giovedì 29 febbraio 2024

L'anno da sogno in "Napoli nel Cuor3"

L'anno da sogno in "Napoli nel Cuor3"

Storia di identità e di passione

QUANDO SI VINCE AL SUD si prova una sensazione differente rispetto al successo di una squadra del Nord. Lo ha dimostrato anche l’ultimo scudetto conquistato dal Napoli. E tra calcio e basket cambia poco la sostanza, perché nelle vittorie di questi due sport ci sono più di una similitudine. Lo scudetto del Napoli, il terzo della propria storia, è stato raccontato nel libro “Napoli nel Cuor3 Identità e passione”, edito da Graus Edizioni, opera prima del nostro collaboratore Giovanni Bocciero, nativo di Maddaloni e cestista fino al midollo. Prestato al romanzo ed al calcio, Bocciero ha ripercorso la trionfale cavalcata degli azzurri di Spalletti in un volume dove oltre ai risultati traspirano altri due valori importanti: l’identità e la passione. L’identità di un popolo, quello napoletano, che viene raccontato con gli occhi di un emigrato che attraverso aneddoti ed esperienze uniche ha cercato di unire quel sentimento che tiene legate le persone dalle stesse origini. La passione è invece quel fuoco che arde in continuazione, e che rappresenta senza alcun dubbio l’anima di una città, che attraverso il successo sportivo è salita alla ribalta delle cronache nazionali per la sua eterna bellezza.



NELLE PAGINE DEL ROMANZO, infatti, si cerca di raccontare con minuzia del dettaglio come Napoli si sia vestita a festa per questo traguardo che in quelle terre coincide con il riscatto sociale. Volendo trovare un parallelo con la pallacanestro, non possiamo non ritornare a quel 1991, quando era la Juvecaserta degli Esposito e Gentile a conquistare il tricolore contro Milano. E se per i primi due scudetti del Napoli c’era una figura che ‘oscurava’ tutti gli altri, ovvero quel fenomeno che rispondeva al nome di Diego Armando Maradona, il successo della passata stagione ha visto una squadra molto più simile a quella Juvecaserta. Una compagine dove ognuno ha portato il suo prezioso e fondamentale contributo: le reti di Osimhen, i dribbling di Kvaratskhelia, la regia di Lobotka, le parate di Meret, la leadership di Di Lorenzo. Quel successo di soli pochi mesi fa sembra già appartenere alla storia per l’andamento del campionato attuale da parte degli azzurri. Ed è proprio quello che invece non ci auguriamo noi. Perché sull’onda emotiva delle vittorie è tutta la città che ne deve beneficiare a livello di impiantistica sportiva, un tema sempre più al centro dell’attività di base. Basti guardare a Caserta, dove il PalaMaggiò ed il PalaPiccolo sono alle prese con interventi strutturali e l’odierna squadra di serie B è costretta ad emigrare in quel di Maddaloni ed Aversa con non poche difficoltà logistiche per allenarsi e disputare le partite.

QUANDO SI LAVORA BENE si può vincere anche al Sud. E non parliamo di dover avere a disposizione risorse economiche infinite, ma di saper spendere quel tanto che si ha in maniera oculata affinché si creino le condizioni per poter aspirare alla vittoria. Proprio come sta succedendo al Napoli Basket, per trovare un altro parallelo con il libro “Napoli nel Cuor3” di Bocciero, che questa estate ha affidato la gestione ad un dirigente competente quale Alessandro Dalla Salda. Si è così costruita una squadra che, in controtendenza con la stagione calcistica, sta infiammando il popolo azzurro che di domenica in domenica riempie fino allo stremo il PalaBarbuto, oggi Fruit Village Arena. E la passione che i tifosi dimostrano, non solo da quest’anno, meriterebbe un impianto decisamente più grande e a passo con i tempi. Considerato che a poche decine di metri c’è lo scheletro del maestoso e storico PalArgento, più volte tirato in ballo per progetti di ricostruzione, sarebbe proprio il momento giusto per dare alla squadra ed ai suoi appassionati una casa degna del suo nome.

Recensione su Basket Magazine

venerdì 16 febbraio 2024

CJ Massinburg, sesto uomo extra lusso

Il segreto della grande stagione della Germani sta anche nel miglior sesto uomo del campionato

CJ Massinburg, a Brescia one million dollars man

Grandi numeri in carriera ma poca attenzione dalla Nba «che resta il mio obiettivo. Faccio quello che il coach mi chiede, ma segnare mi piace di più»


di Giovanni Bocciero*


DALLE PORTE IN FACCIA al colpaccio da un milione di dollari. La carriera di CJ Massinburg, guardia della Leonessa Brescia, si può sin qui riassumere nel detto che ciò che non ti uccide ti fortifica. Temprato dalle esperienze avute, il 26enne è senz’altro l’arma in più della Germani di coach Alessandro Magro. Nato a Dallas, la quarta area metropolitana più popolosa degli Stati Uniti, e nell’ultimo decennio tra le città in più rapida crescita del paese, come qualsiasi adolescente americano «da piccolo ho anche giocato a football americano e baseball, ma - ha raccontato Massinburg - la mia passione e il mio amore sono sempre stati la pallacanestro». E con quella palla a spicchi in mano c’ha sempre saputo fare. Non a caso ha lasciato la South Oak Cliff High School come uno dei migliori giocatori della propria storia, e nell’ultimo anno da studente ha avuto una media di 22.3 punti ad allacciata di scarpe. La prima difficoltà sul suo percorso si presenta quando c’è da scegliere l’università. O meglio, non si deve porre questo problema perché di offerte di borsa di studio per la Division I della Ncaa non ne riceve neppure una. Insomma, il suo cammino si presenta subito arduo e in salita.

SENZA FILE di scout davanti alla porta di casa, si aggrega ad una selezione di giocatori senior nata per caso che inizia a viaggiare per gli Stati Uniti con l’unico scopo di mettersi in mostra così da attirare l’attenzione. CJ ci riesce, tant’è che lo staff tecnico della University at Buffalo decide di offrirgli un posto in squadra.

Quella tra le fila dei Bulls è forse l’avventura che ne marchierà a vita la carriera cestistica. È infatti al college che Massinburg si fa notare a livello nazionale, acquistando quella notorietà necessaria per costruirsi il futuro. Disputa quattro anni in crescendo, dal 2015 al 2019, sia a livello personale che di squadra, diventando un giocatore chiave in uscita dalla panchina. Da freshman si conquista un posto nel miglior quintetto dei novizi grazie alle medie di 11.3 punti e 4.1 rimbalzi. Da sophomore aumenta la produzione offensiva a 14.5 punti, mentre al terzo anno conquista il quintetto titolare e guida la squadra alla conquista della regular season e del torneo della Mid-American Conference, segnando 19 punti nell’incredibile successo contro Arizona al torneo Ncaa.

Nell’ultima stagione con Buffalo dà il meglio di sé. Con 18.5 punti di media è il primo marcatore della squadra diventando uno dei migliori cinque della storia dell’università; trascina i Bulls nella classifica top 25 della nazione per quasi tutta l’annata, risultando l’apice mai raggiunto dal college; e viene nominato Mvp della conference e addirittura miglior giocatore della decade dal quotidiano locale dell’area di Buffalo, che comprende ad esempio anche un’università come St. Bonaventure. Nonostante un record da 31 vittorie in 34 partite, il torneo Ncaa s’interrompe al secondo turno contro la Texas Tech di Davide Moretti capace di arrivare fino alla finale, poi persa contro Virginia.

«Il college è stata una bellissima esperienza - ha ricordato CJ -, e la March Madness mi ricorda molto la Coppa Italia». L’avventura in maglia Bulls l’ha condivisa con Nick Perkins e Wes Clarke, giocatori visti qui in Italia con le casacche di Brindisi, Cantù e Venezia. «Io, Wes e Nick siamo buoni amici, e ci sentiamo ancora spesso».

ACCLAMATO ma non abbastanza per entrare dalla porta principale della Nba. Infatti, la notte del draft 2019 nessuna delle franchigie spende una delle 60 scelte per selezionarlo. «Sono stato triste per cinque minuti. Poi il mio agente mi ha chiamato e mi ha detto che i Brooklyn Nets mi volevano con un contratto da dieci giorni, e questo mi ha fatto tornare di nuovo felice».

Viene aggregato alla formazione della G-League di Long Island, e la prestazione da 28 punti, 6 rimbalzi e 3 assist contro Delaware rimarrà forse la migliore della sua carriera. Due stagioni nella lega di sviluppo, con 10.9 punti, 4.8 rimbalzi e 2.3 assist di media e qualche infortunio, sono sufficienti per indurlo a varcare l’oceano accettando le mire di Limoges che individua in lui il rinforzo giusto per aspirare sempre più in alto. Anche se il sogno resta l’Nba, perché «giocare ai massimi livelli - ha detto CJ - sarebbe fantastico», riconosce che «il basket all’estero ha dato a me e alla mia famiglia grandi opportunità».

In Francia ci rimane una stagione, fa registrare 14.4 punti, 4.3 rimbalzi, 3.5 assist e 15.3 di valutazione, e questo basta per convincere Brescia a fargli firmare un contratto biennale nell’estate del 2022. «I campionati sono più simili che diversi. Una differenza è che quello italiano è più tattico, mentre quello francese è più atletico». Prima di approdare in quella che ai tempi dell’Antica Roma era conosciuta come Brixia, si cimenta nel Basketball Tournament, il torneo estivo ad eliminazione diretta che elettrizza l’America mettendo in palio un milione di dollari alla squadra vincitrice. Gioca con la formazione Blue Collar U, che annovera ex alunni di Buffalo tra cui anche gli ex compagni Perkins e Clarke, con i quali conquista il ricco montepremi ricevendo anche il premio di Mvp.

SBARCA A BRESCIA con la voglia di chi vuole mangiarsi il mondo, rispecchiando in toto l’anima della città che non a caso è denominata la Leonessa d’Italia. La stagione precedente Brescia ha disputato un campionato stratosferico, con Amedeo Della Valle nominato Mvp e Magro coach dell’anno. CJ è un’aggiunta preziosa ad un roster che riprende da dove aveva lasciato, prima di inanellare sette sconfitte consecutive da precipitare in zona retrocessione. La società non si lascia prendere da colpi di testa, decide di proseguire con l’allenatore e coglie un’importante successo nella Final Eight di Coppa Italia giocata a Torino, superando l’Olimpia Milano ai quarti e la Virtus Bologna in finale così da alzare al cielo il primo storico trofeo. «Magro è un grande allenatore, una mente cestistica molto intelligente e, soprattutto - ha sottolineato la guardia -, una brava persona. L’anno scorso ci disse in uno dei momenti brutti della stagione: “finché avete fiato nei polmoni dovete continuare a lottare”. Questo ci ha aiutato dopo le brutte sconfitte».

Per il secondo anno in maglia Germani, Massinburg ha trascorso l’intera estate ad allenarsi duramente tra Dallas e Buffalo: «ho lavorato così tanto da farmi venire la tendinite. Ma non volevo mancare l’occasione di presentarmi al meglio all’avvio della nuova stagione».

DIVENTATO UN PILASTRO della squadra, «non sono stupito del nostro rendimento particolarmente buono - ha evidenziato il numero 5 -. Quest’anno abbiamo fatto tesoro di tutte le lezioni subite l’anno scorso per fare una grande stagione tanto da spingerci al primo posto». Ma se gli si chiede qual è la principale differenza di questo cambio di rotta, non esita ad indicare «l’aggiunta di tre ragazzi chiave come Bilan, Burrell e Christon. Anche quelli confermati stanno rispondendo molto bene, perché un anno in più insieme significa più chimica».

Brescia ha cercato di ben figurare sin dalla Supercoppa, ospitatain casa, ma la Virtus ha impartito una dura lezione anche se poi in campionato la musica è stata diversa. «Ogni sconfitta che abbiamo subito è stata una lezione diversa da imparare. Ad ogni sconfitta penso che siamo migliorati come squadra e come gruppo, anche attraverso la delusione della partita».

Poi Massinburg riflette anche sul livello delle principali favorite, ovvero Bologna e Milano. «Sono squadre di livello Eurolega che hanno la stazza e la fisicità per essere prepotenti. Devi essere pronto quando affronti questo tipo di avversari. Se non sei pronto o se sei intimidito perderai. Se sei pronto e fiducioso, puoi giocare proprio come fosse una qualsiasi altra partita». Ed è con questa convinzione che guardando al futuro dice che: «uno dei miei obiettivi principali è giocare in Eurolega. Mi sento pronto. Affronto ogni giorno con l’obiettivo di migliorare sempre. L’ho fatto dall’high school al college, l’ho fatto in G-League».

Proprio come succedeva a Buffalo, coach Magro lo utilizza in uscita dalla panchina. E Massinburg con le sue qualità tecniche, la capacità di spaccare la partita e l’efficacia dimostrata, riesce spesso e volentieri ed essere decisivo. CJ è l’arma segreta della Leonessa, non è egoista e non vuole sempre il pallone tra le mani. «È difficile dire quale sia la mia migliore abilità, perché io scendo in campo con la mentalità di fare tutto ciò che è necessario per la mia squadra. Se c’è bisogno che segni, segno, così come di difendere, prendere un rimbalzo o fare un passaggio. Possiedo gli strumenti per influenzare il gioco in diversi modi, ma se dovessi sceglierne uno prediligo sicuramente segnare».

Con il suo fondamentale apporto, e con una delle valutazioni di plus/minus migliori dell’intera Serie A, è stato nominato sesto uomo del mese di novembre. E proprio contro la Virtus Bologna ha firmato i suoi massimi stagionali con i 27 punti e il 31 di valutazione. E pensare che a Brescia di concorrenza sugli esterni ce n’è fin troppa, tra lui, Christon, Della Valle, Petrucelli e Cournooh. «Giocare con guardie così brave e intercambiabili rende il gioco molto più semplice. Tutti possiamo ruotare e giochiamo in modo altruistico con l’obiettivo comune di vincere».

Ed ha raccontato che «non mi piace fare trash talking con gli avversari. Mi piace invece farlo con i miei compagni di squadra quando siamo in allenamento. Ad esempio, io e John (Petrucelli, ndr) giochiamo uno contro l’altro, e siccome è un ottimo difensore quando gli segno mi piace punzecchiarlo perché non sono molti i giocatori che riescono a segnare contro di lui. Tutti i miei compagni di squadra sono fantastici, e i ragazzi più esperti sanno sempre dare il consiglio giusto».

FUORI DAL CAMPO non fa cose molto diverse da chiunque altro. «Mi piace giocare a bowling, ascolto musica e gioco a ping pong». Prova a vivere la città, «che è bella, con gente simpatica e tifosi appassionati». E se gli si chiede cosa pensa di fare una volta aver smesso col basket giocato, risponde secco che «voglio allenare, voglio avere un impatto positivo nella vita dei giovani che crescendo riescono ad emergere».

Il giocatore al quale si ispira è «LeBron James, per la sua longevità, la sua capacità di gestire la pressione con classe e il suo impatto fuori dal campo», anche e soprattutto su temi sociali quali il razzismo, che per fortuna «non ho mai sperimentato con episodi diretti». Massinburg ride alla domanda se vede James come candidato alla presidenza degli Stati Uniti: «no, spero che non si candidi mai alla presidenza. Viene già criticato per ogni cosa che fa». Diverso il discorso di vederlo capitanare Team Usa alle prossime Olimpiadi, «spero proprio di sì, sarebbe una bella cosa da vedere perché è alla fine della sua carriera». E se lo augura anche per vedere tornare al successo gli States dopo non aver vinto l’ultimo Mondiale. «Pensavo che gli Stati Uniti avrebbero vinto. La mia seconda scelta era l’Australia, ma per la Germania è stata una vittoria impressionante».

PROFILO

Christian Jalon Massinburg, meglio conosciuto come CJ, è nato a Dallas il 14 aprile del 1997. Gioca nel ruolo di guardia ed è alto 1.96 metri per 92 kg. Cresciuto nella città natia, ha giocato quattro anni al college con i Buffalo Bulls. Non scelto dalla Nba al draft 2019, ha militato per due stagioni in G-League con i Long Island Nets prima di firmare nell’estate del 2021 per Limoges. Dopo un solo campionato in Francia, è arrivata la chiamata di Brescia che lo ha ingaggiato con un contratto biennale. La scorsa stagione è stato gran protagonista nella vittoria in quel di Torino della Coppa Italia, e quest’anno ha ritoccato il suo massimo in punti: 27.


* per la rivista Basket Magazine