mercoledì 22 gennaio 2020

Il giramondo - Mekel...angelo, il re degli assist

Cresciuto nelle giovanili del Maccabi, ha poi vinto per due volte il titolo israeliano soffiandolo al club di Tel Aviv
Mekel...angelo, il re degli assist
Ha giocato in sei Paesi diversi, due produttive stagioni in Ncaa, due anni in Nba



di Giovanni Bocciero*



UN AUTENTICO GIRAMONDO che anche attraverso la pallacanestro ha potuto dare sfogo ad uno dei suoi maggiori hobby, quello di viaggiare. Gal Mekel da Ramat HaSharon, classe 1988, ha militato in tanti campionati diversi e vissuto esperienze così differenti l’una dall’altra che lo si potrebbe quasi definire un cittadino del mondo. Ma non mettente in dubbio il suo attaccamento per la Nazionale, perché lui è un israeliano orgoglioso.
Cresciuto in una famiglia molto numerosa (ha quattro fratelli e due sorelle, ndr), sin da adolescente alla Alliance High School di Tel Aviv ha praticato diversi sport, come il basket ed il tennis. Il primo è poi diventato il suo lavoro, il secondo solo un passatempo estivo. La scelta di dedicarsi completamente alla pallacanestro è stata una normale conseguenza dei primi successi raggiunti con la palla a spicchi tra le mani. Mettendosi in mostra prima tra le fila dell’Hapoel Tel Aviv e poi dell’A.S. Ramat HaSharon ha attirato l’attenzione del colosso israeliano Maccabi, col quale a 17 anni ha messo in bacheca il titolo del campionato giovanile 2005/06. Contemporaneamente iniziava ad essere anche un perno della formazione under 18 dell’Israele, con la quale al prestigioso torneo Albert Schweitzer si è fatto conoscere al mondo intero. Dall’altra parte dell’oceano ha fatto clamore la sua prestazione da 29 punti e 6 assist realizzata contro l’equipe statunitense, e così diversi college si sono fatti avanti offrendogli una borsa di studio. Providence, Southern California ma soprattutto Wichita State. Ha accettato l’offerta di quest’ultima, e con gli Shockers ha disputato due stagioni in Ncaa che sono state altamente formative in ambito sociale, culturale e cestistico. Non a caso ancora oggi la reputa una dei momenti decisivi della sua carriera. «La decisione di andare a giocare in un college americano - ha recentemente dichiarato Mekel in una intervista -, dopo aver militato nelle giovanili del Maccabi, credo sia stato il modo migliore per attenuare l’impatto nel passaggio dalle giovanili al professionismo. Oltre ad essere stata una grande esperienza, personalmente mi ha molto aiutato e credo che per chiunque sia una scelta da fare».

UN RAGAZZO INCONTENTABILE. In oltre dodici anni di carriera ha giocato in sei paesi diversi perché essendo uno che non si accontenta facilmente spesso e volentieri ha deciso di cambiare casacca anche a stagione in corso. Lo ha fatto per avere maggiore spazio ma anche per accettare sfide che in pochi si sarebbero sognati di affrontare. Come quando appena ritornato dall’esperienza negli Stati Uniti ha richiesto in ben due circostanze di essere ceduto alla dirigenza del Maccabi Tel Aviv. Era insofferente all’idea di giocare poco e sapeva di poter dare tantissimo. Così la società lo ha prestato all’Hapoel Gilboa, e lì ha praticamente fatto sfracelli. Nel 2009 ha vinto il premio di giovane promessa del campionato israeliano, mentre nel 2010 ha trascinato la squadra al titolo nazionale battendo in finale proprio il Maccabi, con cui aveva iniziato la stagione. Un anno dopo, pur senza riuscire a ripetersi col Gilboa ha vinto il premio di Mvp del campionato.
Re degli assist, Gal Mekel un playmaker di valore internazionale
A 23 anni è arrivato per la prima volta in Italia, a Treviso, e dopo una stagione sembrava essere arrivato il momento giusto per provare a solcare di nuovo l’oceano. C’era stato un abboccamento con gli Utah Jazz, ma poi ha deciso di firmare con il Maccabi Haifa e miglior scelta non poteva fare. La squadra era ambiziosa e Mekel si è rivelato la ciliegina sulla torta. Da incorniciare la sua prestazione da 21 punti e 7 assist che ha fatto registrare nella finale del campionato ancora contro il Maccabi, che è valsa titolo e di nuovo premio di Mvp. La maggior parte dei buoni giocatori israeliani giocano almeno qualche anno col blasonato Maccabi di Tel Aviv, lui invece si è rivelato una sorta di nemico pubblico. «Ho sempre voluto giocare per squadre che mi dessero fiducia - ha continuato a rivela Mekel -. Non accade spesso che il Maccabi non vinca il campionato israeliano, ed è stato incredibile batterlo due volte con due squadre diverse. È stato qualcosa di veramente fantastico, che ha dato speranza agli altri giocatori che il Maccabi non è l’unico posto dove giocare e che ci sono altri ottimi club in Israele. Purtroppo a volte le cose nella vita semplicemente non funzionano, e il destino ha voluto che io e il Maccabi non fossimo fatti l’uno per l’altra».
Dopo l’impresa con il Maccabi Haifa è approdato in Nba diventando il secondo giocatore israeliano di sempre a giocare nel campionato statunitense dopo Omri Casspi. Prima ha indossato la casacca dei Dallas Mavericks e poi quella dei New Orleans Pelicans. Ma purtroppo nella lega americana non gli è andata bene, e così nel febbraio del 2015 è ritornato in Europa per vestire prima la maglia dei russi del Nizhny Novgorod e poi quella dei serbi della Stella Rossa. A gennaio del 2016 si è trasferito di nuovo, firmando per la terza volta con il Maccabi Tel Aviv, con cui, questa volta, ha vinto la Coppa d’Israele nel 2016 e nel 2017. È stato poi ingaggiato dal Gran Canaria, l’anno dopo dallo Zenit San Pietroburgo, e l’estate scorsa è tornato in Italia.

NUOVI E VECCHI RECORD. Da come si evince, la carriera di Mekel è stata segnata da alcune prestazioni che ne hanno tracciato il percorso di crescita. Da israeliano orgoglioso ha sempre risposto presente alla chiamata della Nazionale disputando quattro edizioni dell’Europeo e venendo insignito nell’ultima competizione del grado di capitano. «Abbiamo una grande tradizione - ha dichiarato il giocatore -, e per me rappresentare la mia nazione è un onore». La gara perfetta con Israele l’ha giocata nel 2014, in occasioni delle qualificazioni all’Eurobasket contro Montenegro. Chiuse con una tripla-doppia da 14 punti, 11 rimbalzi e 11 assist che negli Stati Uniti gli valse il soprannome di “Mekelangelo”. Una partita a tuttotondo che non ha fatto altro che sottolineare le sue principali caratteristiche di giocare completo: realizzatore mortifero e passatore geniale. Proprio come quelli che sono stati i suoi modelli. Da giovane cercava di imitare Sarunas Jasikevicius, col quale può senz’altro condividere la poca fortuna in Nba; poi è rimasto incantato da Steve Nash che ha avuto l’occasione di seguire da vicino quando è stato in America. «Giocava nel mio ruolo ed era molto creativo. Mi ha senz’altro ispirato come giocatore».
Alcune settimane fa con la Pallacanestro Reggiana ha smazzato ben 14 assist nella vittoria contro Cremona, così da riscrivere il record della società e iscrivendosi di diritto nella sua storia. Con quella performance si è avvicinato al suo record personale di 16 stabilito nel 2016 con il Maccabi. Ma certamente quelle cestistiche sono qualità non superiori a quelle umane. A Reggio Emilia infatti lo stanno iniziando a conoscere anche come la persona magnifica che è fuori dal campo, e questo logicamente non può che far piacere. Con quella faccia d’angelo che si ritrova ha addirittura intrapreso una breve carriera da modello per la casa di moda israeliana Renoir. Imbeccato dalla moglie Danyelle Sims (figlia dell’ex cestista Willie Sims, ndr) che fa invece la modella per mestiere, si è cimentato in questa esperienza. «Sono stati due anni molto divertenti - ha rivelato Mekel - che mi sono piaciuti tanto». Questo dimostra che non ha certamente paura dei riflettori, deve solo trovare l’ambiente giusto dove emergere. E sin qui, con la maturità raggiunte, Reggio Emilia lo può diventare.




* per la rivista BASKET MAGAZINE

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