mercoledì 4 febbraio 2015

Reportage su Basket Magazine: El Diablo, primo urrà

DAL MENSILE  "BASKET MAGAZINE" DI GENNAIO 2015

El Diablo, primo urrà
La Juvecaserta spera nella rimonta salvezza

Reportage di Giovanni Bocciero

Dall’inferno al paradiso e di nuovo all’inferno. Questo è stato il cammino della Juvecaserta nelle ultime stagioni che hanno visto la società di Pezza delle Noci passare da una situazione economica burrascosa con risultati sportivi alterni a vivere una favola. Con l’avvento di Lello Iavazzi ed il socio Carlo Barbagallo si è investito e costruito un roster che nella passata stagione ha fatto divertire e sfiorato l’accesso ai playoff per la differenza canestri, un cavillo. Poi le premesse per la nuova annata, la prospettiva di ripetere e addirittura migliorare il risultato di appena dodici mesi prima che si sono frantumati come uno specchio, sciolti come neve al sole a causa della partenza ad handicap tra infortuni vari.
Vincenzo Esposito (Foto Gianfranco Carozza)
 A suon di sconfitte e record negativo che si aggiornava di domenica in domenica si è arrivati ad un collasso generale dell’ambiente tra tifosi inferociti e le “sliding doors” del Pala Maggiò che accoglievano nuovi coach e giocatori mentre ne salutavano altri, tra scelte societarie rivedibili. «Non ho mai visto una situazione del genere nemmeno quando si giocava in C o in B prima di Maggiò, e neanche negli anni ’60» racconta il decano dei giornalisti casertani Romano Piccolo che di partite ne ha viste e di stagioni ne ha seguite, «in realtà non penso ci siano state molte situazioni del genere nel basket italiano. La Juvecaserta è anche una squadra discreta per come è stata rifondata, ma tutto ciò influisce decisamente sul morale perché il basket è uno sport psico-fisico e il morale, appunto, è un fattore molto importante. L’entusiasmo o al contrario la demoralizzazione sono due opposti fondamentali, e vedo una squadra demoralizzata, non demotivata, perché le motivazioni loro ce l’hanno ma non hanno la forza per metterle in pratica».
«Sinceramente è una stagione molto travagliata» analizza il coach Franco Marcelletti, «in cui non si è riuscito a trovare una squadra equilibrata per problemi ovviamente legati ai tanti cambi. Il basket è un gioco particolare fatto di ripetizioni, conoscenza reciproca, movimenti automatici e con tante sostituzioni tutto ciò diventa complicato da far conciliare». L’allenatore dello storico scudetto del ’91 conosce l’ambiente e soprattutto Enzo Esposito: «la città carica la squadra sempre. Enzo si trova chiaramente in una situazione difficile e le sue scelte le sta facendo. Basta pensare al taglio di Young, molto coraggiosa e non facile immagino, ma che dimostrano una certa personalità. Per salvarsi bisogna vincere le partite, c’è poco da fare, e questo a livello psicologico ti permette di acquistare fiducia».
Marco Mordente (Foto Gianfranco Carozza)
Ma quale è stato il “peccato originale” commesso da dirigenza e staff tecnico nella formazione della squadra?
«La risposta è difficilissima perché se lo avessimo capito saremmo intervenuti prima» dichiara Carlo Barbagallo. «Ci sono una serie di fattori che hanno inciso negativamente. Forse l’errore è stato l’aver scommesso su alcune conferme e l’aver inserito qualche atleta che non rispecchiava sia dal punto di vista atletico che tecnico la squadra dello scorso anno». Ci sono stati diversi ribaltoni che hanno portato a scelte forse troppo affrettate, ma adesso Esposito sembra il timoniere giusto. «Agli esoneri va sempre vista la reazione dei giocatori e che rapporto ha il coach all’interno dello spogliatoio» commenta l'ex presidente della Juvecaserta, «questa è una cosa che in uno sport di squadra è basilare e quando un coach non ha seguito, al di là dei risultati, è inutile perseverare. Mi auguro che Enzo riesca nella missione salvezza. È bravo ed è seguito dal gruppo, per questo sono fiducioso».
L’ultimo anello di congiunzione “tecnica” tra passato e presente, dopo l’esonero di Molin e le dimissioni di Atripaldi, è Giacomo Baioni. «La squadra costruita sugli auspici quali spazziature, passarsi la palla, avere una identità difensiva purtroppo non si è ripetuta» spiega l’assistant coach. «Abbiamo cambiato cercando d’innalzare l’asticella della qualità dei singoli, e di conseguenza avere un collettivo migliore. Quest’ultima edizione della squadra, più europea e vicina al nostro stile di gioco, ha limiti tecnici e fisici ma non a livello di dedizione. L’anno scorso sulle ali di entusiasmo, atletismo, gioventù e gambe fresche riuscivamo a passare sopra le difficoltà, tutta una serie di prerogative che pensavamo di avere anche quest’anno. Bisogna però voltare pagina, guardare avanti e cercare di trovare la salvezza con le armi che possediamo adesso».
Michele Antonutti (Foto Gianfranco Carozza)
Nello scontro salvezza con Pesaro la Juvecaserta è riuscita a vincere la prima gara della stagione. Ovvio che la rinascita in questo disgraziato torneo porta il nome e cognome di Enzo Esposito, che abbiamo intervistato.
La vittoria rappresenta una boccata d’ossigeno, inizia adesso il vostro campionato?
«È indubbio che avevamo bisogno di una vittoria per continuare a credere nella salvezza, per prendere fiducia e non vedere sempre tutto nero. È stata molto importante dal punto di vista del morale e anche della crescita tecnica».
Quanto influenzerà in palestra il fatto di essersi sbloccati?
«La squadra ha sempre lavorato molto bene, con intensità e serietà, cercando sempre la vittoria. Purtroppo per mancanza di coesione o per sfortuna questa non arrivava. Dal punto di vista dell’impegno e dell’atteggiamento i ragazzi non sono mai mancati, e il lavoro non cambierà».
La pausa per l’ASG vi permetterà di migliorare ulteriormente?
«Ci servirà tanto per poter lavorare con la possibilità di recuperare qualche acciacco e parallelamente continuare a crescere come squadra».
Il girone di ritorno inizierà con Roma, ma avrete gare in casa proibitive contro Milano, Sassari, Reggio Emilia e Venezia, e trasferte fratricide a Pistoia, Varese e Pesaro, cammino tutto in salita?
«Parlo di miracolo proprio perché quando si parte da un record di 1-14 tutto è complicato. Le nostre partite saranno praticamente delle finali. Non guardiamo a quante gare abbiamo da giocare in casa e fuori, senza tener conto neppure del dove, come e quando».

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