mercoledì 22 maggio 2019

L'Italia sportiva vuole il suo museo, che oggi è una sfida possibile

Il Senatore Claudio Barbaro, nell'editoriale scritto per la rivista Primato edito dall'associazione Asi Nazionale che lui stesso presiede, ha accesso i riflettori sulla necessità di avere un Museo Nazionale dello Sport. Questa volontà nasce da due dati molto importanti: i milioni di turisti che affollano ogni anno i musei italiani; i tanti sportivi e la loro grande partecipazione agli eventi. Diamo qualche numero, così come fatto egregiamente da Barbaro. Nel 2018 si sono contati 63 milioni di turisti venuti da ogni parte del mondo per ammirare quasi 5 mila musei presenti su tutto il nostro territorio. I dati pubblicati dal Ministero della Cultura nel 2017 dicono che sono stati oltre 50 milioni i loro visitatori, raddoppiando quasi la cifra rispetto a dieci anni fa.


Per celebrare degnamente chi ha contribuito a rendere l’Italia
grande nel mondo e per costruire cultura sportiva, Asi presenta una
petizione e lavora ad un progetto di crowdfunding per la realizzazione
di un museo dello sport. L’iniziativa gode del supporto di un Governo

che allo sport ha dimostrato di guardare con altri occhi.
Dall'altro lato lo sport in Italia è un vero e proprio mercato. Recentemente il presidente del Coni Giovanni Malagò ha sottolineato che proprio lo sport è l'unico comparto del Pil che cresce costantemente. Negli ultimi dodici mesi ha toccato un +3,5. Questo perché intorno agli eventi sportivi c'è una grande partecipazione. Sia fisica, cioè in loco, che virtuale, attraverso la televisione o con le nuove forme di fruizione tramite i più svariati devices. Da questa analisi nasce l'idea di rilanciare il progetto di un Museo Nazionale dello Sport. Un luogo che raccolga cimeli capaci di raccontare la grandezza della storia sportiva italiana scritta dalle gesta di indimenticabili atleti.

La prima proposta di un Museo Nazionale dello Sport fu avanzata da Mario Pescante all’inizio degli anni 2000, quando era Sottosegretario ai Beni Culturali con delega allo Sport. Lui voleva recuperare la Casa delle Armi del Foro Italico - negli anni '80 adibita addirittura ad aula bunker per i processi di casa nostra - per crearvi un luogo rappresentativo del mondo sportivo che potesse aiutare a diffondere una vera cultura sportiva

C’è un progetto fermo dalla fine del 2001 di cui si fece promotore
l’allora Sottosegretario ed ex presidente del Coni Pescante 
che sarebbe
dovuto sorgere all’interno del parco del Foro Italico. Studi e disegni
da troppo tempo giacciono in un cassetto. Fonte foto: Primato

La realizzazione di questo 'sogno' non è comunque semplice. Ci sono difficoltà legate principalmente agli investimenti - e quando mai - necessari per creare una struttura che sia un luogo dove poter richiamare i visitatori e fargli vivere un’esperienza divertente e coinvolgente di storia e di sport. Ma le potenzialità ci sono tutte. C’è il prodotto - una grandissima tradizione e storia sportiva - c’è il mercato (i 5000 musei italiani nel 2016 hanno raccolto oltre 110 milioni di persone) e potrebbe facilmente trovarsi la posizione. Insomma, dal punto di vista del marketing, l'idea è ottima.

Come proposto e dichiarato da Pescante a suo tempo, una nuova destinazione per l’Accademia di Scherma del Foro Italico è la scelta più logica e ideale, perché riqualificherebbe tutta l’area già destinata allo sport e in questo modo potremmo utilizzare il Foro Italico a trecentosessanta gradi e farne un polo di attrazione unico”. Magari si potrebbe cercare anche di creare la giusta atmosfera emozionale, sfruttando gli spazi sotterranei ampiamente presenti per ricavarne un anfiteatro - come si evince dal progetto - che rappresenterebbe un ingresso monumentale del museo.

sabato 4 maggio 2019

Il paisà DiVincenzo e tutti gli Italians negli States

Chi è Donte, l'italiano che ha conquistato due titoli Ncaa con Villanova

DiVincenzo, l'azzurro nel cuore

Scelto da Milwaukee, ha potuto giocare nella Nba solo 27 partite, bloccato da un infortunio. In arrivo la naturalizzazione


di Giovanni Bocciero*



COSA HANNO in comune Gregor Fucka, Marcelo Damiao, Nikola Radulovic, Mike Sylvester, German Scarone, Dante Calabria, Dan Gay, Mason Rocca, Mark Campanaro, Christian Burns e Jeff Brooks? Che hanno indossato la casacca azzurra della nazionale di pallacanestro da naturalizzati. Ed è quello che potrebbe accadere anche a Donte DiVincenzo, guardia dei Milwaukee Bucks in procinto di ottenere il passaporto italiano e magari difendere i colori dell’Italia già al prossimo mondiale in Cina.

DA MICHAEL JORDAN A BIG RAGÙ. DiVincenzo è nato e cresciuto nel Delaware, di certo non uno stato conosciuto per la pallacanestro. Tre infatti sono i soli giocatori da lì provenienti che sono riusciti ad arrivare in Nba, tutti con meno di 200 presenze: Terence Stansbury, A.J. English visto anche in Italia a Trieste, Roma, Forlì e Pistoia, e Laron Profit passato per Montegranaro.
CRESCIUTO TRA CALCIO E BASKET, HA SCELTO LO SPORT DEI
CANESTRI MERITANDOSI IL NICKNAME DI 'JORDAN DEL DELAWARE'
Sin da piccolo Donte è un ragazzino che stenta a stare fermo, e così si divide tra il calcio e il basket. Qualche suo professore se lo ricorda, a sei anni, che seguiva il fratello maggiore in palestra mettendosi in disparte a palleggiare e tirare fino a quando il custode non arrivava per chiudere la struttura. In piena adolescenza lascia per sempre i campi in erba per dedicarsi corpo e mente alla pallacanestro. Ben presto si fa notare per le sue qualità tanto da conquistarsi il soprannome di ‘Michael Jordan del Delaware’. È il piccolo stato del Delaware, appunto, per questo pur se si distingue non arriva ad avere una grande fama a livello nazionale. Essendo un prospetto quattro-stelle viene avvicinato comunque da qualche università prestigiosa come Syracuse, Notre Dame e Villanova. Alla fine dopo un vero e proprio percorso spirituale con padre Christian Beretta, cappellano alla Salesianum High, ha scelto di frequentare Villanova perché più vicina a casa. L’ambientamento al college non è semplice, perché passa da una situazione in cui faceva praticamente quel che voleva, fuori e dentro il campo, ad una in cui è costretto ad entrare in punta di piedi.
Oltretutto nel suo primo anno, dopo otto gare, si fa male ad un piede e non contribuisce per nulla alla vittoria del titolo Ncaa del 2016. È un leone in gabbia, si lega particolarmente a padre Robert Hagen - cappellano della squadra - che lo aiuta a superare il difficile momento. Nel secondo anno è una furia e nella gara contro Virginia il giornalista Gus Johnson lo chiama Big Ragù. Il nickname è piuttosto semplice da capire date le sue origini italiane e la capigliatura color rosso malpelo. Nonostante ciò ha ancora tanto da imparare, coach Jay Wright lo reputa un gran talento offensivo ma molto meno difensivo, e per l’equilibrio della squadra è relegato a sesto uomo. Ruolo che gli sta stretto ma che accetta con grande dedizione. L’apice l’ha raggiunto nella finale Ncaa del 2018, quando è stato illuminato da una onnipotenza cestistica che gli ha permesso di guidare i Wildcats al successo e di essere nominato quale Most Outstanding Player della partita.

DA EROE ALLA NBA. Quella partita lo hanno reso un vero e proprio eroe, oltre ad avergli spalancato le porte della Nba. Ma DiVincenzo ha comunque vissuto altri momenti importanti lungo la sua giovane carriera che lo hanno forgiato. Ad esempio al liceo è stato protagonista di un palpitante finale thriller che lo ha visto andare in lunetta, a tempo scaduto, nella partita decisiva per la regular season. Purtroppo per lui sbagliò entrambi i tiri liberi e la sua squadra perse contro la Smyrna High. Smaltita l’amarezza però, ha poi trascinato la squadra al suo secondo titolo consecutivo.
La fama spesso accende le luci sul passato, ed è così che la vittoria del titolo Ncaa 2018 ha fatto scoprire un’altra personalità del ragazzo. Ma andiamo con ordine. DiVincenzo sembra essere stato sempre un po’ ribelle, un ragazzo scapestrato che da adolescente ne ha fatte di cotte e di crude. E così dopo essere salito alla ribalta nazionale, in tanti hanno cercato più notizie su di lui spulciando anche tra i social. E sul suo profilo Twitter sono spuntati dei post risalenti al 2011 e al 2012 nei quali faceva commenti razzisti ed omofobi. Questo ha macchiato la sua persona ma non ne ha precluso l’ascesa.
Tecnicamente è molto migliorato sotto la guida di coach Wright, diventando un buon tiratore da tre ed un ottimo passatore. Soprattutto ha imparato a difendere e a rimanere sempre concentrato nell’arco di un’intera partita. Le capacità atletiche non si discutono, con un’esplosività che gli permette di arrivare al ferro come e quando vuole. Tutte queste qualità gli hanno permesso di strappare una chiamata al draft, nel quale a sceglierlo sono stati i Milwaukee Bucks. E qui c’è da aprire una parentesi. Il papà di Donte, infatti, è tifoso proprio dei Bucks sin dai tempi di Lew Alcindor, meglio conosciuto come Kareem Abdul-Jabbar. Conserva con grande gelosia la maglia da gioco di Ricky Pierce, ex cestista passato anche nel Wisconsin tra le tante squadre Nba per cui ha giocato, e quando il figlio è andato a svolgere il work-out a Milwaukee gli ha chiesto di portargli un gadget della franchigia. Per inciso, anche il padre fu oggetto di un tweet poco carino quando Donte decise di abbandonare il calcio - lo sport evidentemente della famiglia, forse anche per le origini italiane - per la pallacanestro. Alla fine c’è finito a giocare nel Wisconsin, e questo ha reso molto felice ed orgogliosa l’intera famiglia. Nonostante tutto.
La carriera di DiVincenzo sembra comunque dover essere un distillato di pazienza, perseveranza e umiltà, perché in questa stagione da rookie ha prima sofferto per un infortunio al tallone d’Achille e a fine marzo è stato fermato da una borsite bilaterale del calcagno che gli ha fatto terminare anzitempo la stagione. Non dovrà essere operato ma seguire soltanto una terapia conservativa che gli dovrebbe permettere di tornare in campo già dall’estate. Chissà se in preparazione per il mondiale.

UN SIMIL-ARCIDIACONO. Tra la carriera di Donte DiVincenzo e quella dal suo compagno Ryan Arcidiacono ci sono molte similitudini. Ed oltre al fatto di aver vinto insieme con Villanova, potrebbero fare uno stesso cammino in Nba. Arcidiacono dopo l’exploit del 2016 in cui fu nominato anch’esso Most Outstanding Player nella finale Ncaa, ha un po’ faticato da professionista ripiegando addirittura nel venire a Caserta - prima che la società fallisse - due stagioni fa. Adesso invece si sta ritagliando un ruolo quasi da protagonista ai Chicago Bulls. Anche per DiVincenzo potrebbero servire un paio di anni prima di affermarsi anche tra i ‘grandi’.
IN ESTATE VERRA' IN ITALIA E SPERA CHE IL PASSAPORTO GLI VENGA
CONSEGNATO IN TEMPO PER PRENDERE PARTE AL MONDIALE
Ma non solo il college e l’Nba, un’altra similitudine che accomuna i due ragazzi è la possibilità di usufruire del passaporto italiano e diventare arruolabile per la nazionale del Ct Meo Sacchetti. Per la verità questa opzione ormai è da scartare per Arcidiacono, i cui nonni rinunciarono alla nostra cittadinanza. Non è però questo il caso dei nonni di DiVincenzo, originari della Sicilia. DiVincenzo aveva già in programma di venire in Italia la prossima estate, ma chissà che causa l’infortunio non possa anticipare il suo primo viaggio nel nostro paese per visitare la Sicilia appunto, della quale il nonno gli ha tanto raccontato. Verrà anche per firmare gli ultimi documenti e ottenere la cittadinanza, ma non è chiaro se il giocatore riuscirà ad ottenere il passaporto in tempo per la competizione mondiale. Con tutta la documentazione a posto, DiVincenzo risulterebbe naturalizzato e questo creerebbe un bel grattacapo a coach Sacchetti. Infatti da regolamento vi è un solo posto per i passaportati, e come DiVincenzo fanno parte di questa categoria anche Burns e Brooks. Entrambi si sono prodigati durante le qualificazioni al mondiale di Cina, e soprattutto il secondo è risultato preziosissimo per raggiungere la qualificazione. Pur non spiccicando una parola in italiano, Donte ha seguito tutte le partite della nazionale sullo smartphone e spera di poter giocare per difendere i colori azzurri. Per la sua famiglia, questo, sarebbe un grande orgoglio. Per il momento si pensa solo a fantasticare, con il desiderio che il tutto si concretizzi e diventi realtà. E Sacchetti permettendo, ovviamente.


LA SCHEDA
Donte DiVincenzo è nato a Newark, stato del Delaware, il 31 gennaio del 1997. Figlio di John F. e Kathie DiVincenzo, si è diplomato alla Salesianum School che ha guidato alla vittoria del campionato statale per due anni consecutivi. Ha frequentato la Villanova University con cui ha vinto due titoli Ncaa facendo registrare il career-high di 31 punti nella finale del 2018 venendo nominato Mvp. È stato scelto dai Milwaukee Bucks con la chiamata numero 17 al draft. Quest’anno in Nba ha giocato 27 partite con un career-high di 15 contro Orlando. In 15’ di media ha 4.9 punti, 2.4 rimbalzi e 1.1 assist.


ITALIANS - Moretti leader di Texas Tech, in evidenza Lever e Stefanini
Sono tanti i giovani italiani che hanno preferito solcare l’oceano per cercare fortuna in America. Infatti se ne contano oltre venti che giocano in giro per gli Stati Uniti, dall’Ncaa alla High School. Un numero cospicuo ed interessante in ottica azzurra tanto da spingere la federazione ad assegnare a Rick Fois - assistant coach alla Gonzaga University e nello staff della nazionale con Ettore Messina - il compito di monitorarli tutti.
DAVIDE MORETTI PROTAGONISTA NELLA FINALE NCAA 2019
Andati negli States per fare la vita dello studente-atleta, quello che maggiormente sta incidendo è sicuramente Davide Moretti. Con Texas Tech ha vinto la Big 12 spodestando dopo 14 anni Kansas, ed il suo contributo è stato consistente: in 21 delle ultime 23 gare è andato in doppia cifra. Ottime anche le stagioni di Alessandro Lever a Grand Canyon e Gabe Stefanini a Columbia, spesso e volentieri leader delle proprie squadre. Mentre Francesco Badocchi ha pagato un infortunio a Virginia, i due napoletani Guglielmo Caruso ed Ethan Esposito hanno ben figurato rispettivamente a Santa Clara e Sacramento State. Scendendo al liceo, la stellina Nico Mannion - promesso sposo di Arizona - è stato in lizza per il premio di Giocatore dell’anno grazie alla sua annata da 30 punti di media, ed ha partecipato al prestigioso McDonald’s All-American. Un altro figlio d’arte si è ben distinto, ovvero Mattia Acunzo che ha vinto da protagonista il campionato statale della Pennsylvania con Kennedy Catholic ed ha accettato la borsa di studio dell’University of Toledo.



* per la rivista BASKET MAGAZINE