Olimpia-Virtus, Bianchini: «Mi aspetto una lotta tra mastini»
Venerdì sera al Mediolanum Forum ci sarà la prima palla a due della finale scudetto della serie A. Di fronte, per il terzo anno consecutivo, l’Olimpia Armani Milano - che ha il fattore campo - e la Virtus Segafredo Bologna. Un epilogo scontato per quanto riguarda il campionato italiano, con le ‘scarpette rosse’ che sono all’inseguimento della terza stella avendo in bacheca 29 titoli. Sono invece 16 quelli delle ‘vu nere’, che dall’istituzione dei playoff hanno giocato cinque finali contro i meneghini: la prima nella stagione 1978/79. Per presentare la grande classica della nostra pallacanestro, abbiamo intervistato Valerio Bianchini, uno che di scudetti se ne intende visto che è stato il primo allenatore a vincerne tre con tre club diversi (Cantù 1980/81, Roma 1982/83 e Pesaro 1987/88). Tra le altre, in carriera, ha anche allenato sia l’Olimpia che la Virtus.
Prima di addentrarci nella serie scudetto, le chiedo un parere sulla dichiarazione di Ario Costa riguardante il duopolio Olimpia-Virtus, e quanto questo influenzi il movimento cestistico italiano?
«L’opinione di Costa è una considerazione che ha espresso con coraggio - ha esordito Bianchini -, essendo una delle parti coinvolte. Ma si tratta comunque di una considerazione ovvia. Già ho detto più volte che in questa situazione sembra che il campionato italiano sia ritornato agli anni ’60, quando l’epilogo si risolveva in due sole partite: Simmenthal-Ignis dell’andata e Ignis-Simmenthal del ritorno. Nonostante la vivacità di diverse squadre, queste sono costrette a rincorrere le due grandi realtà sfruttando magari i loro infortuni e le loro fatiche derivanti dall’Eurolega, che richiede un impegno molto importante sia fisico che tecnico».
Quale può essere la soluzione per azzerare questo divario, non solo dal punto di vista economico, tra Bologna, Milano e le altre formazioni?
«Bologna e Milano hanno dei roster da 15-16 giocatori, le altre ne hanno 7, 8, forse 9. I budget sono assolutamente sproporzionati, e la soluzione è una e una soltanto, piuttosto evidente: Olimpia e Virtus dovrebbero giocare un campionato professionistico vero. A questo punto che l’Eurolega diventi un torneo europeo stile Nba - ha sentenziato il Vate -, aperta alle società più forti dal punto di vista economico e strutturale. Per le altre rimane il campionato nazionale, magari da strutturare con regole che consentano a tutte le partecipanti di avere un equilibrio, così da non avere più un divario pazzesco».
Terzo anno consecutivo dello scontro Milano-Bologna, con gli epiloghi degli anni scorsi che sono stati molto differenti: 4-0 Virtus nel 2021, 4-2 ma serie sempre nelle mani dell’Olimpia nel 2022. Cosa si aspetta quest’anno?
«C’è un piccolo particolare, che non si possono fare paragoni tra le squadre da un anno all’altro. Questo perché i roster ormai cambiano 10 giocatori su 12 ogni stagione. C’è una instabilità pazzesca dovuta al potere delle agenzie degli atleti da un lato, e dal pressapochismo delle dirigenze dall’altro. Il basket è uno sport che ha bisogno che le squadre cementifichino i propri meccanismi. Succede così che ogni anno l’inizio del campionato è di una bruttezza spaventosa. Ogni stagione quello su cui si è lavorato l’anno precedente non conta più - ha continuato il doppio ex - e gli allenatori sono costretti a ricominciare da capo, se nel frattempo non sono stati sostituiti anche loro. Cambiano così le relazioni tra i giocatori, e si può iniziare a vedere un po’ di buon basket solo verso febbraio con la Coppa Italia. Questo per dire che fare paragoni non ha alcun senso, per cui conviene concentrarsi su quello che vediamo oggi».
E dunque cosa ha potuto vedere fino ad oggi?
«Milano da quando c'è Ettore Messina si è molto dedicata alla difesa, che rappresenta una parte fondamentale del suo gioco. In attacco però, l’allenatore ha lasciato il campo in mano ai giocatori. Un po’ per la struttura della squadra, un po’ per l’evoluzione della pallacanestro che è diventata molto più individualista, con atleti sempre più egoisti. Terminato il gravoso impegno dell’Eurolega, l’Olimpia ha iniziato a raccogliere dei frutti. Resta una squadra molto perimetrale, ma il tiro non può essere sempre costante - ha analizzato Bianchini -, e quindi la spada di Damocle sulla loro testa sarà la percentuale dall’arco. Sergio Scariolo con la Virtus ha invece cercato di mantenere un basket organizzato, con giochi per liberare i tiratori e l’uso sia del post alto che del post basso. Uno stile di gioco che in molte situazioni è stato di successo, inserendo la velocità e la fisicità odierna in un contesto di controllo. Questo gli permette di giocare l’alto-basso, i ribaltamenti, il contropiede organizzato. Non sempre gli riesce, ma quantomeno ci provano».
E se le chiedessi un pronostico?
«Per quanto ho già detto ritengo che la finale sia imprevedibile. E dirò di più, penso che ci vorranno tutte e sette le gare per vedere chi vincerà. L’anno scorso, ad esempio, l’obiettivo della Virtus era quello di vincere l’Eurocup per qualificarsi all’Eurolega, e così arrivò alla finale un po’ appagata. Quest’anno sono entrambe affamate, anche per riscattare la stagione non felice a livello europeo. Per questo penso che sarà una lotta tra mastini assetati di sangue».
Per quanto riguarda i singoli invece, chi crede sarà protagonista?
«Milano molto tardivamente ha trovato un playmaker in Shabazz Napier che ha risolto tanti problemi. Problemi dovuti a giocatori come Hall, Pangos, che si adattavano a fare il regista senza averne le capacità. Napier - ha continuato il Vate - rispecchia invece un play classico, di grande livello, che può anche segnare tanto. Però se la dovrà vedere con un campione come Milos Teodosic, che non avrà la tenuta fisica degli americani ma ha una inventiva straordinaria, una tecnica strepitosa, e un carattere da leader vincente».
Un duello nel duello sarà quello tra gli allenatori. Messina e Scariolo sono i migliori coach italiani degli ultimi 30 anni, hanno vinto tanto tra club e nazionali. Ma se potesse, chi sceglierebbe?
«Non sono un presidente con grandi disponibilità economiche, perché entrambi costano caro - ha riso Bianchini -. In realtà non posso assumerli neppure per una sola partita. Comunque, non sono né Zanetti, né Armani, quindi non m’imbatto in ipotesi e non scelgo nessuno dei due».
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