ci sono i tornei nazionali e prima dei ricavi bisogna pensare ai costi. Sul calendario va trovato un accordo»
di Giovanni
Bocciero*
ARCHIVIATA la lunghissima stagione 2022/23 della LBA, abbiamo tirato le
somme con il presidente Umberto Gandini. «Mi complimento con dipendenti, collaboratori e consulenti per il
lavoro fatto in questa prima stagione ‘normale’ dopo la pandemia. Hanno fatto
più di quanto mi aspettassi: siamo cresciuti notevolmente nel modo in cui
presentiamo i nostri eventi; è migliorato il dato medio di presenze nei
palazzetti; è aumentata la diffusione televisiva così come l’impatto mediatico
sui social e nel mondo digital dei nostri contenuti. Sono soddisfatto. E poi la
finale è stata di altissimo livello, competitiva, equilibrata, coinvolgente, si
è visto fair play da entrambe le parti. Dispiace per un singolo episodio - riferimento a gara 2 -. Capisco anche i
puristi del gioco per i quali la finale non è stata all’altezza, ma vuoi
mettere l’intensità che le due squadre hanno avuto al termine di una stagione così
lunga?».
Una formula, quella della finale al meglio delle 7 gare, che l’Assemblea di lega ha modificato alla prima occasione. «Quella formula esisteva dal 2007/08, e da allora i calendari e gli impegni sono cambiati - ha ricordato Gandini -. Negli anni precedenti non si è andati così lunghi, ma con un potenziale Preolimpico l’anno prossimo, abbiamo fatto una serie di considerazioni. Rispondendo alle esigenze del movimento abbiamo assecondato un sentito comune. Sottolineo che le società, con meno partite, hanno rinunciato agli incassi per salvaguardare l’interesse collettivo, in primis dei giocatori. E per questo le ringrazio».
Umberto Gandini, presidente LBA dal 2020 |
ALL’ORIZZONTE la riforma del lavoro
sportivo che sfiora appena la LBA. «È un tema estremamente importante, che
aiuterà ad abbattere qualche steccato di norme e regole che saranno più simili
tra LBA e LNP. È un cambio epocale, ma dobbiamo fare cose che abbiano una
logica e che siano funzionali. Il lavoro sportivo ci toccherà relativamente
essendone caratterizzati dagli anni ’90, ma in serie A interverrà su tutte le
figure che riguardano il settore giovanile o di aree che non sono quella
tecnica. Trovo importante tale riforma - ha continuato Gandini - perché è la
certificazione che esiste un lavoro sportivo che non è necessariamente quello
dei professionisti. Un giocatore dilettante ha degli impegni ed una
disponibilità verso le società molto simile a quella dei professionisti senza
averne le tutele. Poi come dice il ministro Abodi, sarà un processo in itinere
e sarà necessario intervenire per trovare degli ammortizzatori, per permettere
la sua applicazione, per correggerla dove magari ci saranno delle storture. Ma
è importante aver fatto il primo passo».
Se da un lato in Italia c’è questo
avvicinamento tra professionisti e dilettanti, in Europa la forbice sembra
allargarsi sempre di più. «Guardo all’Eurolega con grande attenzione e curiosità per via della
mia esperienza nel mondo del calcio a livello internazionale. Nella
pallacanestro l’associazione delle leghe, l’Uleb, che è azionista dell’Eurolega
stessa, è da tempo in disparte e poco considerata. Sul tema dei calendari:
abbiamo 52 settimane nelle quali 44 circa per svolgere attività sia di
nazionali che di club. Bisogna trovare il modo di collaborare tra Fiba,
Eurolega e le leghe che tutelano i propri interessi. Non è facile - ha analizzato il presidente della LBA -, perché tutti
puntano ad aumentare i propri spazi per aumentare i ricavi. Insieme a Spagna,
Grecia, Francia e Germania abbiamo fatto sapere di voler essere coinvolti nelle
decisioni che impattano sui campionati domestici».
Ma è fattibile una lega sovranazionale? «L’Eurolega nel basket, rispetto al calcio con l’ipotetica Superlega, ha avuto un diverso impatto sociale e politico. Ciò non toglie che la base del sistema europeo sono i campionati nazionali. Milano e Bologna hanno dimostrato quanto ci tengano al titolo italiano. Per questo è necessario trovare il giusto rapporto. Un torneo sovrannazionale me lo aspettavo anni fa nel calcio, legato all’integrazione politica europea, ma non c’è stato. Non credo però che più partite continentali siano la risposta ai problemi della pallacanestro europea. Ritengo invece che prima dei ricavi bisognerebbe controllare i costi».
IL DUOPOLIO Milano-Bologna non preoccupa il
presidente Gandini, «perché è stimolante per loro e per tutte le altre società. Brescia lo
ha dimostrato vincendo la Coppa Italia, altri club storici o appena arrivati
hanno la volontà di fare sempre meglio. Poi è chiaro che contano molto i budget
e le risorse disponibili. Contiamo sul desiderio di primeggiare di personalità
o gruppi che vogliono competere ad alto livello con la disponibilità ad
investire. Altre realtà competono con le armi a loro disposizione, ma l’Italia
non è una mosca bianca in Europa. Di duopoli ce ne sono in tutti i campionati,
ma non per questo si grida allo scandalo. D’altronde le squadre di Eurolega
sono giocoforza più attrezzate delle altre. Ma anche negli anni ’60 e ’70 c’era
il dominio di Varese, Cantù, Milano. Ci sono sempre stati poli opposti nella
storia».
Un momento della finale scudetto tra Milano e Bologna |
I club sono ovviamente gli attori principali della LBA. Lo stato di salute delle società, e l’avvento di proprietà straniere non può che far sorridere. «La pandemia è stato un test probante, e tutti l’hanno gestito con grande attenzione e lungimiranza mettendo in sicurezza i conti. Possiamo dire di affrontare le nuove sfide e guardare con tranquillità al futuro. Sulle proprietà straniere credo sia necessario distinguere due diversi tipi di investimento: uno per rafforzare la compagine societaria e migliorare le infrastrutture che è duraturo; l’altro riguarda la forza lavoro, quindi i contratti dei giocatori, che non sempre è immediato e certo del risultato. Credo che bisogna trovare la giusta via di mezzo, anche se tante realtà locali, dove c’è una proprietà diffusa, lavorano sulla stabilizzazione del club fornendo le risorse per affrontare la parte sportiva con più tranquillità. Un bacino d’utenza estenso è un potenziale vantaggio per inserirsi nell’egemonia Milano-Bologna, ma da solo non può bastare per ambire al vertice - la risposta di Gandini alle dichiarazioni del nuovo amministratore delegato del club partenopeo Alessandro Dalla Salda sul potenziale di Napoli -. Ci vogliono tanti altri ingredienti ed alcuni già ci sono, ma sono certo che Dalla Salda lo sa bene, ed è determinato nel suo nuovo incarico a generare le risorse, non solo economiche, per crescere. Penso alla passione della proprietà, ad esempio, a quanto la famiglia Grassi sta facendo per mettere solide fondamenta al progetto».
ALTRO NODO è il mercato sempre aperto. «Il fatto che ci
sia l’opportunità non significa che bisogna applicarla. Sono regole che vengono
prese di comune accordo tra le società - ha specificato il presidente -. Nell’Assemblea di
lega ci si confronta cercando le soluzioni migliori per l’interesse collettivo
che tendenzialmente non deve penalizzare nessuno. Al momento non c’è sul tavolo
un discorso di questo tipo».
Il mercato coinvolge anche l’utilizzo degli italiani, naturalmente. «Sono sempre stato un convinto assertore della meritocrazia. Avere delle categorie obbligatorie per le quali devi giocare non aiuta né la crescita del giocatore né quella del movimento. Se un allenatore sceglie di far giocare o meno un atleta non lo fa per regolamento o per farsi del male. La responsabilità di formare i giocatori, pur restando nell’interesse della serie A, credo vada distribuita più verso le categorie inferiori - l’opinione di Gandini -. I club di LBA lavorano sulla parte terminale della formazione, lasciando al settore dilettantistico la preparazione dei giovani. Anche la scuola incide. In passato un ragazzo più alto della media veniva dirottato naturalmente verso la pallacanestro, oggi va a giocare a pallavolo e questo porta ad avere meno talento disponibile. C’è un ragionamento di fondo da fare che non può avere nelle clausole protezionistiche l’unica soluzione. Il basket ha scelto il criterio della formazione, indipendentemente dal passaporto, e questo ha dei risvolti sia positivi che negativi».
SENZA IMPIANTI all’avanguardia, nonostante il
pubblico pagante risponda bene, l’esposizione mediatica del basket sia in tv
che sui giornali ne risente, trovando sempre meno spazio anche a causa di
limitazioni d’accesso per gli stessi addetti ai lavori. «Ringrazio per la
domanda perché il tema non riguarda solo gli stadi - ha evidenziato il presidente della LBA - ma tutti gli
impianti sportivi. Con la pallavolo spesso facciamo cose insieme a livello
politico perché ci troviamo a condividere le strutture. Non possiamo crescere
da questo punto di vista, nonostante siamo arrivati a quasi 4mila spettatori di
media a partita nel girone di ritorno, perché in Italia non c’è una visione
sull’impiantistica da decenni. Palazzi da oltre 10mila posti ce ne sono pochi.
Uno dei più belli è Torino che deriva dalle Olimpiadi. Progetti all’orizzonte
sono Cantù, Tortona, Brindisi con i Giochi del Mediterraneo, Venezia, l’ampliamento
del palazzo di Varese. Ci sono dei segnali, soprattutto legati ai privati o a
manifestazioni internazionali, ma l’impiantistica incide su capienza, presenze,
sulla fruizione del prodotto dal vivo, che per il basket rimane straordinario perché
ha una sua declinazione televisiva. Non a caso i numeri che abbiamo raccolto
nell’ultima stagione sono forieri di ottimismo per il futuro».
«Sul Nove abbiamo intrapreso un percorso, dopo aver lasciato Rai Sport perché non c’era da parte dell’emittente pubblica la volontà di darci gli spazi che meritiamo. Il gruppo Discovery è stato più sensibile. Il bando dei diritti streaming, che ha visto la contesa tra Discovery ed Eleven, ci ha permesso di avere più risorse e quindi meno necessità del solo ricavo dal chiaro. Adesso bisogna abituare il pubblico ad andare a ricercare il basket su emittenti diverse rispetto a prima. Poi non dimentichiamo la contrazione importante di quante persone guardano la tv. Dobbiamo continuare ad investire sulla comunicazione del nostro prodotto, anche perché ormai quasi tutto lo sport è sullo streaming. È anacronistico pensare che lo sport sia fruibile solo in chiaro. La gente che guarda la tv è sempre più anziana. Bisogna dunque rinnovare e ringiovanire l’audience, trovando le formule sia per il prodotto in chiaro che ti dà proseliti, ma anche visibilità e ricavi commerciali, che quello in streaming che puoi vedere dove, quando e come vuoi per fruire del servizio. La problematica dell’impiantistica e della sua capienza con spazi ristretti, ha fatto sì che in considerazione dei media che oggi sono carta stampata ma anche siti e altro, ci siano limitazioni di non facile soluzione scontentando qualcuno». La chiosa di Umberto Gandini è ovviamente per i prossimi Mondiali: «Tutti a tifare per la Nazionale, perché è trainante per l’intero movimento».
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