lunedì 19 dicembre 2022

Il Regno Unito per il basket: un bacino dal potenziale incredibile

Il Regno Unito per il basket:
un bacino dal potenziale incredibile


di Giovanni Bocciero*


Spesso basket e Regno Unito nella stessa frase quasi stonano. Almeno per quanto riguarda la Bbl, ovvero la British Basketball League. La pallacanestro oltremanica non è mai riuscita ad attecchire veramente. Nonostante la Nba ci provi da anni con il match della stagione regolare che viene disputato regolarmente in un impianto all’avanguardia come la o2 Arena di Londra. Due settimane fa c’ha provato persino la Ncaa, che ha portato quattro università, tra cui due nobili come Michigan e Kentucky, a giocare due match di campionato. Ambiente caldo, atmosfera bella, ma i 20mila posti dell’arena non sono andati proprio esauriti.

Eppure, nel viaggio appena fatto a Londra abbiamo potuto vedere come in realtà il basket attecchisca molto tra i giovanissimi, con playground ben tenuti e molto diffusi. In meno di un miglio, circa 1,5 km,  ne abbiamo trovati addirittura tre, due pubblici ed uno incastonato, o forse meglio dire nascosto, in una scuola elementare. La fascia d’età fino all’adolescenza è senz’altro quella più avvezza alla pratica del basket, poi qualcosa s’inceppa. C’è un intoppo che polverizza un enorme bacino d’utenza, ed è così che giocatori inglesi come Carl Wheatle, oggi a Pistoia, o Quinn Ellis, in prestito a Casale da Trento, preferiscono lasciare giovanissimi il loro paese per provare a crescere e maturare altrove.


Nelle ultime stagioni la lega britannica ha aumentato il proprio livello, di poco paragonabile ad una nostra A2, anche perché per una questione fiscale sono riusciti ad aumentare il tetto degli ingaggi permettendosi così giocatori di buona caratura. Con il crescente aumento dei giocatori americani, di conseguenza si è alzata la competitività, con palazzetti belli, pieni, e con una discreta copertura televisiva. Senza il rischio retrocessione, il modo di operare si avvicina molto a quella che è la realtà statunitense, con una programmazione che vede disputare partite durante la settimana ed anche più di una in fila all’altra per poi avere diversi periodi di pausa.

La maggior parte dei club del campionato britannico sono comunque molto legate alle realtà universitarie, per questo utilizzano le loro strutture. Le società che nel corso degli anni sono riuscite a costruirsi le proprie arene, come Newcastle o Leicester, hanno iniziato anche a fare una buona attività di academy, come ci ha raccontato Domenico Pezzella, gm di Chieti e procuratore che ha portato diversi atleti a giocare in Gran Bretagna. Seppur ci sia un discreto seguito, gli stessi London Lions che disputano l’Eurocup, non sempre giocano alla 02 Arena, la quale sarebbe effettivamente difficile da riempire con i suoi 20mila posti se non per un match davvero di cartello. Alla fine il calcio la fa sempre da padrone, e purtroppo la Bbl sembra destinata a rimanere un campionato un po’ mediocre, seppur la Nba e da poco anche la Fiba spingano per attrarre soprattutto il mercato legato alla città di Londra.


Phil, appassionato inglese di basket, ci ha raccontato che per loro la pallacanestro è la Nba e non l’Eurolega, che segue poco e della quale conosce pochissimi giocatori. Questo allontana ancor di più il Regno Unito dall’Europa, non solo per questioni politiche. Abbiamo però detto che diverse squadre professioniste utilizzano strutture delle università, eppure non riescono ad incanalare gran parte del bacino di ragazzini che sin da piccoli giocano a basket. Un problema è la scarsa bravura degli allenatori, ci ha raccontato invece Mark, i quali hanno dei grossi limiti sia tecnici che tattici. E’ per questo che alcuni ragazzi provano ad andare a giocare all’estero, in particolar mano nelle high school e poi nei college statunitensi. Perché lì possono misurarsi con avversari e allenatori preparati.

Un vero peccato, perché non tutti possono permettersi di lasciare il proprio paese, non solo per una questione economica ma anche affettiva. E fa ancor più riflettere che mentre l’ippica riceve all’incirca 18 milioni di euro annui dallo stato come sostegno per le proprie attività, il basket non percepisce nulla, nessun tipo di sostentamento statale. Sembra quasi che la pallacanestro sia trattato come uno sport per privilegiati, ci ha continuato a dire Phil, anche se in realtà è quello maggiormente praticato per strada e tra i ragazzini. Non è un caso se gli ultimi Europei sono stati trasmessi da 23 paesi partecipanti, sia su tv in chiaro che private, e solo in Gran Bretagna no. Alla fine, sembra essere solo questione prettamente culturale, quando in realtà il paese potrebbe essere un bacino non indifferente per il basket mondiale.


* per la testata Basket Magazine

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