domenica 17 giugno 2018

L'Italia dei canestri a due velocità: Caserta

Caserta riparte per la terza volta
Unica società ad aver vinto uno scudetto a sud di Roma, la JC rinasce dopo il traumatico epilogo della scorsa estate. Ma la città è scettica




di Giovanni Bocciero*



La Juvecaserta è stata indubbiamente la società del sud Italia che ha raggiunto i risultati sportivi più importanti. Unica formazione ad aver vinto lo scudetto al di sotto di Roma, ha legato i suoi successi al nome dell’imprenditore Giovanni Maggiò. Trasferitosi per lavoro dalla provincia bresciana all’ombra della Reggia, il Cavaliere si dimostrò un uomo passionale ma soprattutto un dirigente sportivo attento e competente. Certamente Caserta rientrò in quel momento storico in cui nella pallacanestro italiana c’erano i cosiddetti magnati che investivano somme sostanziose di denaro per vedere realizzato innanzitutto il proprio sogno, ma anche per regalare alla propria città, ai propri conterranei soddisfazioni sportive da poter sbandierare ai quattro venti.
Per fare grandi cose è necessario fare piccole cose e lasciarle crescere. Progettualità a lungo termine e cura della quotidianità sono essenziali per fare ciò, e Maggiò certamente batteva su questi due aspetti. E per portare in alto la Juvecaserta fu bravo a circondarsi delle persone giuste, come Boscia Tanjevic e Giancarlo Sarti, i quali a modo loro furono due grandi artefici del miracoloso scudetto del 1991. Trionfo che il Cavaliere non poté vivere perché venuto a mancare pochi anni prima. E così si apprezzò una sua ulteriore caratteristica, quella dell’essere lungimirante.
MAGGIO', PRESIDENTE ONORARIO NELLA NUOVA DIRIGENZA:
"VA CAPITO CHE I RISULTATI DI 30 ANNI FA SONO IRRIPETIBILI"
«Girando per la città ricevo sempre attestati di stima - ha osservato l’allora presidente del club bianconero Gianfranco Maggiò - per quel bellissimo momento che la mia famiglia ha regalato ai casertani». Poche settimane fa è stato festeggiato l’anniversario di quello storico tricolore che unisce un’intera città, un’intera provincia. «Man mano che passano gli anni mi rendo sempre più conto che quello che abbiamo realizzato è stato un qualcosa di straordinario - ha continuità Maggiò -, di cui forse all’epoca non abbiamo misurato adeguatamente la portata. E sono convinto che quello che è accaduto circa trent’anni fa è legato a tutta una serie di eventi irripetibili».
Se pensiamo ai proprietari della Juvecaserta che si sono succeduti negli ultimi quindici anni, bisogna senz’altro dire che a loro modo hanno cercato di tenere alto il nome di società e città. Non sempre ci sono riusciti, sia per problemi economici che a causa di beghe interne. Rosario Caputo è forse stato l’ultimo presidente che ha fatto davvero sognare i tifosi bianconeri, portando Caserta dopo la promozione in A ad una semifinale playoff e al preliminare di Eurolega. Per regalare quelle emozioni al popolo casertano, però, Caputo ha fatto il passo più lungo della gamba causando non pochi problemi a livello di bilancio. Con i conti perennemente in rosso Francesco Gervasio, Raffaele Iavazzi e Carlo Barbagallo hanno cercato di fare di necessità virtù, riuscendo anche a far coincidere raramente i costi con i risultati. Ma la crisi economica che ha attanagliato l’Italia, ed il Mezzogiorno in particolare, non ha risparmiato neppure le realtà sportive come la Juvecaserta.
«Il tifoso casertano è molto appassionato - ha continuato Gianfranco Maggiò -, legato alla pallacanestro tanto da andare addirittura oltre alla vicenda sportiva, perché vissuto come un mezzo di riscatto per le tante cose che non funzionano nella nostra città. Per questo quando avvengono cose come l’esclusione dal campionato dello scorso anno, viene vissuta in maniera amara, come fosse un tradimento. Devo anche dire che il tifoso casertano deve capire che con i tempi che corrono certe aspettative, definiamole esagerate, di poter rivedere una pallacanestro del calibro di quella che si è vista all’epoca dello scudetto sono impossibili. Oggi Caserta non offre potenzialità tali da poter sostenere una società che militi ad alti livelli. Bisogna stare con i piedi per terra e accontentarsi di vedere anche una squadra che non giochi in serie A - ha concluso Maggiò - e che non competa per i primi posti».
PER IL MOMENTO E' SICURA LA RIPARTENZA DALLA SERIE B,
CON UNO SGUARDO ATTENTO AD UN POSSIBILE TITOLO DI A2
Certamente l’ambiente non ha risposto appieno negli ultimi anni. Più volte alle richieste di partecipazione in massa della società la cittadinanza non ha risposto presente. Basti pensare che ogni stagione ci si fermava poco sotto i duemila abbonamenti, con un PalaMaggiò che anche nelle gare di cartello presentava diverse macchie vuote sugli spalti. Inoltre quando un manipolo di sostenitori bianconeri ha lanciato l’idea dell’azionariato popolare per supportare le spese economiche del club, fu davvero irrisoria la somma che si riuscì a raccogliere. Insomma Caserta città di basket solo a parole, e non con i fatti. Ed è proprio in questa direzione che sembra iniziare la propria attività il nuovo sodalizio che vede proprio Gianfranco Maggiò nella carica di presidente onorario, e dell’ex direttore generale Antonello Nevola nel ruolo di amministratore delegato. La Juvecaserta 3.0 ripartirà dal trasferimento di sede di Venafro che ha conservato la categoria della serie B pur passando attraverso i playout. E la tifoseria sembra già spaccarsi. In molti infatti ritengono che la società nascente non meriti fiducia, sostenendo una “cacciata dei mercanti dal tempio” visto che si paventa la presenza di Iavazzi dietro le quinte, il principale imputato per l’esclusione dell’estate scorsa.
Da questo punto di vista è senz’altro colpa della nuova dirigenza, che dalla conferenza stampa di presentazione dello scorso gennaio ancora non ha fatto capire chi sono gli imprenditori che compongono la società. La trasparenza è la principale causa di disamore da parte dei casertani per il basket. Nevola, nel frattempo, sta sondando il terreno per cercare un titolo di A2, anche se di società disposte a cederne non ce ne sono all’orizzonte. Non sono andate a buon fine le trattative con Mantova, Bergamo, Ferrara e Roseto che hanno deciso di proseguire l’attività senza nascondere difficoltà economiche. «Il mercato dei titoli è una situazione sempre in divenire - ha raccontato Nevola -, quindi monitoriamo qualsiasi cosa. Certamente abbiamo un titolo di B ed è da lì che ripartiremo. Con che tipo di aspettative dipenderà dal budget che riusciremo a costituire. Caserta è una piazza importante, e quindi sicuramente si cercherà di allestire una squadra che sia competitiva sin da subito». La cosa positiva è che in un modo o in un altro ritorna la pallacanestro in città a distanza di un anno.


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2016/17
13°
Serie A



* per il mensile BASKET MAGAZINE

L'Italia dei canestri a due velocità: Avellino

Avellino, non resta che vincere
Da diciotto stagioni in serie A, negli ultimi tre anni si è imposta tra le 'big'
ma al suo attivo ha solo la Coppa Italia del 2008



di Giovanni Bocciero*


Tra le piazze calde del Sud Italia bisogna annoverare sicuramente la Scandone Avellino. Il club irpino sono alcune stagione che porta alto lo stendardo del Mezzogiorno, ed anche quest’anno non ha fatto eccezione. Basti pensare che ai nastri di partenza dei playoff c’erano cinque squadre lombarde e due del Nord-est, con la formazione avellinese unica rappresentante meridionale. La città di Avellino ha una lunga tradizione cestistica, legata soprattutto al nome del compianto Vito Lepore, capitano della formazione che approdò in serie B d’Eccellenza. Nonostante la pallacanestro abbia accomunato diverse generazioni di irpini, c’è da sottolineare come la Scandone sia venuta alla ribalta nazionale soltanto con l’avvento dell’anno 2000, quando venne promossa per la prima volta nella sua storia in serie A. Da allora non ha più abbandonato il massimo campionato italiano, anche se c’è andata vicino nel 2006 salvandosi soltanto per il rotto della cuffia. Infatti dopo essere retrocessa la società irpina fu ripescata per il contemporaneo fallimento del Roseto Basket.
BEFFATA DA TRENTO QUEST'ANNO E' USCITA NEI PLAYOFF AI
QUARTI DOPO LA FINALE PERSA IN FIBA EUROPE CUP
Il massimo risultato sportivo viene ottenuto nel 2008, in concomitanza con l’ingresso in società di Vincenzo Ercolino, imprenditore istrionico, senza peli sulla lingua e soprattutto sognatore. Ed è forse questa ultima caratteristica che accomuna tutte le piccole realtà che riescono a sfondare sul panorama italiano. Ercolino acquista il club che era in una profonda crisi e ingaggia come allenatore Matteo Boniciolli, altro personaggio fuori le righe della nostra pallacanestro. Con lui arriva il primo, e fin qui unico successo in Coppa Italia, mostrando all’intera Europa la coppia di giocatori formata da Marques Green ed Eric Williams. Oltre al trofeo in bacheca vengono disputati per la prima volta i playoff in serie A, e l’anno successivo la squadra partecipa addirittura all’Eurolega.
Con gli anni il pubblico del PalaDelMauro si è abituato a vedere giocatori dal grande spessore tecnico, ed anche a risultati piuttosto altalenanti inframezzati da qualche altra crisi economica. Non sempre le aspettative che si creavano ad inizio stagione venivano poi rispettate durante la regular season. Ma Avellino è stata piazza che ha anche saputo esaltare al massimo alcuni giocatori che sono riusciti ad esprimersi in tal modo solo nella città irpina, a testimonianza di quanto l’ambiente ritenuto come una grande famiglia faccia davvero bene. Con la sua accoglienza e disponibilità anche atleti che provengono dall’altra parte dell’Oceano si sentono subito a casa. Oltre a Marques Green che ha avuto ben quattro diverse esperienze in maglia biancoverde nei suoi, sin qui, quattordici anni di carriera, e che è legatissimo alla città che ha dato i natali a suo figlio, vale la pena citare anche Linton Johnson e Omar Thomas, che nel 2011 fu nominato Mvp del campionato. Proprio Thomas ha rilasciato una recente intervista in cui, parlando del suo nuovo ruolo di Director of Operations a Southern Mississippi, ha anche detto che proprio per la cucina avellinese, che ha imparato ad amare, vorrebbe aprire un ristorante italiano negli Stati Uniti.
Il 2011 fu anche uno spartiacque per la Scandone, che vide il passaggio del testimone alla carica di presidente tra Vincenzo Ercolino e Giuseppe Sampietro, e dopo più di un anno l’ingresso in società del gruppo Sidigas e di Gianandrea De Cesare che rappresentò la svolta. Dopo una burrascosa transazione, che non ha comunque impedito alla squadra di competere sul parquet, si è giunti all’ultimo triennio che ha visto la formazione irpina investire circa 15 milioni di euro.
In questi ultimi tre campionati Avellino ha disputato ben tre finali, due in Italia (Coppa Italia e Supercoppa 2016) ed una in campo europeo (Europe Cup 2018) senza riuscire a vincerne neanche una, ed è arrivata a giocarsi due semifinali playoff. Il rammarico è appunto questo, non essere riusciti a sfruttare questi anni in cui si è stati al top in campo nazionale per mettere le mani su qualche trofeo. Perché dopotutto, quando ci si ritrova a ballare, non si vuole certamente smettere. «Le ultime tre stagioni sono state di un livello incredibile - ha esordito il gm irpino Nicola Alberani -, anche se purtroppo ci è mancata un’affermazione importante. C’è anche da dire che in questi anni siamo sempre partiti per fare bene, ma certamente non per vincere. Siamo comunque dell’idea che per il futuro bisogna seguire quanto di buono abbiamo fatto sin qui».
L'ATTENDE IN ESTATE UN PROFONDO RESTYLING DOPO L'ARRIVO
DI COACH VUCINIC: "L'OBIETTIVO E' CRESCERE"
In queste tre stagioni la Scandone ha avuto ben due Mvp del campionato, James Nunnally nel 2015/16 e Jason Rich nell’ultimo, a testimonianza che i risultati sono stati raggiunti anche e soprattutto per la qualità dei giocatori, e del roster nel suo complesso, che la dirigenza è stata capace di assemblare estate dopo estate, azzeccando gli uomini giusti in sede di mercato. «Avere giocatori di questa qualità in roster è soprattutto merito degli sforzi e delle risorse che ci mette a disposizione la proprietà, che ci ha sempre messo nelle condizioni per operare al meglio. Questo ha fatto sì che negli ultimi tre campionati avessimo il riconoscimento dell’Mvp in due circostanze, ma forse anche in tre se consideriamo la stagione di Joe Ragland due anni fa, che credo - ha osservato il dirigente della Scandone - meritasse quel premio. La cosa che comunque maggiormente voglio sottolineare è che adesso Avellino è una meta ambita un po’ da tutti i giocatori, e un ambiente nel quale si lavora bene e con la serenità di prendere le scelte che riteniamo migliori».
Questa che verrà appare un’estate piuttosto calda per l’intera società. Sembra infatti che questo ciclo portato avanti da coach Pino Sacripanti in sinergia col gm Alberani sia giunto alla sua naturale conclusione (ufficializzato il 12 giugno scorso il tecnico Nenad Vucinic, ndr). Il mancato successo in almeno una competizione e l’eliminazione precoce agli ultimi playoff per mano dell’Aquila Trento sembra aver accelerato questo processo. Soprattutto il modo con cui si è usciti ai quarti di finale ha lasciato parecchio amaro in bocca, scuotendo e non poco la tifoseria. L’ambiente non ha certamente criticato l’operato della squadra, ma sembrerebbe accettare con meno dolore l’addio di Sacripanti, destinato a ben altri lidi. Con il saluto al tecnico anche il roster dovrebbe subire un bel restyling.
«L’obiettivo è sempre quello di crescere, anno dopo anno, consolidandoci - ha continuato Alberani -. Non è mai facile ripetersi a questi livelli perché la concorrenza è davvero agguerrita, però noi abbiamo le qualità e le potenzialità per poterci riuscire. Soprattutto vorremmo finalmente mettere un trofeo in bacheca, cosa che ci meritiamo per quanto stiamo facendo ormai da anni. Non vogliamo però montarci la testa, non vogliamo essere considerati i favoriti, ma semplicemente ci piace essere visti come dei guastatori - ha concluso il gm irpino -, pronti a dar fastidio a chiunque».


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