sabato 4 giugno 2016

La Campania dei canestri ai “raggi x”, intervista a coach Ponticiello

DALLA GAZZETTA DI CASERTA DEL 05/06/2016

L’INTERVISTA. Coach Ponticiello: «Ci sono momenti di semina e di raccolta, questo è di semina»
La Campania dei canestri ai “raggi x”
Sei i trofei vinti: dalla Partenope Napoli alla Scandone Avellino passando per la Juvecaserta

di Giovanni Bocciero

CASERTA. Da quando esiste la massima serie di pallacanestro come la conosciamo noi, ovvero dal 1965, c’è quasi sempre stata almeno una rappresentate della Campania. Le squadre della nostra regione sono anche state le uniche al di sotto di Roma ad alzare al cielo dei trofei: la Partenope Napoli prima la Coppa Italia del 1968 e poi la Coppa delle Coppe del 1970, la Juvecaserta prima la Coppa Italia del 1988 e poi lo Scudetto del 1991, il Basket Napoli la Coppa Italia del 2006 mentre la Scandone Avellino la Coppa Italia del 2008. Addirittura nella stagione 2008/09 si è sfiorato un clamoroso poker, se mentre Caserta festeggiava il ritorno in massima serie non ci fosse stata la retrocessione di Scafati, con Napoli ed Avellino a guardare. Le altre rappresentanti del Sud si limitano a Reggio Calabria, Brindisi e Capo d’Orlando, con Trapani e Messina che sono state delle autentiche meteore.
LA JUVECASERTA SCUDETTATA DEL 1991
I successi delle suddette formazioni campane sono arrivati grazie sicuramente agli investimenti fatti dai singoli patron dell’epoca, vedi Maggiò, Maione o Ercolino, ma sono stati il frutto di un duro lavoro, espresso con capacità e professionalità, spesso costruiti con il tempo. A far da cornice non poteva certamente mancare la passione per questo sport e quel pizzico di “cazzimma” tutta campana.
Coach Francesco Ponticiello a tal proposito si è anche detto contrario al termine “cazzimma” utilizzato in maniera abusata e troppo sufficientemente dai giornalisti, senza dargli il giusto valore. «Rispetto alla “cazzimma”, il mio non è un ripudio della capacità di “esser svegli” che ci contraddistingue, tutt’altro. Piuttosto una forma di congenita allergia agli stereotipi: spesso si dimentica che dietro il successo di giocatori campani come i fratelli Gentile, come Poeta, allargando il campo al calcio, i fratelli Cannavaro, Insigne, ci sia tanto lavoro, anni ed anni di sacrifici. Perché dimenticarsi di questo lavoro, del tanto allenamento, dietro ciò che ora rappresentano?».
Inoltre, abbiamo voluto il parere di un professionista come coach Ponticiello, più volte relatore ai clinic della Campania, per analizzare a 360° lo stato del movimento cestistico regionale, le piazze storiche ed i loro successi tra prime squadre e settore giovanile.
Partiamo da un dato di fatto, al di sotto di Roma soltanto le squadre campane sono state capaci di vincere sei trofei e tenere alta la bandiera del Meridione. Al budget bisogna legare capacità e passione?
«Non c'è dubbio, il budget è solo un punto di partenza. Poi viene il come questo venga trasformato in costruzione dello staff tecnico, in allestimento dell'organico, in quotidiana preparazione della competitività in campionato, ed infine in risultati. Non è assolutamente meccanica la trasformazione di un eccellente budget in vittorie. Napoli, Caserta, Avellino, quale che fosse il budget che ognuna delle squadre citate disponeva, parla soprattutto di una riuscita sintesi di tutti questi fattori».
COACH FRANCESCO PONTICIELLO
Veniamo all’oggi e non possiamo che applaudire la Scandone Avellino per la semifinale raggiunta dopo una stagione da record. Che impatto può avere sul movimento regionale un tale risultato?
«Sta a significare come, anche in Campania, puntando a costruire una buona sintesi tra il budget e ciò che viene dopo, ovvero se si riesce a determinare quella sintesi di cui parlavamo in precedenza, si può fare non solo bene, ma benissimo. È una grossa iniezione di fiducia per tutta la Campania dei canestri, non solo per Avellino. Ma è chiaro che alla società irpina, a Pino Sacripanti, alla squadra, vanno fatti innanzitutto tutti i complimenti del caso. Bravi davvero, anche perché l'inizio, come sempre avviene quando si cambia così tanto, non era stato così semplice. Ed invece il 2016 è stato davvero straordinario».
A Caserta purtroppo si sta vivendo una situazione drammatica. A suo avviso sarebbe stato meglio rinunciare al ripescaggio l’anno scorso ed avviare un progetto magari con qualche giovane italiano interessante?
«Non amo le semplificazioni, e nel caso specifico, bisogna ricordare che Sandro Dell’Agnello e la Juvecaserta, a parte qualche brivido finale, peraltro ben superato con la meritatissima salvezza, hanno disputato davvero un ottimo campionato. Le problematiche attuali, la criticità del momento non dipendono infatti da aspetti tecnici, e neppure di programmazione. Poi è chiaro che nella memoria di tutti ci sia la straordinaria tradizione di Caserta, quella che ha vinto lo scudetto con ben 7 giocatori su 10, tutto il roster meno Shackelford, Frank e proprio Dell’Agnello, composto da giocatori campani e prodotti del settore giovanile bianconero. E speriamo anche che questa caratterizzazione “indie” del basket a Caserta ritorni a manifestarsi. Però al momento tutti ci dobbiamo augurare che la Juvecaserta sia ai nastri di partenza dell’A1 il prossimo autunno. Questo è il fattore principale ed irrinunciabile».
Quello che non ha fatto Caserta l’ha fatto Scafati, nel senso che due anni or sono è ripartita dalla Serie B, ha messo a posto i conti, e adesso dopo aver dominato per tutta la stagione è tra le favorite per la promozione in A1?
«Scafati ha fatto una eccellente stagione, investendo su un organico di altissimo profilo ed il mio amico Perdichizzi ha tradotto tutto questo in competitività. Sarà senza dubbio, e fino alla fine, una delle principali protagoniste della corsa all’A1».
Sempre in Serie A2 quest’anno c’è stato il Basket Agropoli che da neopromossa ha disputato un campionato straordinario, centrando gli innesti per la categoria, segno che quando si lavora bene si raccolgono anche i frutti?
«Agropoli è stata senza dubbio la principale sorpresa di questa stagione di A2. E la società cilentana ha senz’altro portato avanti in questi anni una programmazione seria e mirata. Antonio Paternoster, altro amico, ha lavorato benissimo su un roster che ha mostrato da subito un eccellente equilibrio tra il talento del trio Roderick, Trasolini e Tavernari, la grande esperienza di Santolamazza, su cui è stato fatto un investimento coraggioso e dagli enormi risultati, e la gioventù del resto dell’organico. Direi che, come nei casi di Avellino, Caserta, Scafati, i complimenti siano assolutamente meritati, amplificati dall’evidenza che nessuno l’estate scorsa si aspettava che Agropoli disputasse un campionato tanto positivo».
Capitolo Napoli: da oltre un quinquennio si stanno scrivendo soltanto brutte pagine. La poca fattibilità dei vari progetti può essere riscontrata alla base, ovvero che nessuno è ripartito da un settore giovanile forte?
«Difficile valutare la situazione di Napoli, se non si conoscono direttamente le vicende che hanno portato a questi ripetuti blackout. In realtà delle società che investono ed hanno un’ottima programmazione in ambito giovanile ci sono, ad esempio il ViviBasket Napoli, che, oltre a fare un ottimo reclutamento, ha prodotto discreti prospetti, che hanno calcato anche i parquet di A2. Speriamo che si riesca a ripartire proprio da questi esempi di programmazione. La Campania del basket non può certo rinunciare a Napoli».
E arriviamo anche al settore giovanile, che in questa stagione ha visto una sola formazione (il Cilento Agropoli iscritto per altro alla Serie C) disputare il campionato Under 20 Eccellenza. Solo una questione di annate?
«No, francamente non credo che sia un fatto di annate, anche perché, in regione, dei ‘96 e dei ‘97 in grado di ben figurare nell’Under 20 ci sono senza dubbio, alcuni di loro sono stati parte importante delle nazionali giovanili che hanno centrato importanti risultati internazionali negli ultimi anni. Purtroppo è sopraggiunta nelle società un disinteresse, solo parzialmente motivato dalle oggettive difficoltà ad investire nell’attività giovanile. È piuttosto un problema di mentalità, che peraltro il positivissimo lavoro del Centro Tecnico Federale, in diretta connessione con il Settore Squadre Nazionali Giovanili, il lavoro sulla formazione dei giovani allenatori e l’opera lungimirante di alcune società, stanno contribuendo a migliorare. Per carattere tendo a sottolineare gli aspetti positivi, e pur non sottovalutando le criticità che tu hai riferito, sono ottimista per il futuro. Anche quello immediato».
L'ARTUS MADDALONI CON ALESSANDRO GENTILE
E SALVATORE PARRILLO ADESSO IN FINALE SCUDETTO
La Campania ogni anno produce prospetti interessanti che emigrano in piazze prestigiose, ma quest’anno dall’Under 20 all’Under 15 non avrà una rappresentante alle Finali Nazionali. Uno smacco per l’intero movimento?
«Senza dubbio, ed il confronto con anni, neppure così lontani, in cui compagini come Juvecaserta, Napoli, Sant’Antimo, Pozzuoli, Salerno, Scafati, Maddaloni, e dimentico colpevolmente, e senza volerlo, qualcun’altra, riuscirono a mandare loro rappresentanti alle Finali Nazionali Under 17 o Under 19, diviene impietoso. Perché anche regioni con minore quantità e qualità della nostra hanno centrato questi obiettivi. Ma non è il caso di piangerci addosso, ci sono momenti di semina e momenti di raccolta. Evidentemente questo è il momento della semina».

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