venerdì 6 luglio 2018

Warriors vs James, la storia infinita

Warriors vs James, la storia infinita


di Giovanni Bocciero*


Quattro anni dopo LeBron James è di nuovo ad un bivio: restare o partire? La prima volta che dovette prendere questa decisione fu il 2010. Dopo essere stato eliminato in semifinale della Eastern Conference da Boston lasciò Cleveland per trasferirsi a Miami con l'ossessione di vincere il suo primo titolo. Dopo quattro NBA Finals e solo due anelli conquistati, nel 2014 decise di compiere il percorso inverso tornando ad indossare la casacca dei Cavs con l'ossessione, stavolta, di vincere il titolo a casa sua. Esattamente quattro anni dopo, altre quattro NBA Finals e solo un campionato regalato alla sua gente, si ritrova a dover rispondere nuovamente alla domanda: restare o partire?

COME DA COPIONE. Alzi la mano chi si fosse aspettato un finale diverso delle finali tra Golden State e Cleveland. Il secco 4-0 con il quale i Warriors si sono laureati campioni NBA per il secondo anno consecutivo, e terzo negli ultimi quattro, ha palesato un incredibile dominio di Steph Curry e compagni. Non è bastato il James più in palla delle ultime stagioni, che qualche pausa soprattutto in gara 3 e 4 se l'è comunque presa. Non sono stati sufficienti neppure i momenti narcisistici dei ragazzi di coach Steve Kerr a rovinare lo spartito del team della Baia, che in alcuni frangenti hanno letteralmente giocato con gli avversari prima di chiudere la pratica con il killer che porta il nome di Kevin Durant, non a caso di nuovo Mvp delle finali.
I Cavaliers sono stati poca cosa per impensierire gli sfidanti. E proprio come le due facce di una stessa medaglia, dove finiscono i meriti cestistici di LeBron iniziano i suoi demeriti relazionali. Giocare con lui non è facile, nonostante le statistiche. Queste finali sono state giocate con il fantasma di Michael Jordan che aleggiava sia su James che sui Warriors. I paragoni su chi è il miglior giocatore e la miglior squadra di sempre li lasciamo volentieri a voi, anche perché non è questa la sede adatta per discuterne. Sono stati comunque ingenerosi i fischi dei tifosi dell’Ohio che hanno accompagnato gli ultimi minuti di gara 4 della propria squadra, che in maniera miracolosa è riuscita ad arrivare sin lì. E addirittura sono stati irrispettosi quando hanno infastidito la premiazione di Golden State, che ha meritato per gioco espresso e freddezza dimostrata di portare a casa il trofeo intitolato a Larry O’Brien.
I Warriors hanno dimostrato di essere una macchina perfetta, e che costruiti per vincere raramente falliscono. Soprattutto Curry e Durant hanno deliziato il palato dei milioni di appassionati sparsi in tutto il mondo. Il primo ha disputato, forse, le sue migliori NBA Finals rispettando il suo valore e segnando dei canestri dalla lunga distanza che ormai non fanno neanche più notizia. Del secondo rimarrà impressa la sua straordinaria performance in gara 3, con la quale ha sancito la vittoria per la sua squadra, e si è fatto apprezzare perché non ha mai voluto prendersi la scena. Ma davvero, per parlare di questi Golden State non si può fare a meno di nominare tutti i giocatori del roster, che portano sempre il loro prezioso quanto vitale contributo. Ormai ad Oakland è stata appresa una mentalità così vincente che pure il nuovo arrivato Jordan Bell sa come affrontare un appuntamento così importante. E le immagini che lo hanno visto ascoltare i consigli di un veterano come Andre Iguodala - monumentali le poche giocate di cui è stato protagonista al rientro - non possono che essere prese come monito per chiunque.

SCURO IN VOLTO. Terminata la decisiva gara 4 LeBron James ha imboccato immediatamente la via degli spogliatoi, abbracciando prima la madre e poi baciando la moglie, per scomparire dietro le porte. Il viso diceva tutto o quasi. Rammaricato per l'ennesima sconfitta in finale; frustrato perché nella storia di questo sport dovrà condividere la sua era con i Warriors; pensieroso per il prossimo futuro che lo attende: restare o partire? Inutile dire che ha la fila fuori la porta di casa, e che si è guadagnato il potere di decidere dove andare a giocare. In molti farebbero carte false per firmarlo, ma solo pochi possono permettergli di vincere domani, che è la cosa alla quale mira.
Decidere di restare a Cleveland non è affatto semplice, sotto vari punti di vista. In primis per l'ambiente, visto che il rapporto tra James e il proprietario Dan Gilbert non è mai stato idilliaco, e lo è ancor meno oggi. In secondo luogo il roster, che è ingolfato in termini di salary cap ma non è all'altezza delle altre contender. Sono complessivamente oltre 95 i milioni che percepiranno per i prossimi due anni i vari Kevin Love, George Hill, Tristan Thompson, J.R. Smith, Kyle Korver e Jordan Clarkson. E fa ridere che il solo Love, a tratti, è stato da sostegno a LeBron.

INTRECCI DI MERCATO. Di certo James non scioglierà il nodo del suo futuro molto presto, ma si limiterà a stare alla finestra e capire come si muoveranno da una parte i free-agent, o meglio dire Paul George (ufficiale il suo rinnovo ad Oklahoma City, ndr); e dall’altra i Cavaliers. Per convincerlo a restare la dirigenza di Cleveland pare abbia messo gli occhi su Kemba Walker e soprattutto Kawhi Leonard, ormai in rottura con coach Gregg Popovich. Arrivassero loro due nell’Ohio la questione si farebbe parecchio interessante, ma in termini di contropartite sono davvero poche le opzioni. Il problema, inoltre, è che se per arrivare al primo non dovrebbero esserci grandi complicazioni visto che Charlotte sembra in fase di rebuilding, per il secondo la questione si fa molto più complessa. Due i principali motivi. Gli Spurs sarebbero disposti a perderlo da free-agent l’estate prossima; il diretto interessato ha chiesto di essere ceduto o ai Lakers o ai Clippers, essendo lui di Riverside.

E qui nascono gli intrecci di mercato che vorrebbero James in procinto di trasferirsi nella Città degli Angeli (ufficiale dallo scorso primo luglio, ndr). La famiglia, ed in particolare la moglie, ha già da tempo benedetto tale trasloco. Firmando con i gialloviola Lebron non solo andrebbe in un roster giovane con giocatori talentuosi, ma potrebbe ritrovarsi come compagni di squadra il già citato Leonard e George. Quest’ultimo è dall’estate scorsa che ha fatto capire di voler andare a giocare ai Lakers, essendo di Palmdale, e adesso ha il potere di farlo. I Lakers hanno inoltre i mezzi per strappare Leonard a San Antonio, così da calare il tris d’assi.




* per il mensile BASKET MAGAZINE. Scritto il 22/06/2018

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