mercoledì 22 febbraio 2017

NCAA Weekly Recap Division I

NCAA Weekly Recap Division I - Villanova chiude la pratica



Tutto ciò che è accaduto sui parquet più importanti del college basketball durante la settimana.




Kansas archivia la dodicesima regular season della BIG XII; Arizona, Oregon e UCLA si contendono la Pac-12.... continua a leggere!

domenica 19 febbraio 2017

La continua scalata di Robert Williams

La continua scalata di Robert Williams

di Giovanni Bocciero

Alle volte s'inizia una cosa per caso, e la si continua a fare per puro divertimento, quasi fosse un hobby. Ma con la giusta passione, quel passatempo può anche diventare qualcosa di veramente importante. È accaduto a Robert Williams, il lungo freshman di Texas A&M, che sta riscuotendo un incredibile successo in questa sua stagione al campus di College Station. E la pallacanestro non era esattamente nei suoi piani. O almeno non ad un livello professionistico. In realtà il giovane Robert deve ringraziare il papà che lo ha spinto a praticare questo giochino, e quando ci ripensa ha sempre una domanda fissa: "Dad, how did you know I wanted to play basketball?". E la risposta è straordinaria: "Non lo sapevo, credevo fosse uno sport come un altro e che si addicesse a te". Eccome, verrebbe da esclamare adesso.

Robert Williams
ROBERT WILLIAMS
Il ragazzo classe '97 è un figlio della Louisiana, nato a Shreveport e cresciuto a Vivian dove ha frequentato la North Caddo High School. Agli ordini di coach Ron Meikle ha avuto modo di lavorare e svilupparsi sino all'anno da junior, che è stato quello dello spartiacque. Volete farvi una risata? Come qualsiasi teenagers della sua età, quando entrava nel solito supermarket per comprare la busta di patatine che preferiva, per via della sua altezza veniva "usato" dagli altri clienti per prendere le cose che stavano poggiate sugli scaffali più alti. Quando invece ha iniziato a mettersi in evidenza nel basket - e ritornava a quello stesso supermarket - si doveva concedere a fotografie e autografi tanto che stava diventando celebre. A suon di ottime prestazioni coincise con una media di 21 punti e 13 rimbalzi, si sono iniziate a fare pressanti le richieste di scuole private pronte ad accogliere Williams a braccia aperte. In tanti lo volevano in procinto di trasferirsi nel vicino Texas - Vivian dista solo 18 km dal confine -, eppure la mamma non ha mai vacillato alle innumerevoli telefonate. Nonostante le dicessero che in un piccolo liceo di Vivian il figlio non avrebbe mai attratto gli scout, lei rispondeva seccatamente: "If Robert is as good as you all say, he is going to be just fine".


La storia è finita? Assolutamente no. Su Robert Williams si potrebbe scrivere un libro anche per il solo reclutamento al college. E così come predetto dalla madre, pur senza militare in un high school blasonata il ragazzo ha comunque attirato gli scout. Ma badate bene, non aveva certamente la fila fuori la porta di casa. Considerato il miglior prospetto della Louisiana, ovviamente LSU voleva portarlo al proprio campus di Baton Rouge. Lo ha cercato fortemente anche North Carolina State che aveva intenzione di formare un'asse play-pivot dinamico ed esplosivo con l'altro talento freshman Dennis Smith Jr.. E poi c'erano le offerte di borsa di studio dei due atenei texani, ovvero Baylor e Texas A&M. Il primo rappresenta uno dei programmi cestistici più interessanti degli ultimi anni, tanto che sta sfornando ottimi giocatori. Ma rispetto a LSU, N.C. State e Baylor, Texas A&M e principalmente coach Billy Kennedy avevano il cosiddetto asso nella manica. Essendo il tecnico originario della Louisiana ha diversi contatti nello stato. Ma mai si sarebbe immaginato, forse, di trovare il maggior alleato nella corsa al reclutamento del ragazzo in... sua moglie Mary. Ebbene sì. Dapprima il coach si è dovuto rivolgere a sua cognata, vicina di casa dei cugini di Robert. Poi Kennedy ha scoperto che un prozio di Williams aveva lavorato per un piccolo negozio di alimentari, lì a Vivian, il cui proprietario era lo zio di sua moglie. Alle volte il mondo è davvero piccolo. Da qui a convincere il ragazzo ad impegnarsi con gli Aggies il passo è stato davvero breve.


Giunto a College Station questa estate, ha fatto da subito impallidire diversi compagni di squadra e membri dello staff per il suo atletismo. "Robert can jump out of the gym", dichiarò la guardia Admon Gilder. Williams si fa apprezzare soprattutto per il suo carattere caparbio, che lo rendono un indubbio lottatore. È l'identikit esatto che stanno ricercando le squadre Nba, ovvero lunghi mobili ed agili che abbiano una grande presenza ed intimidazione in vernice.


Ha iniziato la stagione da classica riserva, ma poi coach Kennedy non ha potuto fare a meno (anche su pressione della stampa) di promuoverlo nello starting-five. E lui ha risposto presente, viaggiando su cifre quali 11.6 punti, 7.4 rimbalzi, 2.5 stoppate, 1.3 assist, 57% dal campo e 61% dalla lunetta. Anche se quest'ultima percentuale non gli fa abbastanza giustizia. Ha tutte le potenzialità per diventare un'autentica "double-double machine". Tante sono le incognite che comunque lo accompagnano. Tecnicamente è ancora molto grezzo con un tocco non morbido. Difensivamente ci mette tanto impegno ma non è raro vederlo battuto per poi ripiegare sulla stoppata da dietro. È però una forza della natura, e sinceramente nella mia squadra lo vorrei sempre un giocatore come lui. Oltre ai mezzi fisici, è l'apertura alare da 7-4 che fa certamente illuminare lo sguardo agli scout. I quali storcono però il naso di fronte ad un ala-pivot di appena 2.06 (Derrick Williams, Thomas Robinson, troppo lenti per giocare da esterni, troppo bassi per giocare da lunghi, vi dicono nulla?). Per questo dovrà lavorare moltissimo nell'allargarle il proprio range di tiro.


Espn considerava Williams come numero 50 della speciale graduatoria dei Top 100 liceali della classe 2016, ma adesso tutti si sono dovuti ricredere. È pur vero che ogni anno ci sono stati dei freshman andati ben oltre le più rosee aspettative, guadagnando la stima ed i favori degli addetti ai lavori e di conseguenza scalando i mock draft. Soltanto negli ultimi anni si possono citare Ben McLemore, Zach LaVine, Marquese Chriss, tutti valutati intorno o più in basso al numero 50 della propria classe e finiti poi per essere scelti in piena lottery tra la 7ma e la 13ma chiamata. Dunque in previsione Nba draft 2017 è probabile che il giovane Robert possa essere scelto intorno alla decima chiamata, mal che vada verso la metà del primo giro. Ovvio che l'up and down dipenderà unicamente dalle prestazioni che continuerà a fare con Texas A&M che quest'anno non sembra essere molto competitiva. Di fatto gli Aggies sono quasi con un piede e mezzo fuori dal Torneo Ncaa. Non diminuirà comunque la presenza degli osservatori alle loro partite, e non per vedere i più attesi Tyler Davis o D.J. Hogg, bensì per valutare il processo in corso d'opera di Robert Williams.

venerdì 17 febbraio 2017

Nona puntata di Fuoco Bianconero

Trasmissione Fuoco Bianconero

Mitchell Watt che schiaccia (Foto Elvio Iodice)


Ecco a voi la nona puntata di Fuoco Bianconero, rotocalco televisivo in onda su TelePrima (canale 91 del digitale terrestre) in cui si parla e si analizzano le prestazioni della Juvecaserta. Ospiti della puntata l'ala francese della squadra casertana Yakhouba Diawara e il giornalista Giovanni Bocciero.




giovedì 16 febbraio 2017

La storia siamo noi: Oscar, l'uomo che rifiutò la NBA

La storia siamo noi: Oscar, l'uomo che rifiutò la NBA

Scelto nel 1984, disse no ai Nets per non rinunciare alla Nazionale brasiliana. Chiamato da Tanjevic, con i suoi canestri scrisse la leggenda della JuveCaserta.



di Giovanni Bocciero*


CASERTA - Lo scorso 18 dicembre il leggendario Oscar Daniel Bezerra Schmidt è ritornato a Caserta dopo ben tredici anni dalla sua ultima visita. Quella volta, l’8 dicembre del 2003, lo faceva per dire ufficialmente addio alla pallacanestro giocata con l’“Oscar Game”, kermesse alla quale parteciparono tanti ex atleti con cui il bomber brasiliano ha giocato insieme o da avversario. A distanza di tredici anni, con una battaglia vinta contro il tumore al cervello non del tutto archiviata, è ritornato a calcare il legno del PalaMaggiò.
Questa volta però, non c’erano compagni o avversari ad attenderlo, la scena è stata tutta per lui. Un autentico “Oscar Day” in cui l’idolo bianconero degli anni ’80 ha potuto salutare il suo pubblico, quello composto da persone con i capelli bianchi che hanno vissuto gli anni d’oro del campione carioca; ma anche dai più giovani che magari di Oscar giocatore hanno visto poco o nulla, ma che attraverso i ricordi di amici e parenti oppure tramite immagini piuttosto datate sanno tutto sulla sua vita cestistica.
Primatista mondiale con 49.737 punti segnati, per tutti è Mao Santa.
"Frutto dell'allenamento, il talento non basta". (Foto Elvio Iodice)
Oscar può essere definito senza troppa presunzione un vero e proprio “eroe dei due mondi”, anche se in Italia non è riuscito ad alzare lo stesso numero di trofei che invece lo hanno reso celebre sin da giovanissimo in patria. Successi frutto unicamente della sua filosofia, ovvero quella che per arrivare a toccare i più alti livelli della pallacanestro bisogna lavorare duramente e soprattutto quotidianamente in palestra. Bisogna ripetere, ripetere e ancora ripetere gesti e movimenti affinché questi diventino così scontati e naturali da farli come se si bevesse un bicchiere d’acqua. Da questo punto di vista la Mao Santa è stato un grande esempio che tantissimi giovani cestisti dovrebbero prendere come modello se vogliono sfondare come giocatori professionisti.
Il campione che “piangeva e segnava”, così lo definì coach Boscia Tanjevic quando indicò il rinforzo per la sua JuveCaserta al general manager Giancarlo Sarti. Perché Oscar prima ancora che un atleta era un uomo dal grande sentimento, che faceva ciò che più gli piaceva con passione e amore. Un amore viscerale che lo ha portato a rifiutare addirittura le avance della NBA e l’offerta milionaria del Real Madrid per restare a Caserta, al fianco del Cavaliere Giovanni Maggiò.
Nel primo caso il brasiliano, al pari di Drazen Dalipagic, Dino Meneghin e qualche altro campione del passato, anche recente come Dejan Bodiroga, è da considerarsi a tutti gli effetti uno dei più grandi a non aver mai calcato i palcoscenici della lega professionistica americana. E giusto per rendere l’idea, già dal 1984 si sarebbe potuto iniziare a parlare di un cecchino pazzesco che tirava e soprattutto segnava tiri incredibili e da distanze siderali alla Stephen Curry.
E se invece si fosse concretizzato il suo passaggio alle merengues, si sarebbe costituita una delle coppie più illegali mai viste su di un parquet quantomeno del Vecchio Continente, con lui, “O Rey do triple”, ed “il Mozart dei canestri”, Drazen Petrovic. Non a caso i due si esibirono da avversari in una delle partite che hanno fatto la storia della pallacanestro mondiale, la finale di Coppa delle Coppe tra Real Madrid e JuveCaserta nella quale in due segnarono la bellezza di 106 punti. Quel match del 1989 sarebbe stato, però, il preludio alla separazione tra Oscar e Caserta. Un divorzio mai digerito dal fuoriclasse che a distanza di anni ci tiene ancora a sottolineare come sia stato tradito da coloro con i quali condivideva lo spogliatoio.
"A Maggiò e Tanjevic devo tutto. Caserta mi ha trasformato in meglio anche
come persona: indimenticabile". (Foto Elvio Iodice)
L’uomo, il precursore, l’amore e la devozione. Perché, appunto, lui non era un qualsiasi campione giunto soltanto per vincere delle partite. Con Caserta e per Caserta sarebbe, forse, rimasto a vita a giocare, dopotutto lui si era integrato sin da subito nella piccola realtà del Mezzogiorno d’Italia, era diventato uno scugnizzo proprio come i vari Nando Gentile ed Enzo Esposito, e a ritmo di samba aveva fatto innamorare e si era allo stesso tempo innamorato di una intera popolazione, della quale adesso più che mai è parte integrante avendo avuto la cittadinanza onoraria.
Oscar aveva trascinato con la sua leadership ed il suo carisma la JuveCaserta dall’A2 sino al tetto d’Europa, facendola competere alla pari con i più blasonati club del contesto nazionale quanto di quello continentale. Un’avventura che lo ha portato in un certo senso ad essere eletto a simbolo di un riscatto che va ben oltre il solo ambito sportivo, ma che ha toccato evidentemente anche quello sociale. Un atleta che partito da San Paolo è diventato leggenda all’ombra della Reggia.

A Caserta mancava dall’8 dicembre del 2003, quando ha disputato la partita d’addio al basket giocato. Rispetto a quella data ha provato delle emozioni differenti nel rivedere la città, i tifosi, gli amici?
«Sì, questa volta è stato tutto molto differente. Sono stato con la famiglia Basile tutti i giorni, ed ho potuto vedere, toccare, sentire quanto loro mi vogliono bene. È stato bello riabbracciarli, così come riabbracciare tutta Caserta».
Al pubblico casertano ha detto che avrebbe voluto tirare ancora una volta ai canestri del PalaMaggiò. Ma nel 2003 è stata l’ultima volta che ha indossato le scarpette da basket?
«Sì, è stato proprio così. Io ritengo che la pallacanestro sia una cosa seria, non un gioco, per questo non va affrontata con sufficienza».
Ha ricevuto la cittadinanza onoraria e l’inserimento nella Hall of Fame italiana. Sono riconoscimenti che un po’ già sentiva di possedere seppur non ufficialmente?
«Certo che sì. Io già mi sentivo un cittadino casertano a tutti gli effetti, mentre invece l’inserimento nell’Hall of Fame è arrivata con un po’ di ritardo, ma l’accetto con grande orgoglio e rispetto».
Chi era Oscar Schmidt prima che arrivasse a Caserta, e quanto hanno cambiato la sua vita i tanti anni trascorsi in Italia?
«Sono arrivato a Caserta che ero appena sposato con la mia Cristina, ho imparato la lingua, ho avuto due figli bellissimi, e me ne sono andato via dall’Italia che ero completamente tutta un’altra persona».
Sapendo che lei tiene moltissimo alla sua famiglia, si può dire che il Cavaliere Maggiò e coach Tanjevic siano state le due persone più importanti della sua vita?
«Assolutamente sì, gli devo davvero tanto, così come vale per alcuni amici brasiliani».
Quando giocava finiva sempre l’allenamento tirando centinaia di volte a canestro, è lì che si è costruito il suo talento?
«Senz’altro, perché io credo nel duro allenamento e non nel talento così, donato per mano divina. Un intero giorno passato in palestra dice tutto quello che sei e soprattutto cosa puoi dare e diventare».
49.737 punti realizzati, nessuno mai come lei, ancora oggi. Si sente un po’ il miglior giocatore di sempre, irraggiungibile, o crede che altri siano i veri campioni?
«No, certo che non mi sento irraggiungibile. Però c’è da dire che, giocando per tanti anni, va a finire che proprio come successo a me segni tanti punti».
"Il tiro da tre punti non è mai un abuso. Oggi c'è una squadra, i Warriors,
che gioca come ai miei tempi". (Foto Elvio Iodice)
Il tiro da tre punti era la sua specialità, ed oggi spesso ci si dibatte sulla sua troppa esagerazione. Lei cosa ne pensa a riguardo, si abusa troppo delle triple?
«Oggi c’è una squadra in NBA come Golden State che gioca esattamente come si giocava durante il periodo della mia generazione, e io posso dire soltanto belle cose su di loro, quindi non credo si abusi del tiro da tre».
È stato scelto al Draft del 1984 dai New Jersey Nets, eppure non ha mai giocato in NBA. Perché non c’è voluto andare o perché non è nata l’occasione?
«Se avessi giocato una sola partita nella NBA, non avrei potuto giocare mai più con la nazionale brasiliana, che sentivo mia, quindi sono stato costretto a fare una scelta».
Qualcosa lo ha confessato adesso, ma le è mai pesato il giudizio a Caserta che con lei in squadra non si vinceva perché era ingombrante?
«Sì, tantissimo. Bisogna però ricordare che sono venuto a Caserta dopo aver vinto tutto nella pallacanestro, tutti i trofei disponibile a cui ho partecipato con il Sírio. Boscia Tanjevic mi scelse dopo che perse la Coppa Intercontinentale contro di me e la mia squadra. Ciò di cui mi hanno accusato è soltanto la scusa di coloro che non sapevano giocare bene a pallacanestro».
Ha giocato la sua ultima partita ufficiale all’età di 45 anni. Questo testimonia tutto l’amore e la passione che prova per la pallacanestro?
«Certo che sì. Si tratta di tantissimo tempo, ed io sono stato fortunato ad aver avuto la possibilità di praticare la pallacanestro sempre ad altissimo livello».
I suoi ex compagni di squadra Esposito e Dell’Agnello sono diventati allenatori di successo. Lei se lo sarebbe mai immaginato?
«Certamente, perché uno che ha passato la vita come giocatore possiede tutto per diventare un buon allenatore».
Parliamo della famiglia Gentile. Ha seguito le ultime vicende di Alessandro e Stefano, cosa pensa delle carriere che stanno avendo i figli Nando?
«È difficile avere i figli che vogliono giocare a pallacanestro, soprattutto se si ha un padre come Nando che è stato un vero crack. Spero che possano risolvere per bene i loro diversi problemi ed imitare il papà in campo».
Lei spesso si lasciava andare alle lacrime in campo, dimostrando di essere un campione sincero, forse troppo emotivo. Ma ha mai pensato di allenare?
«Oggi faccio conferenze motivazionali per le imprese e nelle scuole. Sinceramente non penso che allenerò… per adesso».
Lei ha dovuto lottare contro il tumore. Oltre ad una leggenda del basket è diventato anche un esempio umano da seguire?
«Non mi va di essere ricordato per questo. Cioè, ho avuto una vita bellissima, se Dio mi volesse adesso non posso farci niente. Non per questo posso permettermi di piangere, devo proseguire con la cura, tenermi sotto controllo. Questo è un obbligo».
Infine, c’è un giocatore in giro per il mondo che le assomiglia, in cui lei rivede un Oscar Schmidt per modo di giocare e/o per il carattere?
«Ognuno è sé stesso, e non vedo giocatori che mi assomigliano. Da giovane ho avuto degli idoli, alcuni che mi assomigliavano e altri che neanche andavano vicini a come giocavo. Sto parlando di Ubiratan “Bira” Maciel, Bob Morse e Larry Bird».
Ha chiuso la sua carriera dopo 1289 partite e 42.044 punti segnati (403 e 13.957 in Italia, secondo dietro Antonello Riva con 14.423 punti che ha giocato 792 gare). A questi numeri aggiunge le 326 partite e i 7.693 punti segnati con la maglia oroverde del Brasile per un totale di 1615 gare disputate e, appunto, 49.737 punti: record mondiale assoluto.




* per la rivista BASKET MAGAZINE

mercoledì 15 febbraio 2017

Da Rabb a Bacon, ecco i sophomore da Nba

Da Rabb a Bacon, ecco i sophomore da Nba

IVAN RABB (FOTO DA SPORTSIDE)

Quando le franchigie Nba si apprestano a scegliere al draft, vorrebbero sempre pescare giocatori giovani (tra i 18-19 anni), talentuosi, con potenziale e immancabilmente pronti per essere subito decisivi per le sorti della squadra. Qualità che difficilmente si trovano tutte nello stesso giocatore, anche se non mancano casi come Karl Anthony Towns, prodigio uscito da UKEcco una carrellata dei sophomore più attesi dalla Nba, vediamo come stanno giocando quest’anno e quali sono le loro prospettive future. Continua a leggere cliccando qui!

NCAA Weekly Recap Division I – Chi riuscirà a battere Gonzaga?

NCAA Weekly Recap Division I


Tutto ciò che è accaduto sui parquet più importanti del college basketball durante la settimana.

JOSH JACKSON IN AZIONE CONTRO TEXAS TECH (FOTO DA KUSPORTS)


Nella Big XII Conference, i Kansas Jayhawks la spuntano sempre nel finale con un superlativo Josh Jackson. Nella Pac-12 Conference invece, gli Arizona Wildcats restano ancora in vetta pur senza brillare. Clicca qui per continua a leggere!

sabato 11 febbraio 2017

Successo per la Winter Cup di Futsal. Novità marketing per la Lollo Caffè Napoli

Successo per la Winter Cup di Futsal. Novità marketing per la Lollo Caffè Napoli

di Giovanni Bocciero*


In settimana presso la struttura del Centro Federale FIPAV di Cercola (Napoli) si è disputata la IV edizione della Winter Cup di Futsal. La manifestazione che ha visto ai nastri di partenza oltre ai padroni di casa del Lollo Caffè Napoli, anche i campioni d’Italia in carica del Pescara, l’Acqua & Sapone Montesilvano e la Luparense, è stata trasmessa da Fox Sports (canale 204 del bouquet Sky).

La competizione è arrivata addirittura sugli schermi di Espn negli Stati Uniti. Due giorni di gara (martedì 7 e mercoledì 8) in cui a trionfare è stata l’Acqua & Sapone, che ha regolato nella finale dal sapore di derby abruzzese il Pescara con il punteggio di 5-3.

La competizione è stata organizzata dalla locale formazione napoletana del presidente Ciro Veneruso, con il supporto della Divisione Calcio a 5. Presente sia nella giornata delle semifinali che in quella della finale il neo eletto presidente della Divisione Calcio a 5, Andrea Montemurro, accompagnato dal vice presidente vicario Andrea Farabini e dal vice presidente Vittorio Zizzari. In questi giorni Montemurro ha inoltre incontrato a Roma Michele Criscitiello, direttore di Sportitalia (che trasmette le gare di regular season del campionato di Serie A) per ampliare l’offerta del futsal sul canale sportivo visibile sul digitale terrestre agli altri tornei di Serie A2 e B.

In occasione della Winter Cup comunque, il Lollo Caffè Napoli ha stretto nuove partnership con diverse aziende del territorio, ma soprattutto ha rafforzato il legame con il proprio main sponsor (Lollo Caffè). Durante la partita di semifinale in cui la compagine partenopea è uscita sconfitta contro il Pescara con il punteggio di 4-3, i calcettisti hanno indossato una divisa da gioco particolare. Onorando il proprio sponsor i giocatori sono scesi in campo con un completino di color marrone che richiamava dei piccoli chicchi di caffè.



* per SPORTECONOMY --- Link originale

martedì 7 febbraio 2017

NCAA Weekly Recap Division I – Gonzaga resta prima: 24-0!

NCAA Weekly Recap Division I


Tutto ciò che è accaduto sui parquet più importanti del college basketball durante la settimana.

BALL VS FULTZ, FENOMENI A CONFRONTO (FOTO MASSLIVE.COM)

Scossone in Big XII: sono cadute Kansas, Baylor e West Virginia; nella Pac-12 Oregon annienta Arizona, e UCLA di Lonzo Ball batte Markelle Fultz. Continua a leggere cliccando qui.