sabato 16 aprile 2016

Scandone Avellino: il capobranco James Nunnally

Nunnally trascina Avellino
"Sogno lo scudetto e l'Europa. Perché no?"


di Giovanni Bocciero*

È stato un colpo da novanta del mercato estivo della Scandone Avellino, e come tale si sta rivelando il go-to-guy della squadra. James Nunnally non solo è tra i migliori giocatori del campionato italiano ma dell’intero panorama europeo. Nella striscia positiva del club irpino è decisamente salito di colpi ergendosi ad autentico fattore. Il potenziale è sotto gli occhi di tutti, un prospetto che per il momento ancora non è riuscito ad avere la grande occasione di esprimersi ad alto livello strappando soltanto dei decadale in NBA.
«Lo seguivo da due anni - ha rivelato il gm Alberani -, al coach piaceva, e così è nata la trattativa che comunque è stata complessa. L’essere partiti di rincorsa ci ha aiutato perché lui puntava all’NBA e alla fine siamo rimasti solo noi a corteggiarlo. Abbiamo insistito, mentre comunque sondavamo altri giocatori, ma la differenza l’ha fatta una sua telefonata. Lui avrà voluto capire chi eravamo e perché continuavamo a credere in lui, ma con quel gesto abbiamo capito la sua volontà di voler venire a giocare da noi». A suon di prestazioni sta dimostrando di essere un giocatore d’élite, e Avellino potrebbe essere la sua rampa di lancio. «Per il talento che ha sicuramente appartiene già ad un altissimo livello - ha chiosato ancora il dirigente biancoverde -. Deve imparare che non c’è solo il canestro, a farsi piacere di più la difesa, a livello di intelligenza cestistica sa giocare con i compagni, non è egoista, e se non fa quindici tiri di certo non impazzisce. Deve affinare il suo gioco per dare sempre maggiore qualità, ma è comunque un giocatore consistente. Questa è la sua prima stagione completa in Europa e dunque per lui si tratta di un mondo nuovo. Ma soprattutto in questa fase però, deve capire che se la nostra stagione va in un certo modo gli può girare la carriera». 
Della trattativa che ha portato Nunnally ad Avellino ce ne ha parlato anche coach Sacripanti: «Chiaramente lo conoscevo, però era sul taccuino di Alberani che più di tutti lo ha seguito. Dopo averci parlato pensavamo fosse il giocatore giusto per la nostra squadra». Sta incidendo così tanto sulla meravigliosa stagione della Scandone che non è utopia dire che meriterebbe l’Eurolega. Il tecnico dei “lupi” ha comunque detto la sua: «È sicuramente il giocatore che ha maggiore licenzia di tirare e finalizzare quello che creiamo, però credo che la forza di Avellino sia la chimica che si è creata, dove ognuno sa qual è il suo ruolo, gioca per la squadra, e noi cerchiamo di sfruttare le singole caratteristiche. Nunnally è un realizzatore, che sa segnare in tanti modi diversi, quindi può sembrare che lui ci stia dando una gran mano ma è anche la squadra ad essere intelligente nel sfruttare questo suo talento. Il suo problema è che deve diventare bravo a produrre tanto in molto meno tempo, e su questo aspetto mi pare che mentalmente lui faccia ancora un po’ fatica. Sicuramente ha il talento necessario, ma è un giocatore che deve stare tanto in campo per produrre molto, ed in una squadra da Eurolega si prendono più soldi e si alza il livello per giocare meno minuti e non viceversa. Questa per lui è la difficoltà maggiore, lo ha già capito, ma quando riuscirà ad accettarlo verrà fuori un giocatore di quel livello».
Di James Nunnally abbiamo voluto però conoscere la storia, le idee e le passioni.
Quando hai iniziato a giocare a basket?
«Ho cominciato a giocare a basket quando avevo sei anni».
Al liceo hai praticato altri sport oltre alla pallacanestro?
«Si, ho giocato anche a football americano».
Quali sono le tue origini?
«La mia famiglia e io proveniamo da San Josè, successivamente ci siamo trasferiti a Stockton quando io avevo dieci anni».
Sin dall’high-school sei stato un leader in campo per le tue squadre, ti piace esserlo?
«Si, naturalmente mi piace essere il leader di una squadra, però non voglio essere “l’unica corda del violino” ma essere supportato anche dai compagni. Il basket è uno sport di squadra, si gioca insieme».
Hai frequentato l’università di Santa Barbara che ha come motto “dare to be great”, ovvero osa essere grande. Quando scendi in campo provi ad esserlo?
«Si, all’università avevamo questo motto. Nonostante ciò è una cosa che io cerco di fare ogni volta che scendo in campo, sono concentrato a dare tutto, l’obiettivo è sempre vincere».
Chi sei e cosa fai fuori dal campo?
«Al di fuori del parquet non ho molto vizi. Mi piace stare a casa in famiglia, guardare la televisione, avere la possibilità di sentire gli amici via chat o per telefono».
Qual è il tuo hobby preferito?
«Amo la musica, soprattutto R&B e hip-hop. Potrei ascoltare musica tutto il giorno».
A novembre ci saranno le elezioni in USA per il dopo Obama, qual è la tua idea politica?
«Ho un idea unica e abbastanza semplice al momento, vorrei vedere tutti alla presidenza tranne Donald Trump».
Sei mai stato oggetto di insulti razzisti, e cosa ne pensi?
«No, mai. In questo mondo penso non ci sia spazio per il razzismo. Io non guardo al colore della pelle, le persone devono essere valutate per ciò che sono».
Sei religioso?
«Sono molto credente, seguo la religioni cristiana».
Sei un tipo che utilizza i social?
«Utilizzo in egual modo sia Instagram che Twitter, principalmente per comunicare con i miei amici lontani».
Hai un personaggio sportivo a cui ti ispiri?
«Sarebbe troppo facile dire Michael Jordan, però il mio personaggio preferito è un giocatore di football americano, Deon Sanders».
Se non avessi fatto il giocatore professionista cosa avresti fatto?
«Se non avessi iniziato a giocare a basket, sicuramente ora sarei un quarterback di football americano».
Qual è il fondamentale di gioco che prediligi?
«A livello personale ciò che prediligo è il tiro, ma apprezzo molto chi sa passare la palla, o meglio, chi sa passarmi bene la palla per poter tirare».
Cosa pensi della città di Avellino?
«Inizialmente pensavo fosse fin troppo tranquilla, ora invece l’adoro. Ho imparato a conoscere i posti di Avellino e della Campania in generale, ed ho scoperto che amo il cibo che si cucina qui».
Il pubblico irpino è molto caloroso, la tua opinione sulla tifoseria?
«Una sola parola: grandi. Hanno impressionato anche la mia famiglia che ha confermato la mia idea che i nostri tifosi sono i numero uno».
Il tuo giudizio su questa fantastica seconda parte di stagione?
«La vera forza di questa squadra è il gruppo. Nel momento in cui ci siamo compattati siamo riusciti a costruire questa serie incredibile di vittorie. Avere in squadra giocatori come Acker, Green e Leunen che trascinano il gruppo alla fine fa diventare tutto più facile».
La sconfitta nel derby con Caserta è stato uno spartiacque fondamentale, cosa vi siete detti nello spogliatoio?
«Ci siamo parlati nello spogliatoio e abbiamo detto di non fare stupidaggini, di scendere in campo sempre per combattere e per vincere. I risultati in questo periodo ci stanno sicuramente premiando».
Dove potete arrivare in campionato?
«L’obiettivo non è solo quello di arrivare terzi in classifica, ma di provare addirittura a vincere il campionato. Ci sono delle squadre che sicuramente ci sono superiori ma, credo fermamente che tutte dovrebbero provare a raggiungere questo obiettivo, e noi possiamo giocarcela davvero con tutti».



LA SCHEDA
Ala classe ‘90, 201 cm, nato a San Josè. Alla Weston Ranch High School guida il team per tre anni al campionato statale. Nell’anno da senior chiude con 22.1 punti, 8.3 rimbalzi, 3.4 assist, 1.9 recuperi e 1.2 stoppate, con un high di 32 punti contro Ceres ed una tripla doppia da 29 punti, 14 rimbalzi e 10 assist contro Edison. Nominato Mvp e inserito nel primo quintetto della lega diventa un All-American. All’università di Santa Barbara in quattro anni è selezionato due volte per il secondo quintetto, due volte per il quintetto del torneo e una volta giocatore della settimana della Big West.



HANNO DETTO
Nicola Alberani: «È un ragazzo particolare, nel senso che è di buona famiglia, molto intelligente, sensibile, passa tutto il suo tempo con la moglie e con il figlio che gli è nato a fine agosto. Non ha altri svaghi che lo distraggono ed è molto legato ad alcuni suoi ex compagni di squadra del liceo. Non lo vedi, non lo senti, non dà mai un problema. È facile parlarci ed io cerco di avere un maggiore dialogo con lui piuttosto che con altri giocatori perché è ancora giovane, deve capire l’Europa ed in particolare l’Italia. È inoltre un grandissimo lavoratore, e tutte le volte che ha una mattinata libera va al palazzetto per tirare. Gli piace avere cura del suo corpo, e per questo lo vedo come una persona ben focalizzata per migliorarsi e guadagnare stipendi consoni al suo reale valore».
Pino Sacripanti: «È un ragazzo molto positivo, e può sembrare banale, ma gli piace giocare a pallacanestro, il che è una cosa davvero importante. Durante la stagione ha alzato la sua asticella del livello di lavoro. A lui piace veramente giocare ma pian piano lo abbiamo portato anche a lavorare sul miglioramento di alcuni aspetti individuali. È un giocatore che vuol sempre vincere, però deve ancora fare un ultimo salto di qualità che è quello di avere grande dedizione sia nel riconoscere le varie fasi di gioco che nella solidità difensiva. Ha fatto già dei grossi passi avanti da questo punto di vista ed è chiaro che il suo talento lo porta ad essere un giocatore prettamente offensivo, ma potrebbe fare ancora altri passi in avanti in difesa, e questo spetta soltanto alla sua disponibilità».



*Per il mensile BASKET MAGAZINE

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