sabato 29 luglio 2023

Ds Alessandro Pagani: «Aboliti gli under? Quelli bravi giocheranno»

Estate bollente per il basket italiano, dalla riforma dei campionati di serie A2 e B Nazionale all'introduzione della riforma del lavoro sportivo. Con il ds dell'Assigeco Piacenza, Alessandro Pagani, parleremo anche del nuovo vincolo sportivo dagli 11 anni d'età, e l'aumento dei costi dei parametri per il tesseramento.



domenica 23 luglio 2023

Gandini: «Il campionato è importante, lo dimostrano i playoff»

Intervista al presidente della Lega, Umberto Gandini, a conclusione di una stagione che ha rilanciato il basket italiano di club

«Il campionato è importante, lo dimostrano i playoff»

«Una lega sovranazionale? Alla base del sistema ci sono i tornei nazionali e prima dei ricavi bisogna pensare ai costi. Sul calendario va trovato un accordo»

 

di Giovanni Bocciero*

 

ARCHIVIATA la lunghissima stagione 2022/23 della LBA, abbiamo tirato le somme con il presidente Umberto Gandini. «Mi complimento con dipendenti, collaboratori e consulenti per il lavoro fatto in questa prima stagione ‘normale’ dopo la pandemia. Hanno fatto più di quanto mi aspettassi: siamo cresciuti notevolmente nel modo in cui presentiamo i nostri eventi; è migliorato il dato medio di presenze nei palazzetti; è aumentata la diffusione televisiva così come l’impatto mediatico sui social e nel mondo digital dei nostri contenuti. Sono soddisfatto. E poi la finale è stata di altissimo livello, competitiva, equilibrata, coinvolgente, si è visto fair play da entrambe le parti. Dispiace per un singolo episodio - riferimento a gara 2 -. Capisco anche i puristi del gioco per i quali la finale non è stata all’altezza, ma vuoi mettere l’intensità che le due squadre hanno avuto al termine di una stagione così lunga?».

Una formula, quella della finale al meglio delle 7 gare, che l’Assemblea di lega ha modificato alla prima occasione. «Quella formula esisteva dal 2007/08, e da allora i calendari e gli impegni sono cambiati - ha ricordato Gandini -. Negli anni precedenti non si è andati così lunghi, ma con un potenziale Preolimpico l’anno prossimo, abbiamo fatto una serie di considerazioni. Rispondendo alle esigenze del movimento abbiamo assecondato un sentito comune. Sottolineo che le società, con meno partite, hanno rinunciato agli incassi per salvaguardare l’interesse collettivo, in primis dei giocatori. E per questo le ringrazio».

Umberto Gandini, presidente LBA dal 2020

ALL’ORIZZONTE la riforma del lavoro sportivo che sfiora appena la LBA. «È un tema estremamente importante, che aiuterà ad abbattere qualche steccato di norme e regole che saranno più simili tra LBA e LNP. È un cambio epocale, ma dobbiamo fare cose che abbiano una logica e che siano funzionali. Il lavoro sportivo ci toccherà relativamente essendone caratterizzati dagli anni ’90, ma in serie A interverrà su tutte le figure che riguardano il settore giovanile o di aree che non sono quella tecnica. Trovo importante tale riforma - ha continuato Gandini - perché è la certificazione che esiste un lavoro sportivo che non è necessariamente quello dei professionisti. Un giocatore dilettante ha degli impegni ed una disponibilità verso le società molto simile a quella dei professionisti senza averne le tutele. Poi come dice il ministro Abodi, sarà un processo in itinere e sarà necessario intervenire per trovare degli ammortizzatori, per permettere la sua applicazione, per correggerla dove magari ci saranno delle storture. Ma è importante aver fatto il primo passo».

Se da un lato in Italia c’è questo avvicinamento tra professionisti e dilettanti, in Europa la forbice sembra allargarsi sempre di più. «Guardo all’Eurolega con grande attenzione e curiosità per via della mia esperienza nel mondo del calcio a livello internazionale. Nella pallacanestro l’associazione delle leghe, l’Uleb, che è azionista dell’Eurolega stessa, è da tempo in disparte e poco considerata. Sul tema dei calendari: abbiamo 52 settimane nelle quali 44 circa per svolgere attività sia di nazionali che di club. Bisogna trovare il modo di collaborare tra Fiba, Eurolega e le leghe che tutelano i propri interessi. Non è facile - ha analizzato il presidente della LBA -, perché tutti puntano ad aumentare i propri spazi per aumentare i ricavi. Insieme a Spagna, Grecia, Francia e Germania abbiamo fatto sapere di voler essere coinvolti nelle decisioni che impattano sui campionati domestici».

Ma è fattibile una lega sovranazionale? «L’Eurolega nel basket, rispetto al calcio con l’ipotetica Superlega, ha avuto un diverso impatto sociale e politico. Ciò non toglie che la base del sistema europeo sono i campionati nazionali. Milano e Bologna hanno dimostrato quanto ci tengano al titolo italiano. Per questo è necessario trovare il giusto rapporto. Un torneo sovrannazionale me lo aspettavo anni fa nel calcio, legato all’integrazione politica europea, ma non c’è stato. Non credo però che più partite continentali siano la risposta ai problemi della pallacanestro europea. Ritengo invece che prima dei ricavi bisognerebbe controllare i costi».

IL DUOPOLIO Milano-Bologna non preoccupa il presidente Gandini, «perché è stimolante per loro e per tutte le altre società. Brescia lo ha dimostrato vincendo la Coppa Italia, altri club storici o appena arrivati hanno la volontà di fare sempre meglio. Poi è chiaro che contano molto i budget e le risorse disponibili. Contiamo sul desiderio di primeggiare di personalità o gruppi che vogliono competere ad alto livello con la disponibilità ad investire. Altre realtà competono con le armi a loro disposizione, ma l’Italia non è una mosca bianca in Europa. Di duopoli ce ne sono in tutti i campionati, ma non per questo si grida allo scandalo. D’altronde le squadre di Eurolega sono giocoforza più attrezzate delle altre. Ma anche negli anni ’60 e ’70 c’era il dominio di Varese, Cantù, Milano. Ci sono sempre stati poli opposti nella storia».

Un momento della finale scudetto tra Milano e Bologna

I club sono ovviamente gli attori principali della LBA. Lo stato di salute delle società, e l’avvento di proprietà straniere non può che far sorridere. «La pandemia è stato un test probante, e tutti l’hanno gestito con grande attenzione e lungimiranza mettendo in sicurezza i conti. Possiamo dire di affrontare le nuove sfide e guardare con tranquillità al futuro. Sulle proprietà straniere credo sia necessario distinguere due diversi tipi di investimento: uno per rafforzare la compagine societaria e migliorare le infrastrutture che è duraturo; l’altro riguarda la forza lavoro, quindi i contratti dei giocatori, che non sempre è immediato e certo del risultato. Credo che bisogna trovare la giusta via di mezzo, anche se tante realtà locali, dove c’è una proprietà diffusa, lavorano sulla stabilizzazione del club fornendo le risorse per affrontare la parte sportiva con più tranquillità. Un bacino d’utenza estenso è un potenziale vantaggio per inserirsi nell’egemonia Milano-Bologna, ma da solo non può bastare per ambire al vertice - la risposta di Gandini alle dichiarazioni del nuovo amministratore delegato del club partenopeo Alessandro Dalla Salda sul potenziale di Napoli -. Ci vogliono tanti altri ingredienti ed alcuni già ci sono, ma sono certo che Dalla Salda lo sa bene, ed è determinato nel suo nuovo incarico a generare le risorse, non solo economiche, per crescere. Penso alla passione della proprietà, ad esempio, a quanto la famiglia Grassi sta facendo per mettere solide fondamenta al progetto».

ALTRO NODO è il mercato sempre aperto. «Il fatto che ci sia l’opportunità non significa che bisogna applicarla. Sono regole che vengono prese di comune accordo tra le società - ha specificato il presidente -. Nell’Assemblea di lega ci si confronta cercando le soluzioni migliori per l’interesse collettivo che tendenzialmente non deve penalizzare nessuno. Al momento non c’è sul tavolo un discorso di questo tipo».

Il mercato coinvolge anche l’utilizzo degli italiani, naturalmente. «Sono sempre stato un convinto assertore della meritocrazia. Avere delle categorie obbligatorie per le quali devi giocare non aiuta né la crescita del giocatore né quella del movimento. Se un allenatore sceglie di far giocare o meno un atleta non lo fa per regolamento o per farsi del male. La responsabilità di formare i giocatori, pur restando nell’interesse della serie A, credo vada distribuita più verso le categorie inferiori - l’opinione di Gandini -. I club di LBA lavorano sulla parte terminale della formazione, lasciando al settore dilettantistico la preparazione dei giovani. Anche la scuola incide. In passato un ragazzo più alto della media veniva dirottato naturalmente verso la pallacanestro, oggi va a giocare a pallavolo e questo porta ad avere meno talento disponibile. C’è un ragionamento di fondo da fare che non può avere nelle clausole protezionistiche l’unica soluzione. Il basket ha scelto il criterio della formazione, indipendentemente dal passaporto, e questo ha dei risvolti sia positivi che negativi».

SENZA IMPIANTI all’avanguardia, nonostante il pubblico pagante risponda bene, l’esposizione mediatica del basket sia in tv che sui giornali ne risente, trovando sempre meno spazio anche a causa di limitazioni d’accesso per gli stessi addetti ai lavori. «Ringrazio per la domanda perché il tema non riguarda solo gli stadi - ha evidenziato il presidente della LBA - ma tutti gli impianti sportivi. Con la pallavolo spesso facciamo cose insieme a livello politico perché ci troviamo a condividere le strutture. Non possiamo crescere da questo punto di vista, nonostante siamo arrivati a quasi 4mila spettatori di media a partita nel girone di ritorno, perché in Italia non c’è una visione sull’impiantistica da decenni. Palazzi da oltre 10mila posti ce ne sono pochi. Uno dei più belli è Torino che deriva dalle Olimpiadi. Progetti all’orizzonte sono Cantù, Tortona, Brindisi con i Giochi del Mediterraneo, Venezia, l’ampliamento del palazzo di Varese. Ci sono dei segnali, soprattutto legati ai privati o a manifestazioni internazionali, ma l’impiantistica incide su capienza, presenze, sulla fruizione del prodotto dal vivo, che per il basket rimane straordinario perché ha una sua declinazione televisiva. Non a caso i numeri che abbiamo raccolto nell’ultima stagione sono forieri di ottimismo per il futuro».

«Sul Nove abbiamo intrapreso un percorso, dopo aver lasciato Rai Sport perché non c’era da parte dell’emittente pubblica la volontà di darci gli spazi che meritiamo. Il gruppo Discovery è stato più sensibile. Il bando dei diritti streaming, che ha visto la contesa tra Discovery ed Eleven, ci ha permesso di avere più risorse e quindi meno necessità del solo ricavo dal chiaro. Adesso bisogna abituare il pubblico ad andare a ricercare il basket su emittenti diverse rispetto a prima. Poi non dimentichiamo la contrazione importante di quante persone guardano la tv. Dobbiamo continuare ad investire sulla comunicazione del nostro prodotto, anche perché ormai quasi tutto lo sport è sullo streaming. È anacronistico pensare che lo sport sia fruibile solo in chiaro. La gente che guarda la tv è sempre più anziana. Bisogna dunque rinnovare e ringiovanire l’audience, trovando le formule sia per il prodotto in chiaro che ti dà proseliti, ma anche visibilità e ricavi commerciali, che quello in streaming che puoi vedere dove, quando e come vuoi per fruire del servizio. La problematica dell’impiantistica e della sua capienza con spazi ristretti, ha fatto sì che in considerazione dei media che oggi sono carta stampata ma anche siti e altro, ci siano limitazioni di non facile soluzione scontentando qualcuno». La chiosa di Umberto Gandini è ovviamente per i prossimi Mondiali: «Tutti a tifare per la Nazionale, perché è trainante per l’intero movimento».


* per la rivista Basket Magazine

A2 agguerrita e ambiziosa; la nuova B tutta da scoprire

È l’anno del definitivo assestamento dei campionati cadetti prima che la riforma vada a regime dalla prossima stagione 

A2 agguerrita e con grandi ambizioni; la nuova B tutta da scoprire

 Formule e regole nuove, con l’ombra delle conseguenze - soprattutto nella terza serie - della riforma del lavoro sportivo appena entrata in vigore. Tanti i club che, delusi lo scorso anno, daranno l’assalto alla serie A.

di Giovanni Bocciero*

 

LA RIFORMA DEI CAMPIONATI voluta della Fip cambierà il volto dell’A2 e della B come le conoscevamo. Ma la stagione ormai prossima farà soltanto da ponte a quello che sarà il reale cambiamento. Un anno transitorio che solo fra dodici mesi porterà i due campionati a regime. Ovvero, dal 2024/25 girone unico da 20 squadre per la serie A2, e B Nazionale composta da 42 club. Mentre scriviamo, sono certe soltanto le regole d’ingaggio per la prossima stagione, con le società che hanno dovuto programmare investimenti economici e sportivi senza avere la minima certezza. Per di più con l’entrata in vigore della riforma del lavoro sportivo che mette altra carne al fuoco. Ma andiamo con ordine.

Dal prossimo ottobre, il campionato di A2 sarà a 24 squadre (due gironi Est-Ovest, fase ad orologio e playoff/playout), 2 le promozioni in serie A e 6 le retrocessioni in B; 2 le retrocessioni dalla massima categoria e 2 le promozioni dalla cadetteria, così da avere un assetto definitivo nel 2024/25 da 20 squadre. L’anno successivo si entrerà a regime con 2 promozioni in A e 3 retrocessioni in B a stagione. La nuova B Nazionale, che è il torneo dai cambiamenti più marcati, partirà con 36 squadre (al vaglio la formula dei due gironi, più fattibile l’ipotesi Est-Ovest che quella Nord-Sud, da 18 squadre con successiva post season. Il 14 luglio il Consiglio federale ratificherà le iscrizioni e delibererà la formula). 2 le promozioni in A2 e 4 le retrocessioni in B Interregionale; 6 retrocessioni dal secondo campionato nazionale e 6 le promozioni dal quarto livello, portando così l’organico totale nel 2024/25 a 42 club. Dalla stagione successiva si entrerà a regime con 3 squadre che saliranno in A2 e 4 che scenderanno in B Interregionale.

Per partecipare ai campionati di A2 e B Nazionale, le società dovranno versare una fidejussione rispettivamente di 100mila e 50mila euro, avere un impianto con capienza minima da 2000 posti e 800 posti, e versare un contributo al ‘fondo under’ da 12mila e 5mila euro che andrà a premiare i club più virtuosi. Ovvero, quelli che i giovani li faranno giocare con regolarità, nonostante i due tornei saranno accomunati proprio dall’abolizione del vincolo under (per l’anno alle porte 2003 in su), i quali potranno essere usati come 11° e 12° a referto. Oltre alla fidejussione aumentano i costi dei parametri, 11mila euro ad atleta per l’A2 e 7.500 per la B. Con l’eliminazione dell’obbligo degli under, le squadre di ambedue i tornei potranno schierare 10 senior. In serie A2 sarà possibile tesserare due extracomunitari, e per quanto riguarda il mercato sarà possibile inserire atleti fino alla vigilia della terzultima giornata della fase a orologio. In B Nazionale è permesso un solo atleta extracomunitario, e saranno tesserabili nuovi giocatori entro il 28 febbraio 2024.

C’È ANCORA tutta un’estate di mercato da dover vivere, ma la lotta per le due promozioni in serie A appare già piuttosto serrata. Dopotutto il campionato di A2 è da diverse stagioni che vede tante squadre allestire roster importanti per provare la scalata. Non tutti ci riescono, e alcune non hanno perso la speranza. Basti pensare all’ambiziosa proprietà americana di Trieste, o a Verona partita a bomba con gli ingaggi di Esposito, Gazzotti, Penna e Stefanelli per ritornare subito al piano di sopra. Forlì e Cantù - che ha confermato coach Sacchetti e preso Burns - dopo gli ultimi finali amari ci riproveranno, così come Udine che si è rifatta il look con la coppia ds-coach Gracis-Vertemati. E ancora Torino che ricomincerà da coach Ciani, Pepe, De Vico e Schina, Cento.

Attilio Caja, nuovo allenatore della Fortitudo Bologna

La Fortitudo Bologna è appena stata acquistata dal gruppo di Stefano Tedeschi, resta una nobile ed ha preso Caja come coach. E, a proposito di piazze calde, dopo 14 anni è ritornata Vigevano, così come la Sebastiani Rieti che dopo aver fallito la promozione sul campo ha acquisito il titolo sportivo di Mantova e rimpiazzato la retrocessa concittadina Npc Rieti. Altro titolo venduto quello della Stella Azzurra ad una cordata trapanese già proprietaria della squadra di calcio che ha guardato alla Capitale dopo l’affare saltato con Trapani del presidente Lnp Basciano. Quest’ultima ha poi rinunciato all’iscrizione all’A2, con Basciano tra i soci del nuovo corso Fortitudo che osserverà le elezioni di lega che si terranno a settembre. Roma sarà comunque rappresentata dalla sorprendente neopromossa Luiss. Poi ci saranno tante altre squadre che da tradizione faranno bene, come Treviglio che ha piazzato il colpo Guariglia - oggetto del desiderio di tanti - così come Piacenza che ha confermato la coppia play-pivot Sabatini-Skeens. Cividale ripartirà da Pillastrini in panca, Redivo in campo e con l’aggiunta di Mastellari, e l’Urania Milano dopo aver rinnovato coach Villa si prepara ad un’altra entusiasmante stagione.

Per quanto riguarda la serie B Nazionale invece, molte sono le rappresentanti di quella provincia che tanto ha dato alla pallacanestro italiana. Sarà riproposto il derby livornese tra Libertas e Pielle, così come quello di Montecatini. Orzinuovi ripartirà con ancor più ambizione dopo la delusione della mancata promozione e il cambio di allenatore da Calvani a Zanchi. Come dimenticare Mestre che ha riempito il PalaTaliercio in occasione degli ultimi playoff, così come Omegna e San Vendemiano che hanno ingaggiato i tecnici Ducarello e Carrea. Desio, Legnano che ha preso coach Piazza e Raivio confermando Marino, le ambiziose Ozzano e Faenza, Padova, la retrocessa San Severo che ricomincerà con la stessa passione, e ancora Jesi, Fabriano, Roseto, Caserta, Avellino, tutte formazioni che andranno alla caccia della promozione in quel palcoscenico che meritano per la loro storia. E attualmente mancano due club all’appello, con Salerno che ha già rimpiazzato la Sebastiani e Lumezzane e Adrea Costa Imola che dovrebbero essere ripescate.

SE LA RIFORMA non ha più di tanto modificato l’A2, difficile immaginare come sarà la B Nazionale, totalmente stravolta rispetto alla passata stagione con il numero di squadre dimezzato. «Sarà difficile da interpretare fin quando non s’inizierà a giocare - il commento di Simone Zamboni, club manager della Bakery Piacenza, ammessa al prossimo torneo cadetto -. Bisognerà capire che tipologia di campionato sarà perché non ha una sua storia, va cancellato tutto il precedente storico e sarà tutto completamente rimodulato. Tanto dipenderà anche da che tipo di format sarà adottato, anche se per le società sarebbe meglio una formula che contenga i costi. Con meno squadre immaginiamo tutti un livello più alto. Ma questo dipenderà anche come i club si muoveranno sul mercato in virtù delle regole diverse».

Simone Zamboni, club manager della Bakery Piacenza

L’abolizione dell’utilizzo degli under e l’introduzione della possibilità di tesserare uno straniero in un campionato che era l’unico che non ammetteva extracomunitari, sono due regole che aprono ad un nuovo orizzonte. «L’eliminazione dell’obbligo degli under lo reputo un cambiamento epocale - ha continuato Zamboni -, passando così dal vecchio 7+3 a roster che saranno composti da 10 senior con uno straniero. Sono novità importanti per la B Nazionale, grandi cambiamenti che porteranno comunque le squadre competitive a muoversi per prime sul mercato. Come è logico che sia, chi ambisce alla promozione farà un roster sicuramente molto più lungo ed ampio per quanto riguarda i senior, dando meno spazio agli under. Chi invece vorrà fare un campionato più tranquillo, magari tenderà ad un utilizzo più costante dei giovani. Grazie all’impiego di più senior e dello straniero, il livello del campionato si alzerà rispetto agli ultimi anni. Credo che sarà quasi paragonabile all’A Dilettanti di qualche stagione fa. I giovani validi, che sapranno tenere il campo, continueranno comunque a trovare spazio. Anzi, sarà interessante vedere che piega prenderà questa nuova B - ha sottolineato il dirigente della Bakery - che credo possa diventare un contenitore dove sviluppare giovani italiani con prospettiva, mettendoli alla prova in un campionato a loro misura».

La riforma dei campionati coincide con la riforma del lavoro sportivo, un ulteriore impegno - gravoso - per i club. «Il discorso del lavoro sportivo è molto complicato. È piovuto dal cielo in troppo poco tempo, e si tratta di una riforma che farà bene per i lavoratori sportivi ma andrà ad incidere pesantemente sui costi delle società. Ed essendo queste che investono, come proprietari o con sponsor, c’è il rischio che molti non riescano a sostenere questi costi aggiuntivi che sono stati programmati troppo velocemente. Le società andavano preparate piano piano a questo evento che è epocale per il dilettantismo, e non in modo così netto. Si tratta di una riforma che incide solo sui club, e invece credo che vada ridistribuita su tutti gli interpreti del sistema. O comunque se questi costi aggiuntivi ricadono solo sulle società - ha concluso Zamboni -, queste devono avere degli aiuti di tipo diverso per farne fronte, altrimenti col tempo c’è il rischio che si rinunci a fare attività».


* per la rivista Basket Magazine

sabato 1 luglio 2023

Operazione Manila: 45 anni fa Italia beffata allo scadere

L'Italia chiuse al quarto posto beffata da un tiro allo scadere del brasiliano

45 anni fa il canestro di Marcel spense la gioia azzurra

Il ricordo di Marzorati: «Battemmo anche gli Usa e fu un buon Mondiale guastato da quell'ultimo episodio quando, dopo il sorpasso di Bonamico, pensavamo di avere già la medaglia di bronzo al collo»


di Giovanni Bocciero*


L’Italbasket, ancora alla caccia della sua prima medaglia ad un Mondiale, si presenterà in quel di Manila dove è andata più vicina al grande risultato nel lontano 1978. Se l’Italia dei canestri ha infatti festeggiato nell’arco della sua storia per i metalli d’oro, d’argento e di bronzo di Europei ed Olimpiadi, in bacheca manca una posizione sul podio alla Coppa del Mondo. Ipotizzare gli azzurri a medaglia alla prossima competizione iridata di Filippine, Indonesia e Giappone è alquanto difficile, se non addirittura impossibile. Ma nella magia di Manila si spera che tutto possa accadere, proprio come al Mondiale del ‘78, al quale l’Italia vi partecipava dopo essere già arrivata ai piedi del podio nel ’70.

A Manila gli azzurri furono invitati proprio dalla federazione filippina, non essendosi qualificati per l’edizione del ’74, e per l’Italbasket quel Mondiale «è stato un torneo abbastanza buono dal punto di vista dei risultati - ha commentato Pierluigi Marzorati -, tranne che per l’ultima partita persa contro il Brasile con un tiro dalla distanza allo scadere che ci ha fatto perdere la medaglia di bronzo. Quel risultato ha segnato il futuro della nazionale. Dopo quel Mondiale, e l’Europeo dell’anno successivo giocato in Italia con fase finale a Torino, al quale non partecipai perché impegnato con la laurea - ha ricordato l’ex playmaker azzurro -, il presidente della federazione decise di cambiare il ct, anche perché Giancarlo Primo era stato per dieci anni l’allenatore della nazionale. Se avessimo vinto quel bronzo, però, di sicuro si sarebbe continuato con lui in panchina. L’arrivo di Sandro Gamba ha portato un rinnovamento che ha creato un ciclo abbastanza vincente con un argento olimpico e un oro europeo. Però mi preme non dimenticare Primo, perché con lui abbiamo vinto due bronzi europei nel ‘71 e nel ’75, e purtroppo c’è sfuggito quel bronzo ai Mondiali di Manila che grida ancora vendetta».

La formazione azzurra nell'amara Manila 1978. In basso, secondo da destra,
Pierluigi Marzorati, 70 anni, icona della nostra pallacanestro

La formula di quella competizione vedeva la campione in carica Unione Sovietica e il paese ospitate Filippine già qualificate al gruppo finale da otto squadre, completato dalle prime due classificate dei tre gironi eliminatori. L’Italia, composta da una formazione con i pilastri Meneghin, Marzorati e Bariviera, mise in evidenza un buon gioco di squadra con diversi protagonista di partita in partita. All’esordio gli azzurri hanno battuto il Portorico 93-80 (Bariviera 24 punti), perso con il Brasile 84-88 (Meneghin 22) e vinto in maniera larga con la Cina 125-95 (Marzorati e Bariviera 24). La prima vittoria nel girone finale è arrivato di misura contro gli Stati Uniti 81-80 (Della Fiori 20). Dopo il ko con la favorita Jugoslavia 76-108, Carraro con 20 punti ha guidato gli azzurri a battere l’Australia per 87-69. Battuta anche le Filippine 112-75 (Bariviera 25), l’Italia ha ceduto all’Unione Sovietica per 69-79 (Carraro 18) prima di superare il Canada 100-83 (Meneghin 23). Tra le novità della nuova formula mondiale, c’era quella dello spareggio tra prima e seconda, e terza e quarta per decretare il podio. Gli azzurri hanno così affrontato il Brasile per la medaglia di bronzo. Negli ultimi secondi il canestro di Bonamico sembrava aver fatto vincere la nazionale italiana, che però distratta da precoci festeggiamenti ha lasciato libero Marcel che dalla grande distanza ha segnato con un tiro dell’Ave Maria: 85-86, ultimo gradino del podio agli avversari e azzurri rimasti a bocca asciutta.

«Sono passati 45 anni, ma una cosa che ricordo in maniera scherzosa è l’incontro con la Cina - ha rammentato ancora Marzorati -. La formazione avversaria presentava il centro Mu Tiezhu, alto 2.28 metri, con due mani enormi che quando aveva il pallone sembrava giocasse con un’arancia. Ovviamente lo ha dovuto marcare per gran parte della partita Dino Meneghin, che ridendoci su ha sempre detto che fosse di cemento armato perché non riusciva a spostarlo. La Cina era anche una buona squadra, preparata tecnicamente, con giocatori nella media dell’1.90. Per quanto riguarda l’ambiente invece, quello che mi ha più colpito è stata l’umidità. Erano i primi di ottobre, c’erano i monsoni e si giocava con un’umidità del 90% e passa - ha sottolineato l’ex play -, si faceva fatica addirittura a respirare. Per il cibo già all’epoca c’era l’usanza di portarsi prodotti da casa come la pasta. Certo spostarsi in Asia comportava mangiare tanto riso, ad esempio, ma non c’erano difficoltà a reperire gli spaghetti o la carne».

Il sorteggio della World Cup 2023 ha visto l’Italbasket inserita nel girone A insieme ad Angola, alla Repubblica Dominicana di Karl Anthony Towns e alle Filippine padrona di casa di Jordan Clarkson. Per questo la nazionale giocherà all’Araneta Coliseum di Quezon City a Manila. Struttura inaugurata nel 1960 e già location del Mondiale del ‘78. Sia l’Angola che le Filippine sono state avversarie degli azzurri anche al Mondiale del 2019 in Cina. Contro entrambe hanno vinto piuttosto nettamente: 92-61 contro gli angolani, quinta vittoria in altrettanti precedenti; 108-62 contro i filippini, per la vittoria più larga nei nove precedenti. Due i confronti con la Repubblica Dominica; il primo nel settembre 1978, un’amichevole vinta dagli azzurri per 87-66 proprio in vista dei Mondiali; il secondo il 3 luglio 2021, al Preolimpico di Belgrado, un 79-59 che spianò la strada verso la finale che poi catapultò la squadra allenata dal ct Meo Sacchetti ai Giochi olimpici di Tokyo. Assodato che il girone della prossima competizione iridata è abbordabile, s’inizia il 25 agosto contro l’Angola, il 27 sfida ai dominicani e ultima gara del gruppo il 29 con le Filippine. Meglio non lasciare nulla al caso per la seconda fase in cui s’incroceranno le migliori due del girone B, ovvero Serbia, Cina, Portorico e Sud Sudan, da affrontare rispettivamente l’1 e 3 settembre portandosi dietro i risultati già acquisiti. Ma sarà ancor più importante arrivare primi nella seconda fase, perché se si dovesse arrivare secondi nel girone I, ai quarti di finale - da giocare il 5 settembre - ci potrebbe essere l’accoppiamento con gli Stati Uniti.

«Con quest’ultima generazione, a cavallo tra il termine dell’era Sacchetti e l’inizio di quella Pozzecco, si intravede qualcosa di positivo. Spero che vada avanti questo processo di maturazione - ha continuato Marzorati - e che tutti i giocatori che sono fisicamente a posto e che sono vogliosi di indossare l’azzurro siano a disposizione. Adesso però, più che pensare ad un discorso di medaglie, l’importante è affrontare bene il primo girone eliminatorio. Bisogna superarlo da primi, anche se non sarà facile. Parlo per esperienza, partire bene in una competizione permette alla squadra di acquisire autostima e fiducia. Sentimenti che, seppur sappiamo che alla fine le rotazioni sono spesso precluse a otto, forse nove giocatori, si propagano anche a coloro che vedono poco il campo e gli permette di essere pronti quando chiamati nel momento del bisogno». Dopo l’ultimo Europeo sarà la seconda manifestazione alla quale l’Italbasket parteciperà con Gianmarco Pozzecco in qualità di ct. «La sua nomina è una bella sfida. Avrà una seconda opportunità, anche se la squadra non ha certamente il talento di altre nazionali. Credo però che in questo momento non bisogna pretendere troppo da lui e dalla squadra, ma più che altro volere un miglioramento dal punto di vista del gioco e della posizione - ha analizzato l’ex azzurro -, ma non esclusivamente della medaglia. Il Mondiale è una competizione che permette di incontrare nazionali provenienti da altri continenti e spesso difficili da affrontare. Certo, non bisogna dimenticare che il risultato è importante anche in funzione della qualificazione per le Olimpiadi di Parigi del prossimo anno».

Fare bene alla competizione iridata non sarà solo il frutto di una semplice somma di talento, ma è indispensabile creare quella chimica giusta che permetta anche di andare oltre i propri limiti. Come è spesso accaduto con le nazionali dei cicli vincenti. «I risultati che l’Italia ha ottenuto in passato sono sempre stati figli di un lavoro di più anni. È quello che oggi nella pallacanestro italiana è penalizzante. Ovvero, il fatto che non solo ogni anno si cambia l’assetto della squadra, ma addirittura durante la stessa stagione ci sono giocatori che vanno via e altri che arrivano. Questo è l’esatto contrario di come bisogna lavorare per vincere - ha ancora analizzato il play -. Ogni anno bisogna aggiungere qualcosa, e non togliere, mantenendo un assetto di squadra che permetta di avere un nucleo base che crei continuità e soprattutto affiatamento. Questo vale tanto per i club quanto per la nazionale. Andando avanti nel corso degli anni, con un ciclo di tre o quattro stagioni, si devono pretendere dei risultati perché si spera che la squadra abbia definito il suo valore così da poter puntare ad una zona medaglie».

Oggi la nazionale italiana è composta soprattutto da due blocchi ben definiti, di Olimpia Milano e Virtus Bologna, forse un fattore per riuscire ad arrivare ad una alchimia migliore in breve tempo. «È una cosa che è sempre successa, basta vedere gli anni del bipolo Milano e Varese, oppure Cantù, e allora diventava un tripolo. È sicuramente una cosa vantaggiosa, ma la differenza è che noi non avevamo giocatori all’estero. Questo implica che durante le finestre diversi atleti, che sono importanti ed utili nell’economia della squadra, non possono esserci. Bisogna dunque cercare di ottimizzare il tempo a disposizione per il ct, ma - ha concluso Marzorati - è certamente una complicanza e non una facilitazione».

Così a Manila 45 anni fa

ITALIA-BRASILE 85-86 (45-50)

ITALIA: Caglieris 2, Iellini, Carraro 8, Ferracini, Della Fiori 2, Bariviera 21, Bonamico 8, Meneghin 13, Villalta, Vecchiato 4, Marzorati 6, Bertolotti 21. All. Primo.

BRASILE: Marcelo Vido, Fausto 6, Ubiratan, Carioquinha 12, Helio Rubens 4, Marquinho 12, Gilson 12, Marcel 22, Adilson, Agra, Oscar 18, Robertao. All. Vidal.

CLASSIFICA FINALE: 1. Jugoslavia, 2. Urss, 3. Brasile, 4. Italia, 5. Usa, 6. Canada, 7. Australia, 8. Filippine, 9. Cecoslovacchia, 10. Portorico, 11. Cina, 12. Rep. Dominicana, 13. Sud Corea, 14. Senegal. 



* per la rivista Basket Magazine