sabato 15 ottobre 2022

I campioni di Eurobasket: la 'familia' non tradisce

Smentito una volta di più chi parlava di Spagna più debole per l'assenza di tanti veterani

La 'familia' non tradisce

Seleccion inesauribile con Scariolo che porta gradualmente in condizione la squadra al massimo del rendimento e dell'autostima


di Giovanni Bocciero*

 

BERLINO - “È finito il ciclo vincente”. “Deve pensare solo a ricostruire”. Questi i commenti che avevano anche delle verità come fondamenta. Eppure la Spagna è ritornata sul tetto d’Europa nonostante fossero davvero in pochi a credere in una vittoria degli iberici guidati da Sergio Scariolo. Il ct, che ha avuto la benedizione in persona del vate Valerio Bianchini, del quale è stato assistente ai tempi della Scavolini Pesaro, ha dimostrato ancora una volta quanto è importante conoscere la propria squadra, e a maggior ragione conoscere gli avversari. Dopotutto, se all’età di 29 anni guidi la tua squadra, quella stessa Scavolini, a vincere lo scudetto, significa che di pallacanestro qualcosa ne devi pur sempre capire. E Bianchini gli ha dato la sua benedizione proprio perché Scariolo ha fatto conciliare in questo cammino europeo la pallacanestro tradizionale con quella contemporanea, composta da un gioco collettivo che deve tenere ben presente la tecnica quanto la tattica, tanto offensiva quanto difensiva, puntando sulla transizione ed il tiro da tre punti che sono molto più congeniali ai tempi d’oggi. Ma soprattutto, senza che le emozioni dominino sulle vicende sportive, perché farsi prendere dal momento ed essere poco lucidi costringono a prendere una decisione che il più delle volte non ti porta e nemmeno ti avvicina all’obiettivo che chiunque abbia preso parte a questo Eurobasket aveva: vincere.

Il ct Sergio Scariolo, al suo quarto Eurobasket vinto

Naturalmente non possiamo paragonare il successo della Spagna ad un impresa sportiva, perché dopotutto c’è il palmares che parla. Per le ‘furie rosse’ di Scariolo (prima coach dal 2009 al 2012 e poi di nuovo dal 2015) si tratta dell’ottava medaglia conquista tra Europei, Mondiali ed Olimpiadi. Dunque, non possiamo che parlare di lui e dei suoi giocatori come di una vera e propria dinastia, per la quale nel corso degli anni pur se sono cambiati alcuni interpreti non si è modificata la cultura del successo che li ha portati a trionfare di nuovo a Berlino. Senza Ricky Rubio, senza il Chacho Rodriguez, senza l’ultimo infortunato Sergio Llull, al posto del quale ormai in partenza per l’Eurobasket è stato richiamato Alberto Diaz. Sì, proprio colui che è stato capace di mettere la museruola ad un immarcabile Dennis Schroder nella semifinale vinta contro i padroni di casa della Germania in una Mercedes Benz Arena stracolma con 16 mila spettatori, tanti dei quali per lo più tedeschi molto rumorosi.

Ma forse proprio da quella partita si possono estrapolare due lezioni molto importanti. La prima è di natura algebrica ma cade a pennello in questa circostanza. Ovvero, per la proprietà commutativa cambiando gli addendi non cambia il risultato. Ebbene, cambiando i dodici del roster spagnolo non è cambiato il risultato, perché la nazionale iberica si è ritrovata ad alzare il trofeo continentale pur con sette esordienti, tra cui quel Lorenzo Brown naturalizzato in una settimana e voluto fortemente dallo stesso Scariolo proprio per mettere una toppa nel reparto dove avvertiva una carenza. Burocrazia a parte, la scelta che pur aveva fatto storcere il naso ad un senatore come Rudy Fernandez si è poi rivelata assolutamente decisiva. E quindi siamo qui a celebrare l’ennesimo trionfo della Spagna, che dal 2009 in poi sotto la guida del tecnico bresciano ha collezionato quattro ori europei (Polonia 2009, Lituania 2011, Francia 2015 e Germania 2022), un bronzo europeo (Turchia 2017), un oro mondiale (Cina 2019), un bronzo olimpico (Rio de Janeiro 2016) ed un argento olimpico (Londra 2012). Arrivati a questo punto, con Juancho e Willy Hernangomez rispettivamente di 26 e 28 anni, che da questa competizione hanno definitivamente ricevuto le chiavi della squadra in mano; uno Xabi Lopez-Arostegui di 25 anni che ha visto crescere il suo impiego e il suo ruolo; un Usman Garuba di 20 anni capace di giocare non solo col fisico ma anche con tecnica e letture, in attacco e in difesa; e poi con i vari Dario Brizuela (27 anni) sempre utile, Jaime Pradilla (21) e Jaime Fernandez (29) quasi sempre partiti in quintetto così come Joel Parra (22) che sta studiando come i fratelli Hernangomez quando c’erano ancora i fratelli Pau e Marc Gasol, questa nazionale può soltanto aprire un nuovo ciclo con una nuova generazione di campioni. Ma è una cosa normale, perché se lo sport ci insegna una cosa in particolare, è che il tempo passa per tutti. Bisogna saperlo accettare e guardare al futuro con rinnovata fiducia.

La seconda lezione è di natura prettamente tattica, perché sempre l’allenatore bresciano è stato capace di mettere dei granelli di sabbia nell’attacco perfetto della Germania con quella incredibile difesa a zona mista, ormai una rarità vederla applicata su di un parquet. Una ‘box and one’ con Diaz, sempre quello richiamato all’ultimo proprio come il nostro Amedeo Tessitori, che si è appiccicato a Schroder togliendolo dalla partita, facendolo diventare innocuo e a tratti addirittura facendolo innervosire. Significa proprio questo conoscere la propria squadra e sfruttarne le potenzialità, così come conoscere gli avversari e bloccarne le migliori qualità. Poi è logico che se quel Diaz si tuffa a terra sbucciandosi le ginocchia per recuperare il pallone a 2’ dalla fine della finale, e poi chiude i conti della stessa partita a poco più di un giro d’orologio dalla fine con una tripla che non è proprio la sua caratteristica principale, allora sei l’uomo del destino. Che si è trovato al posto giusto al momento giusto.

C’è anche da dire che la Spagna è stata capace di crescere partita dopo partita, perché ad inizio Eurobasket ha dimostrato di avere qualche fragilità. Ma è stata in grado di saper uscire dalle difficoltà come un gruppo unito. Le ‘furie rosse’ hanno vinto il proprio girone battendo nell’ultimo incontro la Turchia di misura (72-69) dopo essere stati battuti addirittura dal Belgio (83-73). Trovando la giusta quadra strada facendo, si sono sbarazzati prima della Lituania (102-94) agli ottavi e poi della Finlandia (100-90) di un monumentale Markkanen ai quarti. In semifinale, come già detto, è arrivata la vittoria in rimonta contro la Germania, capovolgendo le sorti di una partita che sembrava quasi compromessa (96-91). E poi naturalmente c’è stata la vittoria in finale contro la Francia (88-76), dove l’insieme ha fatto nuovamente la differenza. I numeri spesso, nella pallacanestro, non dicono tutto ma fotografano abbastanza bene la situazione. E allora basta dire che gli spagnoli hanno costretto i transalpini ad un 9/23 da tre con tiri spesso e volentieri contestati bene, e a perdere 19 palloni che sono stati prontamente convertiti in 33 punti. Un’enormità che però ci permettono di ritornare alla disamina di Bianchini con la quale abbiamo esordito. La Spagna è stata capace di adeguarsi all’avversario, al contesto, alle situazioni, e poi la forza del gruppo e soprattutto quella classe operaia che ha giocato anche scampoli di garbage time assolutamente non paragonabile, ad esempio, al Theo Maledon che gioca in Nba o all’Amath M’Baye fresco di firma con i campioni d’Eurolega dell’Efes, hanno contribuito a modo loro al resto.

Resta il fatto poi che una miglior finale dell’Eurobasket con a sfidarsi Spagna e Francia, forse, non la si poteva chiedere. E poco importa se tutti si aspettavano la Serbia di Nikola Jokic, la Slovenia di Luka Doncic o la Grecia di Giannis Antetokounmpo. La pallacanestro è e resta uno sport di squadra, nonostante tutti vorremmo vedere le cosiddette ‘stelle’ competere per la vittoria di un trofeo. Di fronte per la finalissima dell’Europeo si sono ritrovati i campioni del mondo ispanici ed i vicecampioni olimpici transalpini, a sottolineare che di meglio davvero non si poteva chiedere. La sostanza delle cose sta tutta lì. È il gruppo, la squadra, il sapersi dividere responsabilità e competenze che fa la differenza, e non il singolo, l’accentratore, colui che attira su di sé tutto ciò che c’è da poter attirare sul parquet che ti porta al successo.

Ed anche in questo, ancora una volta, Sergio Scariolo c’ha visto giusto. Perché tornando al simbolo di questa vittoria, ovvero il 28enne Alberto Diaz da Malaga, 188 cm che sembravano però molti di più sul rettangolo di gioco di Berlino, quando si è dovuto decidere chi avrebbe sostituito Llull, tutto o quasi faceva credere che sarebbe stato il baby prodigio del Real Madrid Juan Nunez. E invece nessuna decisione è stata migliore. Dopotutto all’indomani dell’infortunio del veterano blancos, proprio Scariolo scriveva sul suo profilo twitter che “continuiamo a lavorare, competere e migliorare. La familia non si è mai arresa, e di certo non lo farà adesso”. ‘La familia’, appunto, non la squadra, la nazionale, la selezione, ma la famiglia. Ed è proprio così che la Spagna ha affrontato questo Europeo, come una famiglia pronta a sudare, a correre, a lottare, a sacrificarsi insieme, nessuno escluso. Tutti a remare nella stessa direzione, con un unico obiettivo: vincere. Che poi era l’obiettivo di tutti, ma solo i più forti riescono a raggiungerlo. E non è detto che questi abbiamo il miglior giocatore in squadra.


*per la rivista Basket Magazine