lunedì 10 febbraio 2014

Quando la Juvecaserta conquistò la "sua" Coppa Italia

DALLA NUOVA GAZZETTA DI CASERTA DEL 10/02/2014

L'AMARCORD Il primo successo dopo tante sconfitte in finale
Quando la Juvecaserta conquistò la "sua" Coppa Italia
La compagine di Pezza delle Noci s'impose nell'edizione del 1988 battendo dopo un supplementare gli avversari e dedicando il trofeo a Maggiò

Giovanni Bocciero

La squadra della stagione 1987/88
CASERTA. In occasione della Final Eight di Coppa Italia, edizione 2014, vogliamo celebrare la vittoria della coppa nazionale del 1988 da parte della Juvecaserta. Il primo grande successo che vide la società di Pezza delle Noci alzare un trofeo al cielo.
In realtà, prima di quel successo ci furono altre occasioni in cui la Caserta dei canestri sarebbe potuta scendere in strada per festeggiare la conquista di un trofeo, tanti nazionale quanto europeo. Prima di quel 1988, infatti, la compagine bianconera disputò la finalissima di Coppa Italia nella stagione 1983/84, che vide impossessarsi del trofeo i padroni di casa della Granarolo Bologna, che batterono i casertani con il risultato di 80-78, con diverse attenuanti sull’arbitraggio, che fu troppo casalingo. Due stagioni dopo, quella 1985/86, Caserta addirittura arrivò fino in fondo in ben due competizioni, la Coppa Korac, giocata in gare d’andata e ritorno contro il Banco di Roma, e la serie finale per lo scudetto contro la Simac Milano. Il trofeo europeo sfuggì dalle mani degli uomini allenati da Boscia Tanjevic, che prima espugnarono il PalaMaggiò con il punteggio di 84-78, e poi vinsero tra le mura amiche per 73-72. Lo stesso accadde, purtroppo, per lo scudetto, che prese la via del capoluogo lombardo che s’impose nella serie per 2 a 1.
I festeggiamenti con capitan Nando Gentile a petto nudo
che alza la Coppa Italia al cielo
Nell’estate del 1986 ci fu il cambio al timone, che vide la staffetta sulla panchina tra il maestro Tanjevic e il casertano Franco Marcelletti, dopo i successi con le giovanili, e dopo aver lanciato  Nando Gentile ed Enzo Esposito. In quella stagione, la Juvecaserta continuò la propria ascesa continentale, fermamdosi in semifinale della Coppa Korac al cospetto della corazzata Barcellona, che in Terra di Lavoro fu sconfitto di nove punti, ma che al ritorno in Catalogna s’impose di 25. In campionato invece, dopo un inizio balbettante, i bianconeri furono protagonisti di una rincorsa che li vide giungere sino alla finalissima, dove ancora contro la Tracer Milano i casertani si arresero con un secco 3 a 0.
L’annata 1987/88 ebbe inizio con il cambio dello sponsor, da Mobilgirgi a Snaidero, e soprattutto la morte del presidentissimo Giovanni Maggiò, colpito da leucemia. La Gazzetta dello Sport titolò “Caserta piange il suo inventore”, per sottolineare l’importanza che Maggiò ebbe per la crescita della Juvecaserta. La squadra quell’anno arrivò a giocarsi la Coppa Italia, dopo aver battuto in successione Standa Reggio Calabria (97-81), Wuber Napoli (85-80), Banco di Roma (99-95) e Enichem Livorno (97-85), In finale, di scena sempre a Bologna, dovranno affrontare la Divarese Varese. I lombardi arrivarono al match senza Stefano Rusconi, e durante la partita s’infortunò Dino Boselli. Con quel pizzico di fortuna che non guasta mai, i bianconeri s’imposero dopo un supplementare per 113-100, e quel primo trofeo non poteva che essere dedicato al presidente scomparso pochi mesi prima. La squadra bella ma incompiuta, che si giocava i trofei senza mai arrivare al sodo, finalmente aveva raggiunto un traguardo.

L'INTERVISTA L'ex campione bianconero ricorda quel momento
Sergio Donadoni: «Con quella coppa capimmo di essere veramente forti»

Sergio Donadoni
CASERTA. Un protagonista della Coppa Italia fu Sergio Donadoni. «La svolta per i successi della Juvecaserta ci fu quando arrivò Maggiò, che è stato un grande - racconta Donadoni -, come persona e come dirigente. Lui e l’allora manager Giancarlo Sarti ci inculcavano quotidianamente insegnamenti sul come agire, sul come comportarsi, che erano necessari per arrivare al vertice, per essere dei veri professionisti, quando ancora non c’era il professionismo di oggi»
Quel successo ha regalato delle emozioni indimenticabili. «Quella fu la nostra prima vittoria, e in quella stagione fummo costretti a rinunciare a Georgi Glouchkov, che si ruppe il tendine d’Achille. Al suo posto arrivò Joe Arlauckas, che era un’ala grande, ma si adattò a giocare pivot. Quando pratichi uno sport, lavori sempre per raggiungere un obiettivo, e quella coppa rappresentò un pò il traguardo delle fatiche di una vita. All’epoca il basket italiano rappresentava l’elite a livello europeo, e c’erano squadre che dominavano, come quella Varese che noi riuscimmo a battere in finale».
Quella Coppa Italia fu la scintilla che portò allo scudetto tre anni dopo. «Con quel successo rompemmo il ghiaccio, e capimmo di essere realmente forti. Non che non fossimo consapevoli di esserlo - sottolinea Donadoni -, ma non era sempre facile vincere per le avversarie contro cui giocavamo. Quella vittoria ci fece comprendere  di essere dei vincenti, e riuscimmo a superare i nostri ostacoli. Ma quello era un successo partito molti anni prima».
Effettivamente già si vedevano i frutti del lavoro fatto con il settore giovanile. «Io facevo parte della prima squadra da tempo, e i giovani si alternavano e venivano da diverse città, soprattutto del sud, per allenarsi. Loro venivano seguiti con passione - conclude l’ex campione bianconero -, e gli si trasmettevano cose utili».

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