domenica 27 maggio 2018

Lasciateli giocare. Intervista a coach Andrea Capobianco

Il nuovo brillante comportamento degli azzurrini al torneo di Mannheim rilancia un annoso problema

Capobianco: «Ma più che all'età pensiamo alla formazione»

Dopo il terzo posto nello "Schweitzer", battuti solo dall'Australia, il ct entra nel dibattito sul maggiore spazio da dare ai giovani, sottolineando le vere difficoltà



di Giovanni Bocciero*


ROMA. Un detto recita «le parole più belle sono i fatti». Possiamo senz’altro dire che questa espressione è il mantra che accompagna Andrea Capobianco nel suo lavoro. Al tecnico azzurro sono legati i più importanti successi delle selezioni nazionali giovanili degli ultimi anni. La vittoria nel 2014 al torneo di Mannheim e il secondo posto nel 2017 al Mondiale under 19 sono certamente solo quelli più brillanti. Forse nessuno meglio di lui conosce bene i tanti ragazzi che stanno venendo alla ribalta nazionale, pur destreggiandosi per il momento soltanto in categorie minori. Questo fa riflettere se guardiamo altrove, ci interroghiamo sul perché non vengano lasciati giocare in serie A. Una domanda, o problema, che si pongono addetti ai lavori e appassionati, non certo coach Capobianco.
«Le cose vanno analizzate molto in profondità, e questo vuol dire conoscere la storia della pallacanestro italiana. Dai Nando Gentile o gli Enzo Esposito che sedicenni già giocavano in serie A sono passati oltre 3o anni. Adesso in massima serie non si gioca a vent’anni, e lo hanno dimostrato tanti campioni. Questo riguarda il percorso formativo dei ragazzi, che non si deve mai fermare e certamente non deve rallentare a 20 anni, ma deve continuare ad avere una proiezione. Oggi personalmente non vedo questa grande problematica nel non far giocare i giovani diciottenni in serie A, altresì vedo la problematica di continuare a lavorare con loro. I fenomeni come Luka Doncic capitano raramente, e per questo credo che bisogna rispettare il percorso formativo dei nostri ragazzi. La cosa sulla quale davvero dobbiamo concentrarci è quella di far continuare a crescere i giovani».
“E’ importante formare i giocatori, non mandarli in campo prima possibile.
I Gentile e gli Esposito appartengono ad altri tempi”
Il concetto espresso dal responsabile tecnico del Comitato Nazionale Allenatori è di certo condivisibile. Ma questo lo diventa meno se prendiamo ad esempio Leonardo Totè che proprio alcune settimane fa si è dichiarato per il draft Nba. La giovane ala nel 2015 vinse il premio di Mvp all’European All Star Game della Fiba dedicato ai migliori prospetti under 18. In quella stessa partita partecipò anche il transalpino Frank Ntilikina senza destare alcun interesse. Due anni dopo però, mentre il francese viene selezionato da New York, l’azzurro è in A2 a Verona senza particolarmente brillare. Sorge spontanea la domanda perché Totè sembra aver smesso di crescere cestisticamente?
«La motivazione non la posso sapere - ha risposto Capobianco -, ma sicuramente posso dire una cosa: tra il prospetto Nba e il giocatore medio c’è una fascia di giocatori validi. Purtroppo noi siamo abituati a ragionare proiettati al primo o al quindicesimo posto, e invece ci sono anche il secondo, il terzo, il quarto. Con questo voglio dire che so per certo che Totè sta facendo un grandissimo lavoro con Luca Dalmonte, e penso che un giorno possa arrivare a giocare a certi livelli. Lui è un ’97, diamogli tempo».
Il torneo di Mannheim ha sempre significato parecchio per l’Italia, che nella bacheca è seconda con quattro vittorie alle spalle dei soli Stati Uniti che ne hanno vinti ben dieci. La manifestazione, giunta quest’anno alla sua 29esima edizione e intitolata al teologo e medico nonché premio Nobel Albert Schweitzer, è a tutti gli effetti un mundialito dedicato all’under 18 che l’Italbasket ha vinto nel ’66, ‘69 e ’83. A quelle vittorie hanno contribuito giocatori come Dino Meneghin e Antonello Riva che successivamente si sono affermati come grandi campioni azzurri. Quindi un bel trampolino di lancio, così come nel 2014 si sono messi in mostra Federico Mussini e Diego Flaccadori.
“Il processo formativo di un giocatore non si ferma a vent’anni:
il problema è continuare a lavorare anche dopo”
«Quella fu la mia seconda esperienza a Mannheim. Flaccadori si rivelò un fenomeno, mentre Mussini tutti ce lo invidiavano. Diamo a questi ragazzi il tempo di crescere non solo per l’età, ma soprattutto lavorando duro secondo un proprio percorso formativo così come facevano anche i ventenni di venti anni fa». Eppure non può passare inosservata la decisione del playmaker reggiano di lasciare la serie A per scendere in A2 a Trieste. «Posso dire quello che penso - ha continuato Capobianco -, e sicuramente lui e la società avranno valutato tante cose prima di fare questa scelta. Per me Mussini può diventare un grande giocatore, e lo dico sia per le sue doti umane che per le capacità tecniche. È normale che non deve assuefarsi su alcune cose, e conoscendolo so per certo che non lo farà».
L’impressione che si ha da fuori, però, è quella che i Danilo Gallinari, Marco Belinelli, ultima Cecilia Zandalasini, siano più delle rose nate nel deserto che i frutti di una scuola. «Purtroppo noi italiani abbiamo la mentalità di guardare l’orto del vicino e non il nostro. I fatti però dicono che noi esportiamo allenatori come Ettore Messina, Sergio Scariolo, Andrea Trinchieri, Luca Banchi, Simone Pianigiani, e quindi credo che la scuola italiana sia di un livello spaventoso. Non tutto è perfetto, ma i risultati che stanno ottenendo nelle ultime stagioni le varie nazionali giovanili erano anni che non venivano raggiunti. Questo significa che gli allenatori giovanili lavorano bene e permettono a tanti nostri ragazzi di arrivare a giocare ad alto livello. Oggi al femminile abbiamo Giorgia Sottana che gioca in un club prestigioso come il Fenerbahce, e Cecilia Zandalasini che è andata in Wnba seppur giocando poco. Da quanto non avevamo giocatrici in giro per il mondo? Almeno da un decennio con Raffaella Masciadri e Chicca Macchi. Al maschile abbiamo Gigi Datome e Niccolò Melli che giocano al Fenerbahce, squadra campione d’Europa, e questo non ci capitava da Gianluca Basile e Gregor Fucka al Barcellona. Non voglio dire che tutto è oro, però non dobbiamo neppure essere distruttivi. Piuttosto che rilevare solo le cose negative dobbiamo vivere con più entusiasmo le cose belle. Quell’entusiasmo che questi ragazzi ci regalano».
Di emozioni coach Capobianco ne ha vissute tante sulla panchina dell’Italia, e tra le più importanti vi sono di certo quelle provate in occasione del secondo posto raggiunto l’estate scorsa al Mondiale under 19. Un risultato incredibile che ha visto tra i principali artefici il giovane Tommaso Oxilia. Proprio come un cane che si morde la coda, non possiamo porci la domanda del perché la Virtus Bologna abbia deciso di mandarlo in A2 piuttosto che concedergli spazio in massima serie. «Io ho allenato in serie A, e so che di continuo bisogna fare delle scelte. Conoscendo bene dirigenza e staff della Virtus, persone degne di rispetto, so che le loro decisioni vengono fatte con attenzione per cercare di avere un domani una soluzione migliore. Penso che chi è dentro la situazione provi a fare la scelta migliore e più ponderata per il futuro del ragazzo, in questo caso di Oxilia. Bisognerebbe studiare un po’ la storia degli esordi dei giocatori».
“Abbiamo ottimi tecnici e dopo tanti anni anche ragazzi e ragazze che
giocano all’estero: la scuola italiana non è poi così male…”
E allora per cercare di comprendere queste scelte che ai più fanno storcere il naso, abbiamo studiato alcuni esordi dell’ultima Italbasket vincente, quella d’argento alle Olimpiadi del 2004. Spulciando nelle carriere di alcuni giocatori si viene a conoscenza che Gianluca Basile a 21 anni esordì in Nazionale e un anno dopo venne promosso in A con Reggio Emilia; Gianmarco Pozzecco a 20 anni era in B ad Udine, la sua carriera svoltò due anni dopo a Varese mentre l’esordio in Nazionale arrivò a 25 anni; Matteo Soragna esordì in A con Pistoia a 21 anni dopo aver giocato in B a Cremona, e vi ritornò soltanto a 26 anni in quel di Biella; Massimo Bulleri a 18 anni andò a Treviso, giusto il tempo dell’esordio in A e venne mandato in prestito nelle categorie minori a Ozzano, Mestre e Forlì.
Insomma, proprio come scritto all’inizio «a me piace parlare con i fatti, e le parole devono accompagnare i fatti. I fatti dicono che l’Italia dopo 31 anni è tornata a vincere il torneo di Mannheim e raggiunto tre podi consecutivi, mai successo prima - ha continuato Capobianco -. È tornata a medaglia ai Mondiali con il gruppo classe ’98, e due dei ragazzi sono entrati nel miglior quintetto (Tommaso Oxilia e Lorenzo Bucarelli, ndr). Della stessa annata ’98 abbiamo Davide Moretti che è arrivato terzo all’Europeo ed è stato inserito nel miglior quintetto della manifestazione. Noi dobbiamo mettere i fatti davanti alle parole, e questi sono fatti. Sono gli esempi di come questi ragazzi lavorano bene quotidianamente con allenatori preparati».
“Quote under anche in serie A? Non entro nel merito, ma io credo
agli schemi solo se servono a valorizzare le persone”
Ci si sta dibattendo se inserire quote under anche in massima serie, e volevamo sapere il pensiero del commissario tecnico azzurro a tal proposito. «Io ho massima fiducia nelle persone, per questo credo che chi debba prendere delle decisioni, giuste o sbagliate che siano, le prenda semplicemente per il bene di alcune situazioni. Non credo che ci si alzi la mattina e si voglia fare il bene o il male. Possono anche essere sbagliate, ma dietro c’è sicuramente uno studio che ha portato ad una tale decisione. Detto ciò non entro nel merito della cosa semplicemente perché non è mia competenza. Io mi limito ad allenare. Posso dire che per me gli schemi sono importanti, ma sono delle cornici al cui interno agiscono i giocatori in piena autonomia. Credo molto di più al miglioramento del giocatore che allo schema, credo più alla persona che allo strumento da utilizzare. La cosa più importante è sempre quella di valorizzare le persone e non gli strumenti, ma se questi servono a valorizzare le persone allora ben vengano».


TERZO PODIO CONSECUTIVO PER I RAGAZZI DI CAPOBIANCO

Terzo podio consecutivo a Mannheim per l’Italia di Andrea Capobianco, dopo l’oro del 2014 e il bronzo del 2016, è arrivata una nuova medaglia di bronzo per gli azzurrini che hanno chiuso bissando il successo sulla Russia (Miaschi e Palumbo: 32 punti per entrambi nell’89-78 conclusivo e 15 rimbalzi per il romano) dopo aver ceduto solo all’Australia in semifinale. Lo “Schweitzer”, vero mundialito under 18 che si disputa con cadenza biennale, è andato per la seconda volta consecutiva alla Germania. Miaschi è stato il migliore realizzatore del torneo con 160 punti, Palumbo il miglior rimbalzista (70). Gli altri azzurri: Costi, Dieng, Conti, Laganà, Czumbel, Graziani, Dellosto, Da Campo, Battistuzzi, Ladurner.


L’UNDER 18 AGLI EUROPEI IN AGOSTO IN LETTONIA

Dal 28 luglio al 5 agosto la Nazionale under 18 di coach Capobianco sarà impegnata agli Europei che si svolgeranno in Lettonia. Le città ospitanti saranno Ventspils, Liepaja e Riga. Gli azzurrini sono inseriti nel gruppo A insieme a Croazia, Grecia e i padroni di casa. Il terzo posto raccolto al torneo di Mannheim pone l’Italia tra le migliori selezioni. A Bari il 3 e 4 agosto ci saranno invece le qualificazioni per la Fiba Europe Cup 3x3 sia a livello maschile che femminile. Le squadre qualificate si contenderanno a Debrecen (Ungheria) dal 31 agosto al 2 settembre il titolo continentale. La Nazionale maschile under 18 prenderà poi parte ad ottobre alle Olimpiadi giovanili di 3x3 a Buenos Aires.



*: per il mensile BASKET MAGAZINE

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