giovedì 17 dicembre 2020

Serie B. La Sebastiani è tornata e con Ndoja e Righetti punta a crescere in fretta

Il campionato cadetto si arricchisce e a Rieti risveglia antichi ricordi e nuovi entusiasmi

La Sebastiani è tornata e con Ndoja e Righetti punta a crescere in fretta

Progetto ambizioso e senza badare a spese quello di Roberto Pietropaoli che ha rilevato il titolo di Valmontone: «Voglio subito la A2»


di Giovanni Bocciero*


È RITORNATO sul panorama cestistico nazionale un nome che ha fatto la storia della pallacanestro italiana: Sebastiani. A Rieti di certo non manca il basket visto che in A2 vi gioca la NPC, ma da quest’anno gli appassionati reatini potranno tornare anche a seguire una formazione in serie B che dalla denominazione ricorda la lunga tradizione cittadina, con la disputa di due semifinali scudetto e la vittoria di una Coppa Korac a fine anni ‘70.

La Real Sebastiani Rieti (che grazie al benestare della famiglia Di Fazi ha ottenuto l’autorizzazione per l’utilizzo del nome) è nata dalla volontà di Roberto Pietropaoli, fino a pochi mesi fa patron della compagine di calcio a 5. Attività cessata a causa del sequestro del palasport dove disputava le partite casalinghe. Oggi il basket, perché? «La pallacanestro è stata la mia vita - ha esordito Pietropaoli -, perché quando ero giovane ho addirittura fatto le radiocronache delle partite della Sebastiani. In realtà è strano che avessi fatto il futsal». La nuova società che ha grandi ambizioni ha iniziato con l’acquisto di un titolo. «Rieti ha rilevato il titolo sportivo di Valmontone, dove ero diesse da qualche stagione - ha dichiarato Paolo Moretti (Aggiornamento: il diesse Moretti ha rescisso il contratto l'1 dicembre scorso ed al suo posto è stato ingaggiato Domenico Zampolini nelle vesti di general manager) -, e sono stato travolto dal vulcanico patron che mi ha voluto per questo nuovo corso».

«Il progetto nasce per arrivare in serie A - ha chiarito Pietropaoli -, dove merita di stare la Sebastiani. La massima categoria è un impegno economico enorme per la nostra città, ma l’idea è quella di ritornarci e anche di ben figurare per la storia e i risultati raggiunti nel passato. È chiaro che oggi sono tempi diversi, ma credo che una discreta A1 a Rieti si possa fare». Le fondamenta del progetto vedono alcuni imprenditori romani affiancare Pietropaoli. «Sono un commercialista, e chi oggi mi dà una mano sono miei clienti. Gran parte del sacrificio economico lo faccio io - ha continuato il patron -, ma per il loro aiuto non posso che ringraziarli».

Roberto Pietropaoli (foto ufficio stampa Real Sebastiani) 

La nascita di questa nuova realtà ha comunque creato un dualismo con il club già presente in città ed operante dal 2011. Una convivenza che riguarda in particolar modo l’utilizzo del PalaSojourner. «Il palasport è chiuso per lavori di ristrutturazione, ma contemporaneamente è stato emanato un bando per la gestione - ha raccontato il diesse Moretti - che è stato vinto dalla NPC. Noi chiediamo di giocare in alternanza. Nel frattempo la proprietà ha deciso di costruirsi una casa propria, individuando una tensostruttura inserita in un centro sportivo al centro della città. Nel giro di venti giorni abbiamo montato parquet, canestri, e svolgiamo tutta la nostra attività lì, compresa quella giovanile che prevede la collaborazione con il club La Foresta Rieti. Le partite di Supercoppa le abbiamo giocate a Ferentino, mentre per il campionato abbiamo indicato sede di gioco Valmontone, sperando di avere disponibile il PalaSojourner. Anche perché non abbiamo bisogno di utilizzarlo per gli allenamenti ma solo per le gare». «Per l’uso del palasport dobbiamo trovare un punto d’incontro con il gestore - ha continuato Pietropaoli -, e spero che prevalga il buonsenso perché una società come la nostra, che disputa il campionato di B, non può giocare fuori città. Per evitare qualsiasi tipo di discussione ci siamo fatti la nostra casa, così come tanti club di serie A. Mi sono preso in affitto per 15 anni questa tensostruttura. L’abbiamo messa a nuovo, con tanto di palestra, e sarà il punto di riferimento di tutta la nostra attività».

Dalle parole di Roberto Pietropaoli si capisce che non ha nessuna intenzione di fare una “guerra cittadina”, ma anzi, ha un messaggio per tutti i reatini. «Li invito a seguire entrambe le realtà. Nella mia professione ho imparato che la concorrenza spesso stimola, fa crescere, e fa venire fuori quella voglia di superarsi. Quindi credo che tutti devono fare il proprio, nessuno deve remare contro. È giusto che a Rieti si esulti se fa risultato la NPC, così come se lo fa la Sebastiani. Poi è logico che ci sarà chi è più simpatizzante dell’una o dell’altra, ma parliamo sempre e solo della città di Rieti. Ed io che ci sono nato, cresciuto, ci vivo e la amo, penso che sia un orgoglio, chiunque vinca».

Juan Marcos Casini (foto ufficio stampa Real Sebastiani)

Il roster reatino è stato allestito con atleti forti, esperti e di ben altra serie, come il veterano Juan Marcos Casini, tre stagioni all’NPC Rieti e ora capitano della Sebastiani, mentre sono scesi di categoria l’esterno Federico Loschi, il centro Marco Di Pizzo, e gli ultimi innesti Andrea Traini e Klaudio Ndoja. Completano la squadra, che si presenta lunga e profonda, giocatori dai lunghi trascorsi in cadetteria e sempre protagonisti come le guardie Riccardo Bottioni e Manuel Diomede, e i lunghi Mathias Drigo ed Enzo Cena. Insomma ci sono tutti gli ingredienti per vedere una Rieti dominare il proprio girone e puntare dritta alla promozione. Ambizione per nulla nascosta. «Dobbiamo andare di corsa in A2 - ha sentenziato il patron -. Questo deve essere solo un anno di transizione. Non credo che la società, con un roster del genere, possa rimanere un altro anno in B. Ho voluto ingaggiare giocatori anche di categoria superiore con contratti pluriennali proprio per vincere subito e avere una base già pronta per la prossima stagione. Poi è logico che il campo è sovrano, e non è detto che se fai la squadra più forte vinci. Non è sempre un’equazione così scontata, però se non si fa una squadra di livello non puoi neppure aspettarti di vincere. Io ho fatto il mio - ha concluso Pietropaoli -, adesso il resto lo dovrà fare la squadra».

Ora la palla passa a coach Alex Righetti, alla sua terza esperienza da capo allenatore in B dopo Tiber Roma e Valmontone, che è voglioso di fare bene in una piazza storica. «Rieti ha un passato importante, ed è chiaro che arrivare in una società che riprende il nome della Sebastiani è uno stimolo per chiunque. Abbiamo la fortuna di vivere in una città che parla di pallacanestro, che è appassionata, dove tra l’altro vi sono due squadre che hanno giocato entrambe le ultime Final Eight di Supercoppa. Credo che di questo si debba essere orgogliosi, perché altrimenti si parla solo della rivalità tra la Sebastiani e l’NPC, e non che entrambe - ha osservato Righetti - portano in giro per l’Italia il nome della città».

L’ex argento ad Atene 2004 sa che bisogna lavorare duro per raggiungere l’obiettivo promozione. «L’avventura è iniziata molto bene. Siamo una squadra nata questa estate ma il progetto è molto ambizioso. Sarà un percorso importante e difficile, perché quando ci sono obiettivi di questo genere non è mai facile. La passione e la voglia di fare bene sono però la base per cercare di ambire ai risultati. Tutto questo c’è - ha continuato il coach -, e siamo contenti di vivere una realtà che ci dà stimoli ogni giorno. Adesso non ci resta che lavorare duro evitando di farci prendere dalla pressione, che alla lunga può diventare deleteria e farci perdere lucidità».

Alex Righetti (foto ufficio stampa Real Sebastiani)

Bisogna considerare anche il momento storico, con la pandemia in atto che potrà condizionare e non poco il regolare svolgimento del campionato. «Sarà una stagione diversa in tutto, dalla programmazione ai tamponi che dovremo fare, alle eventuali situazioni che ogni squadra dovrà affrontare. All’attenzione che dovranno avere tutti i componenti della squadra nel quotidiano, perché un comportamento superficiale può compromettere una o più partite. Non sto qui a dire cosa bisogna fare e cosa no, ma posso dire che bisogna essere responsabili. Ci saranno dei casi, ma se stiamo attenti e usiamo le giuste precauzioni possono essere limitati. Per il campionato, spero che un caso di positività si possa trattare come un infortunio. Ovvio che chi risulta positivo deve avere un trattamento di riguardo - ha concluso Righetti -, ma fermarci ogni volta che succede qualcosa ha poco senso». E Rieti, che ha disputato la Final Eight con ben tre assenze connesse al Covid, ha già constatato una eventualità di questo genere.

Mentre scriviamo la società è tentata dall’ingaggiare il centro Marco Cusin. Ma per il momento il colpo grosso del mercato è stato Klaudio Ndoja. «Ho scelto Rieti per la storia e la tradizione, e perché ci sono poche realtà che progettano per il futuro. Nella mia carriera ho sempre cercato di scegliere progetti importanti, e qui a Rieti c’è un modo di fare le cose molto professionale, che mi sento di dire migliore di tante realtà di A e A2. Mi interessava far parte di qualcosa che andasse al di là della serie. Non mi è mai dispiaciuto sporcarmi le mani scendendo di categoria - ha proseguito l’ala italo-albanese - e fare un passo indietro per poterne poi fare due in avanti. Questo è ciò che mi ha spinto a fare questa scelta, unita ovviamente alla serietà del patron Pietropaoli, che ha dimostrato di saper raggiungere traguardi importanti seppur in un altro sport. E siccome l’obiettivo mio e della società è quello di vincere, non è stato difficile accettare». Rieti è tra le favorite della cadetteria. Ma cosa potrà dare Ndoja? «È chiaro che partiamo per vincere. Questo fa sì che ci sia grande responsabilità e consapevolezza più che pressione. Sappiamo che squadra è stata costruita e conosciamo i nostri obiettivi. Abbiamo la fortuna di poter continuare a giocare nonostante il periodo, e sono certo che i risultati arriveranno. Non so cosa posso dare in più alla squadra. So però che tutti insieme vogliamo regalare la vittoria alla società e alla città. Cosa possiamo dare singolarmente - ha concluso Ndoja - è poco importante. Conta il risultato finale della squadra».



* per la rivista BASKET MAGAZINE